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Come reagireste se vi si chiedesse di dimostrare che la Shoah è realmente avvenuta? Potreste pensare che sia una cosa facile, eppure non è così. A scoprirlo fu la storica Deborah Lipstadt, la cui storia è narrata nel film La verità negata (Denial il titolo originale) di Mick Jackson, uscito nelle sale italiane Giovedì 17 Novembre.
Tutto ebbe inizio nel 1996, quando la Lipstadt (Rachel Weisz) fu citata in giudizio per diffamazione da David Irving (Timothy Spall), uno storico inglese negazionista dell’Olocausto che la accusava di averlo etichettato come razzista “ingiustamente”, dopo che lui aveva affermato che non c’erano camere a gas ad Auschwitz. Purtroppo, il processo si tenne nel Regno Unito, dove secondo la legge è l’accusato a dover sostenere la propria tesi. In altre parole, la Lipstadt e i suoi avvocati dovettero dimostrare che le camere a gas sono realmente esistite, e che Irving aveva falsificato le sue prove per promuovere l’antisemitismo.
Il suo non fu un lavoro facile: infatti, oltre a dover andare fino ad Auschwitz, che per il gruppo della Lipstadt diventa quasi una scena del crimine, essa dovette impedire ai sopravvissuti di testimoniare, per evitare che Irving li umiliasse. In più, intorno al processo, conclusosi nel 2000, si crearono accesi dibattiti sull’importanza del ricordo della Shoah e sulla libertà di parola, con alcune persone che accusavano gli ebrei di voler mettere a tacere chi avesse un’opinione diversa. Al riguardo, la Lipstadt disse di non essere contro la libertà di parola, bensì contro chi ne abusasse mentendo.
Alcuni potrebbero pensare che questo film, tratto dall’autobiografia La Storia a giudizio: Il mio giorno in aula con un negazionista dell’Olocausto, rischi di far tornare di moda le teorie di Irving, invece di combatterle. Fortunatamente, il film mostra nei dettagli come gli avvocati della Lipstadt siano abilmente riusciti a smontare le tesi di Irving, e a rivelare inoltre le sue simpatie per movimenti neonazisti.
Rachel Weisz interpreta con grande talento il ruolo della Lipstadt, simulando al meglio diversi stati d’animo: dall’ansia di chi ha una grossa responsabilità alla rabbia di chi sente che nessuno la sta aiutando, dalla paura di perdere alla gioia della vittoria. Altre grandi interpretazioni ci vengono offerte da Timothy Spall e da Tom Wilkinson, che interpreta Richard Rampton, capo del team legale. Meno emozionante è la sceneggiatura firmata da David Hare (che ha trattato la Shoah anche in The Reader – a voce alta), realistica ma a in certi punti anche monotona, facendo pensare che forse la storia sarebbe stata narrata meglio con un documentario invece che con un film narrativo.
Sebbene i fatti narrati siano avvenuti 16 anni fa, il tema del falso storico è tuttora molto attuale: infatti, se pensiamo alle recenti mozioni dell’UNESCO, che negano il legame ebraico con Gerusalemme, capiamo che ora più che mai abbiamo bisogno di figure come Deborah Lipstadt, che siano un esempio per chiunque voglia opporsi a chi vuole falsificare la storia per il proprio interesse.
Nathan Greppi, Mosaico-cem