Jan Zabisnki diventa direttore dello zoo di Varsavia nel 1929. Insieme a sua moglie Antonina popola il giardino zoologico, nato da una mostra itinerante ottocentesca di animali, delle specie più belle e più esotiche. Nel ’39, però, l’invasione della Polonia da parte della Germania nazista, e il bombardamento che la precede, distruggono lo zoo e uccidono molti animali. Un accordo con il capo zoologo del Reich, Lutz Heck, permette loro di restare e riprendere il lavoro, ma i coniugi Żabiński faranno molto di più: riempiranno la loro cantina e le gabbie rimaste vuote con tutte le persone che riusciranno a far fuoriuscire in segreto dal ghetto di Varsavia. Rischiando la propria vita e quella di loro figlio, Antonina e Jan metteranno in salvo più di duecento ebrei, amici e sconosciuti, distinguendosi per straordinario coraggio e umanità.
L’impianto del film è classico, narrativo, e poggia saldamente sugli elementi di pathos e di thrilling che sono interni al racconto storico: su tutti il fatto che il trasporto degli esseri umani dentro e fuori lo zoo avvenisse in un luogo presidiato quasi continuamente dai nazisti, sotto il loro naso, con un tasso di rischio da togliere il fiato.
La sceneggiatura romanza alcuni aspetti, per rendere più ricco e complesso il ruolo di Jessica Chastain. Antonina ci viene mostrata mentre “parla” con gli elefanti, mentre avvicina con pazienza una ragazzina violata come farebbe con un animale ferito e impaurito, e mentre tiene le redini di un “gioco” ad alta tensione con l’ufficiale tedesco, attratto da lei, per portarlo dalla propria parte senza cedere sul fronte della dignità personale. E la performance della Chastain, improntata a far trasparire un’eccezionale forza interiore sotto un abito modesto e quasi ingenuo, è effettivamente convincente, ma è anche la parte più convenzionale del tutto. È piuttosto nel racconto dell’istituzione del ghetto, delle condizioni di vita e morte al suo interno, o in quello degli “ospiti” degli Żabiński, che risalgono in superficie la notte per un respiro di normalità, che il film offre il suo contributo più particolare e straziante, senza bisogno di alcun intervento di riscrittura rispetto alla realtà dei fatti.
L’immagine, infine, degli animali spauriti che invadono la città dopo la distruzione dello zoo, vale mille discorsi su cosa vogliano dire i termini “umanità” e “bestialità” e quali terribili ribaltamenti di prospettiva alcuni periodi storici siano stati in grado di inscenare in questo senso.