Luogo:
Torino
Fonte:
La Stampa
Università, il boicottaggio di Torino
“Stop all’accordo con la Ben-Gurion”. Il dipartimento di Scienze politiche approva la mozione degli studenti
Articolo di Chiara Comai
Il Dipartimento di Culture Politiche e Società dell’Università di Torino ha deciso di recedere da un accordo con l’Università israeliana Ben-Gurion del Negev. La decisione arriva dopo aver votato una mozione presentata in consiglio di Dipartimento da alcuni rappresentanti delle associazioni studentesche, che già nel giugno scorso avevano proposto – anche all’epoca con successo – il boicottaggio accademico degli atenei israeliani. Culture Politiche e Società è il primo Dipartimento a Torino a essersi espresso in modo così netto su questo argomento. L’accordo non viene rescisso nella sua interezza, perché viene sottoscritto dai rettori degli atenei e non dai singoli Dipartimenti. L’unica cosa che Culture Politiche e Società poteva fare era sfilarsi dalla parte di accordo che la riguardava. Ed è quello che ha fatto: 54 voti favorevoli, 17 contrari, 6 astenuti. L’accordo ha l’obiettivo di favorire la cooperazione, la mobilità di docenti, ricercatori, studenti e personale tecnico. E stato negoziato tra i due atenei diversi anni fa e rinnovato nel 2022. La parte specifica che riguarda i singoli Dipartimenti, i cosiddetti, nel caso di Culture Politiche e Società è stata finalizzata solo nel novembre 2023, quando la guerra era già iniziata. Per ragioni di sicurezza, quindi, nessuno è mai arrivato né partito per Israele. Ecco perché, nel pratico, questa mozione cambia poco la situazione. Quello che è successo ieri è però un forte segnale politico. Il più chiaro, all’interno dell’Università di Torino, dall’inizio della guerra. La mozione è esplicita nei suoi termini. Dice: «Le università israeliane producono attivamente propaganda bellica, ospitano all’interno dei loro campus zone di addestramento dell’esercito israeliano e facilitano il percorso universitario tramite incentivi economici e sociali al personale militare». Nel caso della Ben-Gurion, si legge, «ha accusato pubblicamente i docenti che hanno firmato una dichiarazione contro il genocidio israeliano di Gaza di aver “offuscato la reputazione dell’Università”». L’obiettivo di questa mozione è arrivare a chiedere a tutta l’Università, e non solo a quel Dipartimento, di recidere gli accordi. Ma dall’ateneo fanno sapere che non c’è questa intenzione. Quello con Ben-Gurion resta, e così anche gli altri. Per Culture Politiche e Società è stata l’occasione per affrontare un lungo confronto interno. Tra chi si è espresso contrario, questa volta, c’è la direttrice Anna Caffarena, che però scansa le polemiche: «Parlarsi è importante, soprattutto nelle relazioni internazionali. Tagliare i rapporti non mi sembra mai una buona ricetta», dice. Ma del resto «abbiamo avuto un confronto costruttivo e molto sereno su un tema difficile, chiedendoci quanto sia importante tenere aperti alcuni canali soprattutto con chi vive in contesti lontani dai nostri principi e valori, in modo che possano essere esposti più opinioni e vedere le cose da una diversa prospettiva». A prescindere dalle singole decisioni, l’importante per lei è «evitare che i confronti si polarizzino, impedendoci di discutere delle cose. Sono contenta che oggi (ieri, ndr) non sia successo». Nelle chat studentesche qualcuno solleva il dubbio: «Poteva essere un modo per gli studenti israeliani di scambiare idee e aumentare la consapevolezza». Il punto del dibattito è proprio questo. Quanto sia efficace tagliare i ponti piuttosto che mantenere un dialogo aperto. Per il rappresentante degli studenti Pietro Sciolla, tra i promotori della mozione, non c’è dubbio: «Con 50 mila morti l’unica via è portare avanti il boicottaggio accademico».
Photo Credits: La Stampa