Luogo:
Roma
Fonte:
Segnalazione
UNA SCRITTA IN VIA PANNONIA
Via Pannonia è una bella strada romana del quartiere Appio Latino, appena fuori dalle mura aureliane. Da quelle parti abitano alcune famiglie di ebrei; e c’è anche un dato storico: nella Curia Generalizia delle Suore alla fine di quella via (Largo Pannonia 10) si nascosero durante l’occupazione nazista una sessantina di ebrei. I muri chiari dei palazzi vicino a Porta Metronia attraggono da anni numerosi writer. Un tempo i reazionari dicevano che “la muraglia è la lavagna della canaglia”. Oggi in quella strada sono in prevalenza proprio dei reazionari neofascisti a usare quei muri. Le scritte cambiano in continuazione e recentemente ne è comparsa una nuova degna di essere fotografata prima che mani pietose la cancellino, offrendo così uno spazio pulito per nuove esternazioni. La scritta dice laconicamente: TRANS EBREI. Poi c’è una svastica.
Verosimilmente qui i “trans”, l’oggetto della diffamazione, sono i transgender, le persone che la Treccani definisce come “chi si identifica in modo transitorio o persistente con un genere diverso da quello assegnato alla nascita”. L’iniziale ”T” entra a far parte di quella complessa sigla LGBTQ+ che indica l’insieme delle persone che non aderiscono al binarismo sessuale o di genere. Sigla un po’ difficile da ricordare e scrivere, e allora si semplifica con “trans”. Una categoria che l’anonimo writer vuole additare al pubblico disprezzo e per farlo non trova di meglio che associarli a quello che per lui è un epiteto ingiurioso, di comune uso nelle tifoserie: “ebrei”. Apparentemente non ci sarebbe nulla di speciale in questa ennesima esternazione, ma la sua forma ha qualcosa di nuovo e intrigante e merita un commento. Intanto bisogna tener presenti due dati: che esistono effettivamente ebrei transgender, anche nella comunità romana, ma questo non vuol dire che i “trans” siano ebrei o che gli ebrei siano “trans”; e che d’altra parte l’ebraismo normativo, la halakhà, non approva le azioni che vengono fatte di chi porta all’estremo la sua scelta di genere, con l’abbigliamento, i trattamenti ormonali e quelli chirurgici. Ma il problema non è questo ora, quanto la complessità simbolica che la “geniale” sintesi della scritta del writer evoca.
C’è un dato che probabilmente il writer ignora, e un altro che dovremmo noi prendere in considerazione. Il dato ignorato è il significato della parola “ebreo”: è la traduzione del biblico ‘ivrì, che inizia ad essere riferito al patriarca Abramo (Gen. 14:13); per spiegare questo termini, i Maestri (Bereshit Rabbà 42:8) dettero varie spiegazioni: discendente di ‘Ever, oppure “colui che viene dall’altra parte”, s’intende dall’altra parte del fiume (l’Eufrate, come è detto in Giosuè 24:2); oppure “dall’altra parte” non geografica ma spirituale, nel senso che “tutto il mondo era da una parte e Abramo dall’altra”. La traduzione letterale di ‘èver è in effetti “trans”, con lo stesso significato che ha in italiano Trastevere o Transgiordana. Il geniale writer ha citato senza volerlo un midràsh: essere ebreo significa proprio essere “trans”, non nel senso di genere ma in quello spirituale. Che poi lo sia veramente, o lo siano o vogliano essere gli ebrei, è un’altra cosa.
E qui la seconda considerazione. La scritta esprime nella sua semplicità l’essenza di un mondo e di un’ideologia. Non è una novità. L’associazione in termini brutali di “fr…, comunisti ed ebrei” come nemici da eliminare è un vecchio tema nazifascista. In un film che racconta l’assassinio politico in Francia di Carlo e Nello Rosselli, antifascisti ebrei, quella frase è messa in bocca ai killer della Cagoule fascista mentre fanno vilipendio dei cadaveri. In una visione utopica di un mondo basato sull’ordine, la purezza razziale, la nazione, la religione all’antica (immune da infiltrazioni umanitarie), non c’è spazio per la diversità ebraica. Anzi gli ebrei sono considerati l’emblema irriducibile della diversità e della disgregazione e quindi da eliminare. E con loro, di volta in volta, altre categorie considerate devianti. La politica vive spesso di miti, a destra come a sinistra, ovviamente diversi tra di loro, ma che talora hanno in comune l’esclusione dell’ebreo, che è un inciampo nella realizzazione dell’utopia. Potremmo illuderci che questo sia paccottiglia del passato, specialmente nella sua espressione di destra estrema, ma evidentemente non è così. Sta sempre là e cova. L’orientamento prevalente della destra italiana per ora tiene a distanziarsi da questi pensieri e da queste espressioni, e le emargina. Speriamo che duri.
Rav Riccardo Di Segni