Fonte:
La Repubblica
Il seme dell’odio
Le minacce al Quirinale dopo l’onoreficenza a Sami Modiano
Invito i lettori di Repubblica a leggere i messaggi che seguono. Compito sgradevole, lo so, però necessario. Sono messaggi arrivati al presidente della Repubblica dopo la nomina a Cavaliere di Gran Croce conferita a Sami Modiano (90 anni), sopravvissuto allo sterminio nazista. Mi dispiace, la lettura è ingrata, anzi umiliante, non solo per chi li ha scritti ma anche per chi ne viene in contatto, sono espressioni che si preferirebbe scansare. Però non sarebbe giusto, bisogna sapere fino a che punto può scendere la malvagità quando è fatta da una pericolosa miscela di ignoranza e odio. Credo proprio che sia necessario leggere i messaggi arrivati al presidente della Repubblica dopo il suo provvedimento. Giuseppe Poggi: «Mattarella ha nominato l’ebreo Salomone (vulgo Sami) Modiano ex internato ad Auschwitz Cavaliere di gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica». Precede una “citazione dell’ebreo Karl Marx: Controllare non credere”. Antonello: «Shoah, Mattarella nomina Sami Modiano Cavaliere di Gran Croce. Solito coglione lurido che pensa a tutto tranne che agli italiani». Nel simboletto una bandiera europea con al centro la mano stretta a pugno che mostra il dito medio. Il mittente è anonimo, la matrice di partito, lo stile, sono evidenti. Don Vito rap (con fotina): «La ministra Castelli straparla sui ristoratori e questi pensano a Modiano e ste caxxate eh eh eh ma che è una marca di carte da gioco eh, già giudei speculano sempre». Lo sconclusionato livello logico è aggravato dal tentativo di suscitare un effetto d’ilarità (risatine: eh eh eh). Diretto invece, anzi brutale, il messaggio di Alessandra Pioli: «Mattarella a quando la tua scomparsa?». La tentazione immediata sarebbe di catalogare queste manifestazioni selvagge come fascismo. Credo però che sia inappropriato, probabilmente insufficiente, comunque poco utile. Il fascismo storico si rifaceva per quanto sia ad una corrente di pensiero politico, perseguiva obiettivi precisi, disastrosi che fossero. Non mi pare che questi propalatori di messaggi, spesso anonimi, pensino di utilizzare frammenti di quell’infelice passato per un fine politico; dai loro messaggi traspare piuttosto la necessità dl scaricare pulsioni di odio che oggi sono rivolte agli ebrei ma che domani potrebbero colpire una qualunque altra categoria di persone: le donne, i neri, i poveri, i nomadi, I malati, i vecchi. C’è il bisogno primitivo di esternare il proprio disagio, di colpire o schernire un obiettivo dopo averlo individuato come causa dei propri mali. Questa cieca battaglia animata dall’odio è agevolata dall’ignoranza della storia, dall’educazione sbagliata ricevuta in famiglia, contro la quale la scuola, anche volendo, può fare poco. Si agitano sulla scena politica italiana dei giovani personaggi, figli di fascisti dichiarati, che dimostrano nel loro agire quotidiano, nelle parole che usano, nei comportamenti, da quali insegnamenti provengano. Rappresentano un diverso livello, già più decifrabile, del problema. Gli autori dei messaggi deliranti sfuggono invece al tentativo di ricondurre certe deviazioni ad una matrice riconoscibile. Possiamo equipararli a quegli ubriachi che blaterano di notte sorreggendosi ad un lampione. La loro ridotta capacità d’intendere non li rende peri meno pericolosi. I discorsi d’odio (hate speech) devono essere repressi per una questione di dignità del discorso pubblico, per contenere il potenziale pericolo che – per esempio – qualcuno prenda sul serio il grido dissennato di Alessandra Pioli riportato più sopra. È evidente che la polizia postale non basta più a controllare il fenomeno. Il Parlamento deve legiferare perché, come invocato da Liliana Segre, i discorsi d’odio entrino nel codice penale con adeguate sanzioni. Se questo avvenisse sarebbe curioso osservare le motivazioni degli eventuali oppositori. Immagino che, per esempio, s’invocherebbe la libertà di pensiero. Resterebbe però la domanda: dove comincia il pensiero?
di Corrado Augias