Fonte:
Il Giornale edizione di Milano
Autore:
Alberto Giannoni
I bambini invocano l’intifada in centro
Tornano i cortei dell’odio in centro
E i bimbi al megafono invocano l’intifada
Tornano i cortei dell’odio, tornano i cori pro intifada nel centro di Milano. E stavolta a scandire gli slogan al megafono vengono chiamati anche i bambini. Un’altra manifestazione anti-Israele attraversa la città, a 5 mesi di distanza dal sit-in di dicembre, quello che in piazza Cavour fece risuonare indisturbati anche cori jihadisti e antisemiti che provocarono reazioni indignate quanto effimere (nonostante i discorsi di rito nei Giorni della memoria). Invettive violente contro gli Usa e contro lo Stato ebraico risuonano anche in questo pomeriggio, da Porta Venezia a piazza Scala. I partecipanti non sono molti. Gli agenti ne contano circa 200, in gran parte italiani, anche perché stavolta fedeli e leader dei centri islamici non si vedono, o preferiscono girare alla larga, memori forse dell’imbarazzo creato da quei cori anti-ebraici, che furono condannati anche dalla sinistra e – su richiesta della Comunità ebraica – perfino dal sindaco, sebbene in forma piuttosto rituale e omissiva. Cinque mesi dopo sono meno numerosi dunque, ma altrettanto arrabbiati. Per lo più militanti di estrema sinistra, acerrimi nemici ideologici di Stati Uniti come di Israele. Tanto ostili da invocarne la «distruzione», come si legge in un volantino firmato dal Partito comunista dei lavoratori, una delle mini-formazioni nate nell’alveo dell’ultrasinistra. Bandiere rosse e vecchi militanti comunisti, reduci ideologici di un passato che non torna più. In piazza c’è lo stesso fronte dell’odio che anima abitualmente la contestazione alla Brigata ebraica nel giorno della Liberazione; lo stesso che promuove deliranti iniziative come quella che un mese fa è stata celebrata all’università Statale (suo malgrado), contro il Giro d’Italia a Gerusalemme. Sventolano le bandiere rosse dei «Carc», insieme a quelle di fantomatici partiti comunisti e a quelle del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, formazione di ispirazione marxista-leninista. Il paradosso è che i gruppuscoli tardo-comunisti italiani si trovano su questo fronte idealmente alleati con l’islamismo che in piazza confonde regolarmente e drammaticamente politica e religione. E accaduto proprio questo a Milano, negli ultimi anni. Era una manifestazione sulla Palestina» quella che nel 2009 fini con l’ormai storica preghiera sul sagrato di piazza Duomo. Ed era una manifestazione identica a quella di ieri – stessi promotori-stesso percorso – quella che il 16 dicembre portò due imam milanesi a scatenarsi in un’invettiva al megafono, in piedi su un furgoncino. Una settimana prima, il 9 dicembre, in un sit-in analogo, erano stati scanditi gli slogan jihadisti e antisemiti: le stesse sigle che a dicembre protestavano per lo spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme, stavolta si sono ritrovate per chiedere «la liberazione di tutti i prigionieri palestinesi», il «diritto al ritorno dei profughi» e la «fine dell’occupazione sionista». E oltre alle tirate ovviamente unilaterali e faziose, oltre alle fantasie su «genocidi, pulizia etnica e persecuzioni», insieme a una miriade di insulti diretti a Israele, definito Stato «criminale, terrorista, fascista», la novità del giorno sono gli slogan scanditi al megafono da un paio di bambini: «Un sasso qua e un sasso là» e «intifada fino alla vittoria». Una scena che induce a tenerezza e preoccupazione i passanti, indifferenti o increduli.