Fonte:
Corriere Fiorentino
Autore:
Viola Centi
Svastica sulla lapide
dei deportati dai nazisti
Ed Empoli va in piazza
II figlio di una vittima «Vigliacchi, hanno fatto tutto di notte, come per la deportazione del 1944»
EMPOLI «Mio padre è morto nei campi, mio fratello è tornato ma…». I «campi» non sono quelli dei contadini, ma i campi di sterminio nazisti. Vittorio Nencioni parla con la voce rotta dal pianto per l’oltraggio alla lapide dei 55 operai della vetreria Taddei che ieri mattina è stata scoperta imbrattata con una svastica nera. Vergate sui nomi dei deportati, tra i quali quelli del fratello e del padre di Vittorio. «Sono venuti di notte, come nel ’44. Vigliacchi — dice con rabbia — avessero la dignità di farsi vedere. No, lo hanno fatto come la notte della deportazione, all’insaputa di tutti, li portarono via senza dire niente». Era l’8 marzo 1944, la notte del rastrellamento in Toscana, nell’Empolese-Valdelsa. I nazisti andarono casa per casa, e nelle fabbriche, come la Taddei, a cercare gli operai, uomini e ragazzini, che avevano scioperato all’inizio dell’anno, da portare in Austria, a Mauthausen. Giuseppe, il padre, morì schiacciato dalle condizioni inumane del campo di Ebensee, dove era stato trasferito insieme al figlio Nedo. Proprio Nedo, liberato dagli americani nel ’45, ha contribuito alla memoria storica del rastrellamento e dei campi di sterminio attraverso i suoi racconti di fronte a centinaia di studenti, insieme al fratello Vittorio. «Sono trent’anni che vado nelle scuole, gli studenti sono attenti, capiscono di cosa parliamo, si commuovono, anche quest’anno ne abbiamo portati 280 ai campi, lì trovano una storia che sui libri non c’è. Molti hanno aderito all’Aned, ma — dice indignato — ci sono ancora persone che si rifanno all’uomo solo, che vorrebbero riportarci alla dittatura, ci dimostrano con queste azioni che fascismo non è finito». La polizia di Empoli sta indagando a tutto campo sui possibili autori dell’oltraggio, cercando anche tra le telecamere della zona. «Non è una ragazzata», avverte Nencioni. «E impossibile che accada in una città che ha dato tanto all’antifascismo. È disprezzo per la città». Anche il sindaco di Empoli, Brenda Barnini, ha parlato di un gesto «che non può essere derubricato a inciviltà, non è una bravata». Il primo cittadino ha partecipato ieri alle 19 ad una iniziativa lanciata dall’Aned di Empoli davanti alla ciminiera su cui è fissata la lapide danneggiata. Accanto a lei, i rappresentanti istituzionali di tutti i comuni dell’Unione dell’Empolese-Valdelsa, il consigliere regionale Enrico Sostegni, i presidenti dell’Aned di Firenze e Empoli, e i parenti dei deportati. Tantissima gente, tra cui anche ex sindaci, assessori, consiglieri comunali di quasi tutti gli schieramenti. «Chiunque sia stato — ha continuato Barnini — ha lanciato un segnale, cui questa comunità deve rispondere. La libertà è un bene intangibile, conquistato a cara prezzo, e la libertà d’espressione è costata vite, ma non tutto può essere accettato». Parole di solidarietà sono arrivate ieri anche dal sindaco della città metropolitana, Dario Nardella, che ha parlato di un maggior «impegno a promuovere i viaggi della memoria degli studenti nei campi di concentramento e a potenziare l’offerta formativa nelle scuole di ogni ordine e grado per dire no alla barbarie fatta anche di passi apparentemente piccoli che aprono voragini». «Atto vergognoso», dice il governatore Enrico Rossi. E il ministro Luca Lotti: «Offesa inaccettabile, mi auguro che al più presto siano individuati gli autori». L’iniziativa dell’Aned si è conclusa con un minuto di silenzio, poi il nipote di Vittorio Nencioni ha intonato «Bella Ciao», cantato in coro da tutti i presenti.