Fonte:
La Repubblica
Autore:
Viola Giannoli e Cristina Palazzo
Da Torino a Napoli mozioni anti-Israele
“Fermate l’ondata di odio negli atenei”
A Roma, Torino, Napoli, Bologna, Cagliari, Pisa, Milano, Trieste, lo scontro sul conflitto in Medio Oriente rischia d’incendiare le aule. L’ultimo focolaio è la scelta del Senato accademico di Torino di «non ritenere opportuna» la partecipazione al bando del ministero degli Esteri per la collaborazione Italia-Israele «visto il perdurare dello stato di guerra». Una mozione votata a maggioranza, dopo l’appello firmato da due realtà studentesche e 1.700 docenti per chiedere di sospendere l’intero «accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra Italia e Israele». Un putiferio. Dopo poche ore il rettore Stefano Genua è costretto a precisare: «Non c’è nessun boicottaggio e men che meno antisemitismo, è stata un’azione su un bando molto specifico. Tutti gli accordi in vigore con le università israeliane, e sono tanti, rimangono». Serve ma non basta. «Preoccupante», per la premier Giorgia Meloni, la decisione arrivata dopo «un’occupazione da parte dei collettivi. Se le istituzioni si piegano a questi metodi rischiamo di avere molti problemi». «Non condivido», aggiunge la ministra dell’Università, Anna Maria Bernini. Anche UniTo si spacca: prof ed ex siglano un contro-appello per chiedere al rettore di rivedere la decisione che «non onora i prof che si opposero al fascismo». Su Change.org parte una petizione. E tutto avviene proprio alla vigilia dell’incontro di oggi tra la ministra e gli 85 rettori italiani, programmato dopo le contestazioni al giornalista David Parenzo alla Sapienza e al direttore di Repubblica Maurizio Molinari alla Federico II. Ben prima che si accendessero altre fiammelle. Ma quel che avviene sotto la Mole non è lontano dalle tensioni sotto i portici di Bologna. Il senato accademico dell’ateneo ha approvato martedì, all’unanimità, una mozione «per il cessate il fuoco immediato in tutti i conflitti attualmente in corso». Il rettore Giovanni Molari la rivendica con orgoglio, per alcuni studenti è debole. Manca poco all’inaugurazione dell’anno accademico quando in via Indipendenza gli universitari avanzano contro gli scudi degli agenti, volano sputi, urla all”‘Intifada”, bottiglie d’acqua e poi le manganellate. Dentro il teatro dove si tiene la cerimonia, i ragazzi di “Cambiare rotta” si alzano in piedi, gridano: «Fuori Israele dall’università». La presidente del consiglio degli studenti, Francesca Saccardi, stende una kefiah sul podio. Quando tocca a Bernini il fazzoletto palestinese viene tolto: «Per me non è un problema lasciarla. Quando si è ascoltati, bisogna anche ascoltare. Altrimenti è un privilegio». È l’idea che la ministra porterà al tavolo con i rettori. Un segnale va dato, qualche iniziativa va presa, davanti al montare della protesta e agli episodi d’intolleranza. Ma il segnale non pub essere quello chiesto dai falchi del governo: i blindati davanti agli atenei. L’onda del `boicotta Israele” pero non è in risacca, ma avanza da Pisa a Milano, da Napoli a Trieste fino a Cagliari. È in tutti questi atenei che, sui tavoli degli organi accademici, fioccano le lettere dei collettivi universitari per chiedere «lo stop a tutti gli accordi e ai rapporti di ricerca con Israele». «Non è un tema in discussione», chiude Luigi Ambrosio, al vertice della Normale. Non è neanche un tema da dibattito: a Trieste il rettore vieta l’incontro “Il diritto di boicottare Israele”, l’Assemblea per la Palestina occupa l’aula. La comunità ebraica ora è «allarmata» per il «clima di odio verso gli ebrei» che impensierisce pure la politica. Dice la presidente Ucei, Noemi Di Segni: «Ormai si è superata ogni linea rossa. C’è un’escalation che ha raggiunto livelli di gravissima preoccupazione» e che impone di «arginare alcune situazioni» e di «favorire anziché isolare la conoscenza della realtà israeliana».
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