16 Settembre 2024

Torino, il presidente della Repubblica celebra la Giornata della cultura ebraica

Fonte:

La Stampa edizione di Torino

Autore:

Giovanni Turi

“La conoscenza è l’argine contro l’odio” I messaggi di pace della comunità ebraica

Nella giornata europea il rabbino capo ha ricordato i valori della religione: “La cultura e la famiglia sono i fondamenti della nostra società”

«La Giornata arriva dopo lunghi mesi di sofferenza e dolore, dopo la strage del 7 ottobre avvenuta in Israele. Per noi la cultura e la conoscenza sono il presupposto per arginare fenomeni di odio, sospetto e antisemitismo». Davanti alla sinagoga in Piazzetta Primo Levi, le parole della presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, vibrano. Tra le kippah e i fili di trucco, molti annuiscono. Sotto un sole settembrino oltre un centinaio di persone assistono alla venticinquesima Giornata europea della cultura ebraica. Al centro il tema della famiglia, Torino è città capofila in Italia. Scelta che casca a pennello con i 600 anni dalla nascita della comunità ebraica del capoluogo piemontese. «La Giornata è una straordinaria vetrina per raccontare la storia e la cultura di questa comunità», commenta Dario Disegni, presidente della Comunità ebraica di Torino. Una comunità che in città conta circa 800 persone e mostra ancora forti segni di vita. Ad aprire la giornata di eventi, racconti e visite nella sinagoga, c’è il messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, letto dallo stesso Disegni. «In un momento di cambiamenti epocali e di ferite lancinanti procurate dalle guerre, la cultura, nella sua pluralità, assume un valore risolutivo per la difesa dell’umanità». Un messaggio chiuso con l’apprezzamento di Mattarella verso la comunità nel «mantenere vivi l’incontro e il dialogo tra le comunità, affinché si possa continuare a lavorare insieme al cantiere della pace, dell’amicizia, della libertà». Gli applausi riempiono la piazza. Poi un monito di Di Segni: «La famiglia e l’ebraismo non vanno usati come soggetti su cui veicolare distorsioni e odio, altrimenti si incendia la società civile che invece va rafforzata e riavvicinata anche con giornate come questa». Tra le prime file, ci sono Hind Hafuda e Eidel Malowicki, due 23enni viennesi, ambasciatrici del Muslim and Jewish Leadership Council europeo. La prima è di religione musulmana. Ha l’hijab raccolto da una forcina rosa. L’altra è ebrea. «In Italia ci ha sorpreso l’ospitalità – dicono in coro -, un clima di mutuo sostegno tra le nostre culture. Per noi il dialogo tra le due religioni è molto forte e siamo ottimiste sulla coesistenza in Europa». Dopo un canto, partono le visite guidate in sinagoga. Mentre nella sala conferenze ruotano letture di Primo Levi, un film su Isacco Artom, braccio destro di Cavour, e dibattiti sulla prevenzione nell’uso degli smartphone, diversi gruppetti vanno alla scoperta dell’edificio. All’entrata c’è chi scruta le foto di quando venne costruito oppure della prima funzione religiosa post 1945, dove partecipano alcuni soldati inglesi. Altri si fermano a osservare i portacandele o gli shofar, i corni usati come strumenti musicali, nelle vetrine allestite. Nelle stanze interne, tutti restano ipnotizzati dalla barocca sinagoga piccola. Il gruppetto guidato dalla volontaria Lucia Levi si siede. «Una volta era il forno dove venivano cotte le azzime – racconta Levi -. Gli arredi arrivano dalla sinagoga di Chieri. Qua è dove viene trasmessa la conoscenza ogni giorno». Subito una domanda: «Ma è vero che partecipano solo gli uomini?». Risposta: «No, è possibile anche per le donne». Altro quesito: «Esiste l’obbligo di proselitismo nell’ebraismo?». Levi: «Assolutamente no». Come spiega il rabbino capo di Torino, Ariel Finzi, «la famiglia e la cultura sono i fondamenti della nostra società. La nostra religione è sempre stata all’avanguardia sia nella concezione della donna sia nella capacità di accettare le differenze, anche se non traspare nell’inconscio collettivo».