Fonte:
La Repubblica
Autore:
Paolo Berizzi
La spiaggia fascista di Chioggia “Qui, a casa mia, vige il regime”
Il gestore del lido veneto intrattiene i bagnanti con discorsi in stile Duce che declama dall’altoparlante ogni mezz’ora
CHIOGGIA. Il cartello all’ingresso del parcheggio parla subito chiaro. “Zona antidemocratica e a regime. Non rompete i c…”. Ma è niente rispetto a quello che si vedrà e si sentirà più avanti, sotto gli ombrelloni, tra “camere a gas”, inni al Duce e al regime fascista, scritte sessiste. Lungo il sentiero di traversine in legno che porta verso la spiaggia altri cartelli avvisano i bagnanti: “Regole: ordine, pulizia, disciplina, severità”; “difendere la proprietà sparando a vista ad altezza d’uomo, se non ti piace me ne frego!”; “servizio solo per i clienti…altrimenti manganello sui denti”. Poi — prima della frase di Ezra Pound (“Se un uomo non è disposto a correre qualche rischio per le sue idee o le sue idee non valgono nulla o non vale niente lui” ) — un’insegna indica i servizi igienici: “Questi sono i gabinetti per lui, per lei, per lesbiche e gay”. Benvenuti alla “Playa Punta Canna” di Chioggia, lido balneare da 650 lettini tra le ultime dune di Sottomarina verso la foce del Brenta. La spiaggia del Duce. Altro che stabilimenti marini ai tempi del Ventennio: in questo vasto pezzo di arenile, se possibile, il fascistissimo titolare Gianni Scarpa, 64 anni, da Mirano, bandana nera e ufficio straboccante di gadget mussoliniani con tanto di cannone che spunta da una finestrella, è riuscito a fare persino meglio. «Qui valgono le mie regole», mette in chiaro. Già. All’inizio la regola di “Punta Canna” era “niente bambini e buzzurri” (in effetti di bambini non se ne vedono). Poi per la gioia dei clienti — la maggior parte giovani “di area”, palestrati e tatuati anche con simboli runici, aquile, croci celtiche — si è aggiunto molto altro. “La legge della giustizia nasce dalla canna del fucile”, ammonisce l’ennesima scritta choc. Di fronte c’è l’angolo doccia col nebulizzatore, protetto da una cinta di canne. Sta di fronte alla cabina bianca dove il cartello sulla porta dice “camera a gas, vietato entrare. Lo slogan è parte di un crescendo. A destra, prima del bar e lungo il sentiero che porta alla spiaggia, su un pannello di legno è stampata in bella vista la “summa” del lido, il pantheon del proprietario. Si, insomma: le sue regole. Diversi poster di Benito Mussolini e di saluti romani ( “questo è più di un saluto, uno stile di vita”; “questo è il mio saluto, se non ti piace me ne frego” ); la foto di un bambino che dice: “Nonno Benito, per un’Italia onesta e pulita torna in vita”. Un corollario sfacciatamente nostalgico e apologetico. Elementi d’arredo alla cui vista i numerosi clienti del lido sono talmente abituati che nessuno — tranne qualche nuovo avventore — ci fa più caso. Il motivo lo capisci appena prendi posto sui lettini (650 di cui 70 coperti da tende bianche tipo gazebo ) tutti occupati. Ogni mezz’ora, o comunque quando ne ha voglia, il titolare della spiaggia “intrattiene i bagnanti alla sua maniera: con delle “comunicazioni” diffuse dagli altoparlanti, dei mini comizi da spiaggia. Che non imbarazzano nessuno perché evidentemente condivisi dai clienti. Inni al regime e insulti alla democrazia ( «mi fa schifo» ), intemerate contro Papa Francesco ( «Lui vuole costruire ponti e non muri? Gliene costruiamo uno noi da Roma a Buenos Aires, così lo rispediamo da dove è venuto») , lotta senza frontiere alla «sporcizia umana del mondo, che è il 50% e qui dentro per fortuna non entra», «tossici da sterminare». Ieri, sabato pomeriggio, l’imprenditore balneare del “me ne frego” ha dato il meglio di sé sotto il sole delle tre e un quarto. Sentitelo. «Sono molto contento di avere una clientela esemplare. Guardatevi in giro, oggi siete 650, non c’è una cicca, non c’è una salvietta a terra. A me la gente maleducata mi fa schifo…a me la gente sporca mi fa schifo…A me la democrazia mi fa schifo…Io sono totalmente antidemocratico e sono per il regime. Ma non potendolo esercitare fuori da casa mia, lo esercito a casa mia. A casa mia si vive in totale regime… qui è casa mia e di conseguenza si vive a regime». Gianni Scarpa plaude ancora ai suoi clienti esaltandone il comportamento. Poi dalle casse spara un attacco modello Duterte. «Voi sapete che io sono per lo sterminio totale dei tossici ( alcuni bagnanti sorridono ). Di conseguenza penso che è meglio che girino molto al largo da qui. Chi viene qui sa come la penso io… se vuole viene se vuole non viene e io me ne frego… Perché qui dentro voglio gente educata». A che cosa punta Scarpa coi suoi comizi nostalgici da spiaggia? Probabilmente solo a fare cassa. Ma si compiace: «Sono contento di avere gente che ha capito il mio messaggio. La maggior parte l’ha capito, quelli che non l’hanno capito si autoeliminano da soli. Dovete essere anche voi orgogliosi…». Di che cosa? La voce arriva stentorea tra gli ombrelloni: «Immaginate 650 persone dalle altre parti… con un afflusso di gente così… quanta merda ci sarebbe in giro. Voi sapere meglio di me che il 50% della popolazione mondiale è merda. Di conseguenza io quella roba lì qui non la voglio». Fa fede il cartello sulla cabina accanto al bar: “Vietato entrare, camera a gas”. A “Punta Canna” è ora di tramonto e di aperitivo. Quelli che “non hanno capito” il messaggio del “capo” in bandana una domanda se la pongono: è tutto vero quello che ho visto e ascoltato in una spiaggia in mezzo a 650 bagnanti o è stato un colpo di sole? Giriamo la domanda a chi ha una risposta da dare.