Fonte:
Corriere della Sera
Autore:
Sergio Romano
Risponde Sergio Romano
Percezione dell’antisemitismo nelle indagini demoscopiche
Ho letto il suo intervento del 13 marzo «Gli ebrei in Europa e lo Stato d’Israele», e devo dire che da lei mi aspettavo ben diverso livello di approfondimento. Le mando un paio di documenti che la potranno interessare. Posso assicurare, per ampia esperienza di lavoro di raccolta di dati sul campo, che testi come questo suo ultimo aiutano ad alimentare quel senso di sconcerto fra le persone vicine al mondo ebraico, di cui i due rapporti di ricerca qui allegati danno chiara testimonianza.
Sergio Della Pergola
Gerusalemme
Caro Della Pergola,
Grazie per le due indagini demoscopiche, entrambe molto utili e interessanti. Ai lettori segnalo che la prima, pubblicata nel 2013, è il rapporto di una Istituzione dell’Unione Europea (l’Agenzia per i diritti fondamentali) su esperienze e percezioni dell’antisemitismo in Europa; mentre la seconda, pubblicata da un istituto londinese (Institute for Jewish Policy Research), concerne l’Italia, è firmata da lei insieme a L. D. Staesky ed è apparsa nel febbraio di quest’anno. Come quasi tutte le indagini di questo tipo, rispecchiano scrupolosamente i sentimenti di un largo campione delle comunità ebraiche in Europa e in Italia segnalando timori e preoccupazioni. Ma anche quando riassumono ricerche fatte sull’arco di un decennio o cercano di stabilire una relazione tra antisemitismo e avvenimenti mediorientali, non ci dicono molto sulle ragioni per cui il fenomeno sarebbe andato progressivamente crescendo. Ogni indagine riflette inevitabilmente le circostanze del momento. Se l’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Ue avesse fatto una stessa indagine sulla percezione della islamofobia nelle comunità musulmane, avrebbe probabilmente constatato che il disagio e le paure hanno toccato in questi ultimi anni picchi particolarmente elevati. E se avesse fatto domande analoghe ai tedeschi, molti avrebbero risposto che da qualche anno a questa parte hanno la sensazione, quando visitano altri Paesi europei, di essere malvisti o addirittura detestati.
Una indagine demoscopica, quindi, non esclude una riflessione storica e politica sulla evoluzione di un fenomeno. Se non cercassi di capire perché certi sentimenti di ostilità verso l’ebraismo sono più visibili oggi di quanto fossero, per esempio, dieci o vent’anni fa , dovrei giungere alla conclusione che l’antisemitismo è un incancellabile peccato originale del cristianesimo. E dovrei smetterla di occuparmi di storia, una disciplina che serve a capire i mutamenti, non a sostenere banalmente che non c’è mai nulla di nuovo sotto il sole.
In una nota apparsa sul Corriere del 17 marzo, il consigliere dell’Ambasciata d’Israele sembra pensare che ogni tentativo di comprendere storicamente l’antisemitismo equivalga a una giustificazione del fenomeno. A me sembra invece che niente nuoccia a una persona o a un popolo quanto la rinuncia a comprendere le ragioni delle critiche di cui è oggetto. Ripeto, caro Della Pergola, quello che ho già scritto nella mia nota del 13 marzo. Israele ha un forte interesse a chiedersi perché abbia perduto in questi anni una parte non piccola del capitale di simpatia che aveva accumulato nei primi decenni della sua storia.