Fonte:
La Stampa
Autore:
Serena Di Nepi
Radio Bari , quando il fascismo strizzava l’occhio agli arabi
Uno studio ricostruisce la storia dell’emittente (1934-1943)
L’antisemitismo tra i mezzi per blandire i possibili alleati
Nella lunga storia delle loro interazioni, le due sponde del Mediterraneo hanno cercato, con stili, ragioni e strategie differenti, di raccontarsi oltre le fratture religiose e politiche che le dividevano. Il Mediterraneo, con le sue genti, i suoi traffici e le sue culture è oggi al centro di una stagione di studi straordinariamente proficua, che è tornata a esaminare le vie e gli strumenti della comunicazione al di là dei secoli di conflitti militari tra le potenze cristiane, nelle loro variegate alleanze, i regni musulmani del Nord Africa e l’Impero Ottomano. Il disfacimento dell’Impero Ottomano e il colonialismo cambiarono, e molto, quella storia ma l’urgenza di capire e influenzare il mondo arabo non venne affatto meno. La rivoluzione geopolitica sancita dalla fine della Prima guerra mondiale e dal progressivo ridisegnarsi delle ambizioni e degli interessi del ventennio successivo resero, ancora una volta, il mondo arabo un protagonista di primissimo piano della politica internazionale europea. Compresa, ovviamente, quella dell’Italia fascista, che dell’espansione in Africa aveva fatto una missione prioritaria e che, per questo, si era trovata rapidamente a perseguire obiettivi in conflitto con quelli di altri Stati, a partire, ovviamente, da Londra e dal suo impero. La storia di come il regime fascista provò a coinvolgere gli arabi nelle proprie battaglie, tentando di spingerli verso Roma, e delle iniziative di politica culturale «orientalista» che segnarono quegli anni è ricostruita puntualmente per la prima volta da Arturo Marzano, in un bel libro appena uscito per Carocci (Onde fasciste. La propaganda araba di Radio Bari (1934-1943), pp. 446, € 39). Si tratta di una vicenda trascurata, che, grazie all’indagine rigorosa negli archivi di Italia, Francia, Marocco, Inghilterra e Usa, torna ora alla luce, nonostante, purtroppo, non siano rimaste registrazioni di quel decennio di trasmissioni. L’avventura di Radio Bari «la prima radio europea a utilizzare una lingua non europea; la prima a fare trasmissioni in arabo rivolte alla sponda sud del Mediterraneo» – andò in scena tra il 1934 e il 1943 e rispose, seppure su un piano diverso, a quelle stesse istanze di apertura verso est che portarono all’istituzione della Fiera del Levante. La straordinaria rilevanza che Mussolini attribuì allo scenario mediterraneo, dove si giocava la possibilità di fare dell’Italia una pedina importante della politica internazionale, del resto, richiedeva che si instaurasse una qualche forma di comunicazione con gli abitanti dell’altra aerea, qualunque fosse la loro condizione. Da qui l’idea, all’epoca innovativa, di lanciare nell’etere una qualche forma di propaganda che quelle genti potessero capire. L’esigenza di parlare agli arabi, e l’intelligenza con cui si scelse di farlo nella loro lingua, finiva per costruire un pubblico di ascoltatori che includeva tanto chi si ritrovava a fare i conti con l’Italia come potenza coloniale tanto chi, invece, viveva quell’esperienza confrontandosi con i governi nemici del fascismo e magari guardava a Roma come a un possibile sostegno nella propria battaglia per la libertà. Dunque, le idiosincrasie della politica estera fascista, ben note agli studiosi, traspaiono con chiarezza anche dall’analisi della programmazione di questa emittente: da una parte, la produzione culturale, fatta di letteratura, teatro e discussioni permise l’incontro e l’ibridazione tra intellettuali arabi e italiani con una qualche formazione «arabistica»; dall’altra, i temi cari all’ideologia fascista, a partire, ovviamente da una spietata campagna antisemita, che puntava, con grandissima forza già prima del tornante del 1938, a identificare uno spazio comune con chi lottava contro la presenza britannica, con un occhio e un’attenzione speciali alla Palestina mandataria. Marzano fa grande attenzione a non cavalcare anacronistiche sovrapposizioni, che, anzi spazza via con forza in diversi passaggi e questo è un grande merito del volume. Per il lettore, d’altro canto, è senza dubbio interessante sottolineare quali siano i temi su cui l’equivoco facile tra presente e passato deve essere tenuto a mente. In primo luogo, l’antisemitismo, che, non a caso, divenne progressivamente «un collante per qualunque tipo di discorso» fino al punto che, dopo il 1941 , il vocabolario antiebraico iniziò a accompagnare retoricamente ogni analisi politica di Radio Bari. L’uso di una «terminologia accesa» era funzionale a un attacco alla presenza ebraica in Palestina, che rientrava perfettamente nella «strategia anti britannica» che Roma perseguiva negli Anni Trenta . Il disegno di una figura femminile subalterna all’ interno di una gerarchia fortemente patriarcale rappresentò un’ulteriore «zona di contatto» tra le due culture, andando a delineare l’immagine di sposa e madre che entrambe, in qualche modo, sostenevano, ciascuna a sua modo, in alternativa alle democrazie deboli e femminee. Il posto degli ebrei e il ruolo delle donne, temi su cui, ancora oggi si giocano partite importanti nelle nostre società.