Fonte:
la Repubblica edizione di Roma
Autore:
Federica Angeli
Antisemitismo e ingiurie processo Stormfront altri 29 indagati alla sbarra
E’ iniziato ieri il secondo processo nei confronti di 14 persone, utenti del sito nazionalsocialista Stormfront. Il pubblico ministero Luca Tescaroli che ha istruito anche il primo processo conclusosi con la condanna per associazione a delinquere finalizzata all’incitamento alla discriminazione alla violenza per motivi razziali attraverso il sito internet Stormfront di quattro persone, ieri è tornato in aula con le stesse ipotesi nei confronti di altri personaggi. Accusati, a vario titolo, di aver diffamato personalità della Comunità ebraica, istigato a compiere azioni violente nei confronti di ebrei e persone di colore, e di aver divulgato idee razziali. Tra i 14 imputati nel processo di ieri anche Mirko Viola, condannato nel 2012 a 2 anni e otto mesi di carcere insieme ad altri tre, ed ora di nuovo alla sbarra. Stavolta per la diffamazione nei confronti di un giornalista di religione ebraica. Viola, poco dopo la scarcerazione inviò una cartolina a Riccardo Pacifici che, secondo l’accusa, conteneva una frase minacciosa nei confronti del presidente della Comunita ebraica capitolina. La seduta di ieri è stato un pro forma, nel cuore del dibattimento si entrerà il 1 dicembre.
E intanto, un’altra tranche dell’ indagine, la terza, si è conclusa e altri 29 indagati accusati in relazione alla pubblicazione, sul forum italiano di “Stormfront, di post , attraverso pseudomini, incentrati sulla superiorità o sull’odio razziale, sono stati rinviati a giudizio.
Il pm Luca Tescaroli contesta, a seconda delle posizioni, i reati di diffusione di idee fondate sull’ odio razziale ed etnico e incitamento a commettere atti di violenza, diffamazione e minacce. Tra gli indagati Diego Masi, ritenuto uno dei moderatori del sito. Tra i soggetti presi di mira nei post gli ebrei, il sindaco di Lampedusa Giuseppina Maria Nicolini, lo scrittore Roberto Saviano e l’esponente politica romana Carla Di Veroli. Secondo l’accusa, seppur dietro pseudonimi, il gruppo era pronto a passare alle vie di fatto, inneggiando e rifacendosi a principi e idee in voga nel periodo nazista.
Il tenore dei post e dei commenti su Stormfront sono, secondo la magistratura romana, la prova evidente della violenza nei confronti della comunità ebraica