30 Ottobre 2024

Scrittori, accademici e lavoratori del mondo della cultura rifiutano la collaborazione con le istituzioni letterarie israeliane

Fonte:

Il Foglio

Autore:

Giulio Meotti

Gli ipocriti letterari contro Israele

“Dicono no alle arance di Jaffa, silenti su Cina, Russia e Iran”

Roma. Più di mille tra scrittori, accademici e lavoratori del mondo della cultura rifiutano la collaborazione con le istituzioni letterarie israeliane. Fra questi ci sono la filosofa americana Judith Butler, che aveva definito “resistenza armata” il 7 ottobre; i premi Nobel Annie Ernaux e Abdulrazak Gurnah; l’indiana Arundhati Roy, l’irlandese Sally Rooney e l’italiana Silvia Federici, firmataria di un appello a novembre su Le Média in cui si leggeva che “la nostra solidarietà di femministe va a tutto il popolo palestinese, anche ai suoi uomini”. “Trovo la loro ossessione per Israele spaventosa e inquietante”, dice al Foglio Brendan O’Neill, il giornalista inglese autore di “After the pogrom”. “Un tempo le persone si circondavano di parafernalia cristiane per tenere a bada il diavolo, ora abbiamo letterati che si circondano dell’ideologia del boicottaggio per tenere a bada Israele. Ti espelleranno dalla loro cerchia se hai Soda Stream. Alcuni hanno fatto irruzione nei supermercati e gettato a terra i prodotti alimentari di Israele, come fossero veleni. Hanno interrotto le compagnie di danza israeliane in tournée. In che modo tutto questo aiuta i palestinesi? Vedono Israele come una forza malvagia, peggiore di tutti gli altri. Un orrore nella storia. Questo non solo è storicamente analfabeta, è anche intriso di bigottismo. Ciò che una volta si diceva del popolo ebraico, che era malevolo, ora si dice dello stato ebraico. Ed è narcisismo sotto le spoglie del radicalismo”. Questo boicottaggio, dice O’Neill, è un modo per dire “sono una brava persona perché mi rifiuto di avere a che fare con quello stato malvagio”. “Esorcizzare Israele dalla propria vita è l’unico rituale rimasto a queste élite senza Dio. Un atto di autosantificazione per segnalare ai compagni di viaggio che loro sono liberi da Israele e quindi buoni. Ha echi da anni Trenta. Laddove i nazisti incoraggiavano il boicottaggio dei negozi ebrei per rendere l’Europa `Judenfrei’, ora il mondo letterario boicotta tutto ciò che è prodotto in Israele per rendere le loro vite ‘Israelfrei”‘. Non boicottano mai Cina, Russia, autocrazie islamiche e così via. “L’ipocrisia è straordinaria ed è riassunta nella scrittrice irlandese Sally Rooney. Dice che boicotterà le istituzioni culturali israeliane a causa di Gaza, ma ha lanciato il suo ultimo romanzo al Southbank Centre di Londra finanziato dallo stato britannico. La saccenteria e la bigotteria di queste persone sono incredibili. Eccoli tutti lì, Rooney e i suoi lettori privilegiati, a fischiare la nazione ebraica `guerrafondaia’ in un opulento centro d’arte finanziato da uno stato che ha compiuto guerre ben più letali di quella di Israele. Questi amanti della letteratura sono felici di acquistare merci prodotte in Cina e di andare in vacanza in Turchia e di far pubblicare i loro libri in Iran: è solo Israele che evitano. Come sottolineo nel mio nuovo libro, una delle grandi ironie della moda di indossare la kefiah è che la maggior parte di queste kefiah sono prodotte in Cina da musulmani uiguri costretti contro la loro volontà a lavorare nelle fabbriche tessili. Questi svampiti pseudovirtuosi manifestano la loro pietà per i musulmani di Palestina indossando kefiah realizzate da musulmani privati di tutti i loro diritti e dignità nel più grande stato non libero del mondo. Niente riassume meglio l’assurdità, la vacuità e la stupidità dell’attivismo `pro Palestina”‘. Lo stesso giorno dell’appello al boicottaggio d’Israele, i talebani hanno deciso che non era sufficiente che le donne non parlassero in pubblico: hanno anche vietato che sentissero la voce di altre donne. Meryl Streep all’Onu ha detto che a Kabul un gatto può sentire il sole in faccia e un uccello cantare, ma una ragazza no. Inutile cercare qualcosa di simile da parte del demi monde culturale sedotto dai barbari.