13 Giugno 2017

Roberto Delera, L’asinello di Elisha – La solitudine degli ebrei di sinistra in Italia, dal dopoguerra all’attentato a Rabin, 2016

Fonte:

Moked.it

Autore:

Marco Di Porto

Guardare a Israele da sinistra

Poco più di due anni fa se ne andava, appena sessantaduenne, Roberto Delera, giornalista, ex militante di Lotta Continua, sposato con la studiosa del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano Betti Guetta, e padre di Michele. Betti, in sua memoria, ha amorevolmente dato alle stampe, per un circuito ristretto, la sua tesi di laurea, discussa da non molti anni e intitolata “L’asinello di Elisha – La solitudine degli ebrei di sinistra in Italia, dal dopoguerra all’attentato a Rabin”, dedicata a un tema spinoso e complesso: il rapporto tra la sinistra e Israele. Un rapporto segnato in Italia da incomprensioni, prese di posizione politiche miopi e fin troppo “fedeli alla linea” (del Pci), ma anche da avvicinamenti e aperture serie e motivate. Il libro è stato al centro di un recente incontro alla Casa della Cultura di Milano, per onorare i due anni dalla scomparsa di Delera.

L’asinello di Elisha a cui fa riferimento il titolo è presente in un noto midrash del Talmud, in cui si narra la storia del grande rabbino Meir che aveva per maestro un rav di nome Asher, “lo straniero”. Il midrash si dipana in un racconto che ha a che fare con l’esplorare nuovi orizzonti, con il superamento della tradizione da parte del rabbi “eretico”, ed è accostato dall’autore alla vicenda degli ebrei di sinistra, sospesi tra il legame profondo con la propria identità religiosa, e la scelta di campo politica.

Il libro parte dagli albori, dall’antico legame tra ebraismo e marxismo, passando per le lotte condivise di comunisti ed ebrei contro il nazifascismo, per continuare con la virata filoaraba dell’Urss, con il Pci italiano che ne seguirà in modo ortodosso la linea politica, con lo strappo definitivo segnato dalla Guerra dei Sei Giorni, con le lacerazioni a seguito dell’attentato alla sinagoga di Roma, con l’assassinio di Rabin. Passando attraverso ritratti e citazioni di politici e intellettuali, italiani e non, del ‘900, per arrivare, nella seconda metà degli anni ’80, ai gesti “riparatori” di alcuni leader della sinistra italiana, uno tra tutti Giorgio Napolitano, tra i primi a capire alcuni errori storici e a tentare di ricucire una storia di strappi e divisioni.

Un libro agile e di piacevole lettura, che ha anche il merito di dare voce ai tanti ebrei di sinistra che si identificarono in una importante stagione politica del nostro Paese, vivendola da dentro, con ardore e con impegno, ma mal digerendo – o non digerendo punto – i pregiudizi anti-israeliani così strutturali, per molti anni, in buona parte di quell’area politica in Italia.