Fonte:
Osservatorio antisemitismo, Rassegna mensile di Israel
Autore:
Adriana Goldstaub, Novello Paglianti e Laura Wofsi Rocca
L’immagine dell’ebreo in un gruppo di studenti veneti. Un’indagine antropologica con la tecnica del differenziale semantico.
Scopo della ricerca che presentiamo, svolta nel corso del 1984-1985, non era di indagare l’«hic et nunc» di un possibile pregiudizio verso gli ebrei, ma ricercare quali tratti psicologici e/o culturali fossero alla base dell’immagine dell’ebreo. In questa prospettiva il quadro socio-politico generale riferito agli anni in cui svolgemmo l’indagine ha un’importanza secondaria rispetto alla complessa immagine dell’ebreo costruita durante i secoli dalla cultura occidentale. Sarebbe infatti troppo semplicistico pensare che l’immagine dell’ebreo sia legata in modo diretto al suo agire pratico. La storia insegna infatti che, al di là del suo comportamento «reale», il popolo ebraico è stato spesso accusato nello stesso momento e nello stesso paese di un comportamento e del suo opposto .
In quest’ottica non è tanto interessante misurare dei dati di fatto, quanto stabilire le interazioni tra varie categorie mentali .
La nostra indagine ha cercato di saltare un livello falsamente logico per esplorarne uno più astratto, forse più simbolico, che consideri categorie non tanto legate alla condizione sociologica del popolo ebraico, quanto alla sua collocazione nell’immaginario della cultura altrui .
Questo anche perché a nostro avviso il passaggio da un atteggiamento di pregiudizio ad un comportamento pratico di intolleranza può avvenire solo quando esista un’immagine «forte» cui poter richiamarsi per dare spiegazioni razionali o irrazionali della propria azione.« Pensare I’ebreo » in un determinato modo vuol dire dare una interpretazione della realtà e conseguentemente operare di fatto nella realtà .
Per non cadere nella tentazione di allontanarci troppo verso un « paese di idee » abbiamo voluto ricorrere ad una comparazione tra il termine ebreo e il termine sionista, quest’ultimo scelto come possibile variante a definire la condizione ebraica così come emergeva dai mass-media degli anni ottanta. Questo termine che in realtà designa oggi l’ebreo particolarmente legato affettivamente e culturalmente all’ideologia fondante dello Stato Israele, ci è parso più vicino, nel mondo dell’immagine, all’ebreo in carne e ossa, proprio perché più presente nella cronaca della comunicazione di massa .
A giustificazione di questa nostra lettura dell’ebreo sta la constatazione che, anche in una società che cambia velocemente, i processi simbolici risultano essere abbastanza stabili e quindi identificabili prescindendo, almeno in parte, dalla variabile tempo .
L’aspetto interessante che giustifica la pubblicazione odierna di questa ricerca sta nel poter constatare la presenza di un meccanismo astratto di unione/opposizione tra la figura dell’ebreo e quella del sionista. Sin d’allora ci era apparso chiaro che tale relazione avesse una sua funzione simbolica nel costruire una nuova « categoria-immagine »dell’ebreo-sionista, più dinamica e articolata per affrontare gli avvenimenti contemporanei di quella ormai vecchia dell’ ebreo perseguitato. Si tratta di una nuova immagine aperta, dotata di ampie connotazioni in grado di consentire letture « ideologiche » di quei fenomeni che sulla scena politica mondiale coinvolgono il popolo ebraico .