12 Maggio 2017

Reportage sull’ estrema destra italiana: «Non mi dispiace essere chiamato fascista, ma nazista è molto più corretto. Perché mi ispiro al nazionalsocialismo, agli insegnamenti che ha dato al mondo. Alla creazione di uno stato perfetto»

Fonte:

La Stampa

Autore:

Niccolò Zancan

Prediche d’odio e reclutamento a scuola

Il doppio volto della nuova ultradestra

Le indagini e le chat di propaganda svelano il progetto di legarsi ai populisti europei

In mille. Con il braccio alzato. A commemorare i soldati fascisti al Campo 10 del Cimitero Maggiore. Hanno persino pubblicato le foto in rete, sfidando la Stato. Cosa sta succedendo in Italia? Il capo della Digos di Milano si chiama Claudio Ciccimarra: «Negli ultimi anni l’area dell’estrema destra si è rafforzata, seppur non di molto. A Milano parliamo di 500 militanti. Stanno cercando di fare un lavoro di reclutamento nelle scuole, cosa che fino a qualche tempo fa sarebbe stata impensabile. E se da un lato organizzano manifestazioni simboliche di richiamo per quelli che credono in questo genere di cose, dall’altro provano a presentarsi sotto una nuova veste. Come dimostrano i primi candidati di CasaPound». In Italia c’è un piccolo blocco nero che vive fuori da ogni perimetro costituzionale. Fuori anche dalla Storia. Predica l’odio. Lo semina. Lavora per le discriminazioni razziali. E poi si presenta in pubblico, mitigando appena la voce. Candidati di CasaPound sono già entrati nei consigli comunali di Bolzano, Isernia, Lamezia Terme, Grosseto, Sant’Ortese e Cologno Monzese. Fascisti dichiarati che sono riusciti a fare il loro ingresso nelle istituzioni. Il leader nazionale di CasaPound si chiama Gianluca Iannone. È presidente di un movimento che dichiara 20 mila iscritti, 5 mila nel Lazio. Era a Milano il 29 aprile durante la commemorazione al Cimitero Maggiore. Così come in prima fila, vestito con un bomber nero, c’era Alessandro Limido, 38 anni. Abita a Varese, dove costruisce piscine. Suo padre è Bruno Limido, giocatore di Serie A negli Anni Ottanta. «Ma lui è un berlusconiano di ferro» dice adesso il figlio. Con Alessandro Limido sono possibili conversazioni di questo tipo. Lei è nazista? «Certo. Per me è un vanto. Non mi dispiace essere chiamato fascista, ma nazista è molto più corretto. Perché mi ispiro al nazionalsocialismo, agli insegnamenti che ha dato al mondo. Alla creazione di uno stato perfetto». Come si mette in pace con gli orrori perpetuati dai nazifascisti? «Orrori? Questo me lo sta dicendo lei». Se Limido, Inannone e altri settanta militanti neonazisti sono già stati identificati e denunciati dalla Digos, è solo grazie alle fotografie che loro stessi hanno pubblicato appositamente. Per mostrarsi sui social network. «È una sfida alle istituzioni», denuncia Saverio Ferrari dell’Osservatorio italiano sulle nuove destre. «Siamo di fronte a un salto generazionale. Assistiamo a un cambio di modalità organizzative: sfilate paramilitari, reclutamento di giovani nelle periferie, ed elezioni». Per quasi un anno i carabinieri di La Spezia hanno cercato di ricostruire i movimenti di una cellula di estrema destra composta da sette ragazzi di età compresa fra 20 e 23 anni. Le indagini sono incominciate dopo che due svastiche erano state tracciate vicino alla sede del Partito Democratico. Così si è scoperto come parlano i nuovi nazisti italiani. «Niente gerarchie, niente obblighi e doveri. Solo odio, ultra violenza e discriminazioni razziali». «Sieg heil». «88!!». «Abbiamo di tutto». «Si va a caccia di negri». Tre indagati sono adesso sottoposti all’obbligo di dimora. Per tutti l’accusa è di «associazione finalizzata all’incitamento, alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici e nazionali». L’inchiesta, coordinata dal procuratore Antonio Patrono, ha la forza di svelare una nuova estrema destra ormai molto vicina a quella che infiamma i populismi del Nord Europa. Da un lato armata e fuorilegge, dall’altra istituzionale. Quanti sono? Cosa progettano? Questa è la conversazione che i carabinieri intercettano sul gruppo «Naziskin Spezia», già a maggio del 2016, alle 11 di mattina: «Buongiorno 14/88». «Camerata buondì!». «Sieg heil, io mi sono svegliato adesso». «Hanno legalizzato le unioni dei froci». «Che schifo!». Discutono su quale sia l’obiettivo. «Lo scopo principale è fare una rivoluzione e danni seri al sistema. Poi, ci mancherebbe, se si beccano degli antifascisti di merda, botte. Ma la cosa principale dovrebbero essere atti intimidatori al sistema. Bisogna costruire il terreno per un colpo di Stato». I carabinieri annotano: «Il gruppo ha momenti di incontro, non è solo una chat virtuale. Vi è un ripetuto ricorso alla terminologia e alla simbologia nazista. Il numero 88, che viene usato invece della sigla HH, acronimo di Heil Hitler». Fanno riunioni segrete dentro una roulotte parcheggiata vicino al fiume Magra. Hanno bandiere naziste. Mazze e tirapugni da usare contro i nomadi che frugano nei cassonetti, balestre e bombe molotov. Prendono di mira la Caritas perché aiuta i migranti. Vanno ad incendiare un mezzo della Italcementi. «Forse per cercare degli esplosivi», annotano i carabinieri agli ordini del maggiore Armando Ago. Di sicuro hanno manuali per fabbricarli. Ecco il caso di Sebastiano Maggiani detto «Mage», uno dei sette indagati. Già finito in un’inchiesta per «discriminazione, odio e violenza per motivi razziali» nel 2013, quando era ancora minorenne. Poi denunciato varie volte: coltelli a serramanico, catene. È lui a scriversi con Alessandro Parodi, un altro indagato: «Piazza Brin e dintorni, tutto quel marcio lì intorno». «Schifezza». «È giunto il momento delle spedizioni punitive in questa città». La cosa più impressionante del caso La Spezia, forse, è che l’avvocato di tre indagati su sette è il candidato sindaco nelle lista di CasaPound. E il cerchio si chiude. Sì chiama Cesare Bruzzi Alieti: «Difendo solo quelli con accuse minori – dice – siamo sicuri che riusciremo a farli assolvere». La sede del partito è stata appena inaugurata vicina al porto. Alle pareti campeggia la foto di Bashar al-Assad, il dittatore siriano. Aquile imperiali. Bandiere nere. Le sciarpe «Ultras Spezia» e «S.S. Lazio». I punti del programma politico di Alieti: «Priorità agli italiani. Più controlli per combattere il fenomeno dei venditori ambulanti. Più controlli sulle attività gestite da stranieri». Uno degli indagati si chiama Francesco Carlodalatri, coordinatore locale di CasaPound, ed è al suo fianco: «Ci riteniamo fascisti. Nessuno ha fatto tanto per gli italiani e per la patria». Lungo questo confine nero, le parole hanno già perso ogni peso specifico. Valgono zero.