Fonte:
L’Unione informa - http://moked.it/ - L’ Osservatore Romano
Autore:
Riccardo Di Segni
Rav Di Segni su papa Bergoglio e l’omelia dei ‘Giudei chiusi’
“Necessaria cautela per prevenire ostilità e incomprensioni”
Nell’omelia di sabato 27 aprile, riportata dai quotidiani Osservatore Romano e Avvenire in data 28 aprile, il Papa ha commentato il brano di Atti 13:44-52 nel quale si racconta il conflitto tra due comunità religiose: quella dei discepoli, e quella dei “Giudei chiusi, perché non tutti i Giudei erano così”. Coloro che non si dimostrarono “chiusi” in realtà furono quelli disponibili ad ascoltare il nuovo messaggio cristiano. E’ chiaro come nella sua omelia il Papa abbia usato e commentato il brano neotestamentario per sollecitare una riflessione attuale e una critica interna al suo mondo. Ma i testi citati portano il segno di una polemica molto viva tra il Giudaismo di allora e il Cristianesimo nascente, e i riferimenti ai “Giudei” chiusi, ostili e calunniosi, se non vengono spiegati bene nella predicazione dei nostri tempi, possono suscitare ostilità e incomprensioni, perché il segnale negativo riferito al mondo giudaico rischia di essere attualizzato da ascoltatori disattenti. Non era certo questa l’intenzione del Papa. Tuttavia la realtà attuale impone ogni necessaria cautela.
Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
L’ Osservatore Romano
Messa del Pontefice a Santa Marta
Per una comunità aperta ai valori dello Spirito
C’è chi affronta la sofferenza mantenendo viva la gioia che nasce dallo Spirito — come per esempio i cristiani perseguitati ancora oggi in tante parti del mondo — e chi invece «usa il denaro per comprare favori» e patteggiare, o «la calunnia per diffamare e cercare aiuto dai potenti della terra» e magari dileggia quanti cercano di vivere nella gioia cristiana la loro stessa sofferenza. Su questo confronto si è fermato Papa Francesco sabato mattina, 27 aprile, all’omelia della messa celebrata nella Domus Sanctae Marthae. Tra i concelebranti erano l’arcivescovo Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, e monsignor Dražen Kutleša, vescovo di Poreč i Pula, Croazia. Ad assistere alla messa c’erano tra gli altri il personale del Servizio delle Poste Vaticane e un gruppo di volontari del dispensario pediatrico Santa Marta» in Vaticano. Il Papa in particolare si è soffermato sulla pagina degli Atti degli apostoli (13, 44-52) che narra proprio il confronto tra due comunità religiose: quella dei discepoli e quella che il Pontefice ha definito «dei giudei chiusi, perché non tutti i giudei erano così». Nella comunità dei discepoli, ha spiegato, si attuava il comando di Gesù — “Andate e predicate” — e dunque si predicava e quasi tutta la città si radunava per ascoltare la parola del Signore. E, ha notato Papa Francesco, si era diffusa tra la gente un’atmosfera di felicità che «sembrava non sarebbe mai stata vinta». Quando i giudei videro tanta felicità «furono ricolmi di gelosia e incominciarono a perseguitare» questa gente che «non era cattiva; erano persone buone, che avevano un atteggiamento religioso».
«Perché lo hanno fatto?» si è chiesto. Lo hanno fatto «semplicemente perché avevano il cuore chiuso, non erano aperti alla novità dello Spirito Santo. Credevano che tutto fosse stato detto, che tutto fosse come loro pensavano che dovesse essere e perciò si sentivano come difensori della fede. Incominciarono a parlare contro gli apostoli, a calunniare. La calunnia». Questo è un atteggiamento che si riscontra nel cammino della storia; è proprio dei «gruppi chiusi patteggiare col potere; risolvere le questioni “fra noi”. Come hanno fatto quelli che, la mattina della risurrezione, quando i soldati sono andati a dir loro: “Abbiamo visto questo”, gli hanno imposto “State zitti! Prendete…” e con i soldi hanno coperto tutto. Questo è proprio l’atteggiamento di questa religiosità chiusa, che non ha la libertà di aprirsi al Signore». Nella loro vita pubblica «per difendere sempre la verità, perché credono di difendere la verità» scelgono «la calunnia, il chiacchierare. Davvero sono comunità chiacchierone, che parlano contro, distruggono l’altro» e guardano solo a se stesse, come fossero al riparo di un muro. «Invece la comunità libera — ha fatto notare il Papa — con la libertà di Dio e dello Spirito Santo, andava avanti. Anche nelle persecuzioni. E la parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. È proprio della comunità del Signore andare avanti, diffondersi, perché il bene è così: si diffonde sempre! Il bene non si piega dentro. Questo è un criterio, un criterio di Chiesa. Anche per il nostro esame di coscienza: come sono le nostre comunità, le comunità religiose, le comunità parrocchiali? Sono comunità aperte allo Spirito Santo, che ci porta sempre avanti per diffondere la parola di Dio o sono comunità chiuse?». La persecuzione — ha poi aggiunto il Pontefice — comincia per motivi religiosi, per gelosia, ma anche per come si parla: «la comunità dei credenti, quella libera dello Spirito Santo, parla con la gioia. I discepoli erano pieni di gioia di Spirito Santo. Parlano con la bellezza, aprono strade: avanti sempre, no? Invece la comunità chiusa, sicura di se stessa, quella che cerca la sicurezza proprio nel patteggiare col potere, nei soldi, parla con parole ingiuriose: insultano, condannano». E per far notare la mancanza d’amore nelle comunità cosiddette chiuse Papa Francesco ha avanzato il dubbio che questa gente «forse dimentica le carezze della mamma, quando erano piccoli. Queste comunità non sanno di carezze; sanno di dovere, di fare, di chiudersi in una osservanza apparente. Gesù gli aveva detto: “Voi siete come una tomba, come un sepolcro, bianco, bellissimo, ma niente di più”. Pensiamo oggi alla Chiesa, tanto bella. Questa Chiesa che va avanti. Pensiamo ai tanti fratelli che soffrono per questa libertà dello Spirito e soffrono persecuzioni, adesso, in tante parti. Ma questi fratelli, nella sofferenza, sono pieni di gioia e di Spirito Santo. Questi fratelli, queste comunità aperte, missionarie, pregano Gesù perché sanno che è vero quello che ha detto e che abbiamo sentito adesso: “Qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò”. La preghiera è Gesù. Le comunità chiuse pregano i poteri della terra perché li aiutino. E quella non è una buona strada. Guardiamo Gesù che ci invia a evangelizzare, ad annunciare il suo nome con gioia, pieni di gioia. Non abbiamo paura della gioia dello Spirito. E mai, mai immischiamoci in queste cose che, alla lunga, ci portano a chiuderci in noi stessi. In questa chiusura non c’è la fecondità e la libertà dello Spirito».