Fonte:
La Stampa edizione di Torino
Quella provocazione arti-Israele arrivata sul palco del Teatro Ragazzi
La polemica di un violinista in una serata dedicata alla pace
Il gelo nella sala del Teatro Ragazzi di Torino è sceso quando Nabil Hamai ha smesso di suonare il violino e, dopo aver chiesto «un minuto di silenzio per i morti della Siria e della Palestina», ha detto di suonare il brano successivo «come omaggio a Gerusalemme, capitale della Palestina». È successo sabato sera, 14 aprile, davanti ai quasi settecento spettatori della serata, organizzata in occasione degli 80 anni dalle leggi razziali in italia. Nabil è da anni impegnato in incontri con bambini e ragazzi sui temi della pace e della fratellanza. Figlio di uno dei più importanti compositori e suonatori algerini di «ganun», una cetra a 78 corde, ha suonato per orchestre internazionali e ha collaborato anche con il compositore Ezio Bosso. E quelle parole che hanno gelato la platea non erano certo state programmate e concordate con gli organizzatori dell’evento. «E’ stata un’autentica provocazione» dice adesso Angelica Calò, 63 anni, insegnante e direttrice artistica della Fondazione Beresheet La Shalom – Un inizio per la pace – con sede in Alta Galilea, Israele. A distanza di settimane, non riesce a dimenticare quell’episodio. I suoi ragazzi, 17 in tutto, si erano appena esibiti. «Loro non conoscono la lingua italiana, ma quell’ultima frase l’hanno capita benissimo. Mi guardavano come per chiedere: che cosa sta succedendo». Lei, allora, è corsa da una delle organizzatrici, Sabina Colonna Preti, presidente di Pequeñas Huellas. «È una persona splendida, non ha nessuna colpa per quello che è successo. Volevo che salisse sul palco a spiegare che c’era stato quanto meno un fraintendimento. Lei, invece, preferiva andare oltre: la politica non era certo il tema della serata. Ho capito le sue ragioni, ma a quel punto sul palco ci sono andata io». Calò racconta di aver interrotto l’esibizione di Hamai e di averlo corretto: «Scusami Nabil, ma forse ti sei sbagliato: Gerusalemme è la capitale di Israele». Il musicista algerino, però, ha replicato: «No, è la capitale della Palestina». Così, al Teatro Ragazzi è sceso il silenzio. Giorni dopo, è stata la vicepresidente di Pequeñas Huellas ha scrivere sia ad Angelica Calò che a Nabil Hamai. Esprimendo sorpresa per il comportamento di entrambi, un esempio negativo, avendo «usato il palco dei bambini per dimostrare tutto il contrario di quanto fosse nell’intento della serata». Sono quindi seguite le scuse, parziali, del musicista algerino: «Non volevo creare alcuna discussione, soltanto esprimere un mio pensiero». Ricostruzione che non sembra convincere affatto la direttrice di Beresheet La Shalom: «È stato lui ad innescare il conflitto. Alla fine, i miei ragazzi e io siamo di nuovo saliti sul palco mettendo da parte l’offesa subita e insegnando a tutto il pubblico, sbigottito un canto di pace in ebraico e in arabo perché al dialogo ci crediamo davvero. Lo viviamo, lo mettiamo in opera, lo possiamo insegnare al mondo»