Fonte:
La Stampa
Autore:
Luca Monticelli
Antisemitismo, l’onda dell’odio
ROMA La senatrice Liliana Segre non si aspettava questa «ondata spaventosa di odio». Dopo il 7 ottobre gli ebrei italiani sono costretti a vivere in un clima ostile, i casi di antisemitismo sono triplicati rispetto al passato. Segre racconta di ricevere «minacce pazzesche», ma le intimidazioni e gli insulti raggiungono tanti cittadini di religione ebraica che «non c’entrano niente con le decisioni politiche di Israele e magari non le condividono», sottolinea la senatrice sopravvissuta ad Auschwitz. Le parole di Segre trovano riscontro nei numeri, come quelli dell’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad) diffusi ieri. Stando ai dati elaborati da associazioni e forze dell’ordine, dal 7 ottobre al 1° maggio l’Oscad conta 345 episodi riconducibili all’antisemitismo, tra cui 41 “hate crimes”, ossia crimini d’odio motivati da un pregiudizio, 175 casi di “hate speech” e 112 di incitamento all’odio online. In questo periodo, ricorda il rapporto presentato al memoriale della Shoah a Milano, si sono svolte 1.378 manifestazioni, di cui 1.109 in solidarietà al popolo palestinese e solo 39 a sostegno dello Stato di Israele. «Dal 7 ottobre abbiamo avuto il 1000% di aumento di segnalazioni di sentimenti d’odio, l’antisemitismo può alimentare forme di terrorismo», dice il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Mentre Segre confidava tutta la sua amarezza, arrivava alla Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea, il Cdec, la segnalazione di una scritta choc contro gli ebrei (poi cancellata) sul muro dell’ex galoppatoio del Lido di Venezia: “Vi cercheremo casa per casa e vi sgozzeremo”. «La spaventosa onda antisemita che sta investendo il nostro Paese non viene dal nulla», evidenzia Davide Romano, direttore del Museo della Brigata ebraica di Milano, che aggiunge: «È da ottobre che diciamo di abbassare i toni, ma dal mondo universitario a quello di certi salotti televisivi si continuano a usare parole malate che portano a comportamenti malati. Si susseguono manifestazioni violente dei pro Palestina che dalle università al 25 aprile, passando per le presentazioni di libri, minacciano chi la pensa diversamente». Il Cdec fa sapere che nel 2024, tra gennaio e aprile, gli episodi di antisemitismo catalogati sono 400, oltre 90 in media al mese. Un numero altissimo, se si considera che in tutto il 2023 erano stati 454, il doppio del 2022. Alla fine del 2024, quindi, gli eventi antisemiti noti potrebbero essere oltre il triplo in confronto agli anni pre 7 ottobre. Dati che collimano con il rapporto sull’antisemitismo nel mondo pubblicato dall’Anti-Defamation League, organizzazione con sede a New York. Secondo il centro studi americano la guerra a Gaza ha scatenato uno tsunami di odio contro le comunità ebraiche in tutto il mondo: «Quello che è avvenuto dopo il 7 ottobre ha moltiplicato attacchi da destra e da sinistra contro gli ebrei». La tesi del rapporto è che se continuano le tendenze attuali diventerà impossibile per gli ebrei vivere apertamente in Occidente, indossare la stella di David o frequentare sinagoghe e scuole ebraiche. Anche l’Ugei, l’Unione dei giovani ebrei, dice il vice presidente Ioel Roccas, ha raccolto attraverso una “Hot line” 115 segnalazioni di episodi di antisemitismo tra ottobre e marzo, ben 60 casi solo tra ottobre e novembre, «numeri esorbitanti se confrontati con gli anni precedenti». Roccas condivide le preoccupazioni degli studenti ebrei e israeliani che dal massacro di Hamas e lo scoppio della guerra a Gaza vanno a lezione con paura. «Abbiamo visto sui banchi della aule disegni di svastiche intrecciate a stelle di David e adesivi con il volto di Leila Khaled», esponente storica del Fronte per la liberazione della Palestina che partecipò a due dirottamenti negli Anni 70, e che negli ultimi mesi è stata invitata in diversi atenei. «Ormai slogan come “From the river to the sea” e “Intifada” sono sdoganati. Per noi giovani ebrei è diventato impossibile confrontarci con chi organizza le occupazioni e urla “fuori i sionisti dalle università”. Non c’è dialogo nelle assemblee, c’è una vera e propria censura», continua Roccas che era in piazza il 25 aprile quando il corteo pro palestinese di Roma spostandosi da Porta San Paolo a Centocelle intonava cori «contro i media “servi del sionismo e del capitalismo ebraico». Questa è la settimana in cui si temono nuovi scontri nelle università: Torino, Padova, Roma e Napoli le città più calde. Nelle comunità ebraiche c’è grande inquietudine: oggi è Yom HaAtzmaut, l’anniversario della nascita di Israele, domani il mondo arabo ricorda la Nakba, “la memoria della catastrofe” (l’inizio dell’esodo dei palestinesi nel 1948). «Che cosa succederà? Dobbiamo aver paura di uscire di casa e andare all’università?», si chiede un giovane della comunità romana che preferisce rimanere anonimo. Alla Sapienza, ieri, all’assemblea degli studenti era presente Noura Erakat, docente in studi africani della Rutgers, famosa università del New Jersey. Erakat è intervenuta anche alle proteste della Columbia a New York e in passato ha partecipato a un workshop online con uno dei leader di Hamas, Gazi Hamad. L’Unione dei giovani ebrei italiani risponde lanciando un appello «a rettori, senati accademici e ministeri affinché gli atenei non diventino luogo di censura e intolleranza».
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