7 Febbraio 2017

Preoccupazione dell’Ucei per il proscioglimento di due tifosi laziali denunciati dalla Digos e accusati dalla Procura di aver incitato la curva dell’Olimpico ad urlare “Giallorosso ebreo”

Fonte:

Corriere della Sera

Autore:

Dino Martirano

Il giudice: il coro antisemita non è reato

Verifiche del ministero sulla sentenza

Roma, prosciolti due tifosi della Lazio. La comunità, ebraica: un fatto inquietante

ROMA Con il placet del Guardasigilli Andrea Orlando, sono già scesi in campo gli ispettori ministeriali per svolgere «accertamenti preliminari» sul giudice romano Ezio Damizia che ha prosciolto — «perché il fatto non sussiste… e non costituisce diffusione di odio razziale… ma è configurabile nell’ambito di una rivalità di tipo sportivo» — i due tifosi laziali denunciati dalla Digos e accusati dalla Procura di aver incitato la curva dell’Olimpico ad urlare «giallorosso ebreo/ Roma vai a c…» nel corso di Lazio-Catania del 30 marzo 2013. Gli «007» di via Arenula acquisiranno la sentenza risalente al 15 dicembre le cui motivazioni sono state depositate solo alcuni giorni fa. Un passaggio delle motivazioni, più di altri, ha indignato l’Unione italiana delle comunità ebraiche e la comunità romana: «Sebbene l’accostamento giallorosso con ebreo possa avere assunto nelle intenzioni del pronunciante valenza denigratoria, ricollegabile latamente a concetti di razza, etnia o di religione, le modalità di esternazione non costituiscono alcun concreto pericolo per la diffusione di un’idea di odio razziale o di superiorità etnica». Come dire che allo stadio la legge Mancino è «latamente» applicabile. Ruth Dureghello «Così si creano zone franche dove si può esprimere liberamente l’antisemitismo» Alcuni giorni fa, Noemi Di Segni, presidente dell’Unione della comunità ebraiche (Ucei), aveva scritto al vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, a Giovanni Malagò (Coni), a Giovanni Tavecchio (Federcalcio) e al ministro dello Sport, Luca Lotti, una lettera in cui si esprimeva «preoccupazione in un momento in cui nuovi venti di odio tornano a sparare in Italia e in Europa». Per questo, aggiungeva l’Ucei, «c’è bisogno assoluto che il mondo dello sport si faccia ambasciatore di valori positivi, per cui spero che questa vicenda, insieme agii atti giudiziari e alle parole che l’hanno accompagnata, siano motivo di riflessione per tutti noi». Alla lettera pacata di Noemi Di Segni (rimasta riservata fino a ieri) è seguita, ieri, una seconda missiva pubblica inviata a Orlando e a Legnini in cui la presidente della comunità romana, Ruth Dureghello, ha segnalato che «un’acritica e passiva accettazione di questa linea di pensiero (del giudice, ndr)» favorirebbe la creazione, nell’ambito sportivo, di «zone franche dove esprimere in libertà commenti razzisti e antisemiti»: per cui, conclude Dureghello, «mi rivolgo a voi con lo scopo di ribadire che in questo Paese gli antisemiti, unico aggettivo in grado di qualificare chi deride un tifoso avversario appellandolo “ebreo”, siano perseguitati e condannati e non ci sia spazio per alcuna ambiguità, soprattutto nei nostri tribunali». Il vice presidente del Csm, Legnini, pur non potendo entrare nel merito della decisione del gup Damizia, ha manifestato la sua solidarietà alla comunità ebraica romana che lo scorso 25 gennaio era stata invitata a Palazzo dei Marescialli per celebrare la Giornata della memoria. Ma ora, quando ci prepariamo a celebrare gli 80 anni dalle leggi razziali (1938), la vice presidente della comunità romana, Claudia Fellus, sollecita una riflessione collettiva: «Da anni assistiamo a un tifo da stadio xenofobo, razzista e antisemita. Se le curve diventano sempre più terra di nessuno, il problema è solo delle comunità ebraiche? O della società italiana?».