13 Aprile 2019

Polemiche anti-Semite di Julian Assange

Fonte:

www.jns.org

Autore:

Ben Cohen

L’antisemitismo di Assange rivisitato

Il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, ha parlato di ebrei diverse volte, con semplice e sentita avversione. Ciò che lo tormenta di più degli ebrei è la loro nota pratica di denigrare i critici come “antisemiti” e la loro penetrazione nel sistema.

(13 aprile 2019 / JNS) Quando il fuggitivo fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, si rintanò nell’ambasciata ecuadoriana a Londra sette anni fa, “Brexit” era una parola sconosciuta, Donald Trump era ancora ospite a “The Apprentice” e l’accordo sul nucleare iraniano era solo un luccichio negli occhi del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Così quando, la settimana scorsa, gli agenti di polizia britannici portavano un Assange in orizzontale fuori dalle porte dell’ambasciata e in un mondo molto cambiato dall’ultima volta che respirò l’aria fresca del mattino, non si poteva fare a meno di pensare che quei cambiamenti non sarebbero stati proprio gli stessi senza il suo contributo.

Questa osservazione non dovrebbe essere presa come un’ espressione di ammirazione. Tra i suoi molti detrattori, Assange è stato varie volte dipinto come un pagliaccio, un subdolo maniaco sessuale, una marionetta russa (qualcuno potrebbe addirittura dire “operativa”) e un drogato di pubblicità senza scrupoli. Quell’immagine che non è  per niente alleviata dai racconti sull’andare su uno skateboard lungo corridoi stretti, giocare a calcio al coperto con amici in visita e minacciare verbalmente le guardie di sicurezza – a quanto pare tra i meno odiosi comportamenti esibiti da Assange durante il suo soggiorno all’ambasciata.

Comunque, niente di tutto ciò cambia il fatto che Assange sia un influencer. Attraverso la divulgazione di comunicazioni private di governi e leader politici, ha sostenuto l’idea che la politica nell’era digitale è un gioco particolarmente sporco di piste di denaro oscuro, funzionari pubblici corrotti, ignobili violazioni della privacy individuale e una politica estera che è di proprietà di società e interessi particolari. Mentre Assange verosimilmente affronta lunghe procedure di estradizione nel Regno Unito e quindi un possibile processo penale negli Stati Uniti, quei temi emergeranno ancora e ancora, principalmente per rafforzare la sensazione tra i suoi sostenitori che Assange è un combattente per la libertà di parola e un diffusore di verità sul potere.

Assange sa per esperienza che il suo modo di vedere il mondo combacia con quello di molte persone. È stata una visione del mondo che ha intercettato l’insoddisfazione pubblica, che ha influenzato due test elettorali chiave nel mondo occidentale nel 2016: le elezioni presidenziali negli Stati Uniti e il referendum britannico sull’uscita dall’Unione Europea. Assange e il suo progetto WikiLeaks hanno fornito prove empiriche  altrettanto valide per politici diversi, come Trump, il contendente democratico del Vermont Senatore Bernie Sanders, il sostenitore della Brexit Nigel Farage e il leader del Partito laburista britannico Jeremy Corbyn, per rappresentare “élite” cosmopolite, transnazionali e irresponsabili come presunta fonte del marcio nella vita pubblica.

Criticamente, Assange non appartiene politicamente alla destra o alla sinistra perché parla con entrambe le parti; si rivolge ancora di più ai loro estremi. Sotto molti aspetti, Assange personifica uno spirito dei tempi in cui argomenti realmente divisivi e importanti sui limiti della sovranità nazionale – o l’erosione della privacy personale per esigenze di sicurezza nazionale – sono stati intensificati da affermazioni più particolari sulle conoscenze dello “stato profondo”, o lo straordinario influsso degli “interessi particolari” abbastanza svegli da evitare il giudizio pubblico.

Non tutti quelli che vedono il mondo in questi termini piuttosto brutali sono antisemiti, naturalmente. Ma poiché l’antisemitismo è essenzialmente una fantasia cospirativa, coloro che ne sono afflitti tendono a gravitare verso i poli politici dove le loro ansie sul potere ebraico ricevono maggiore simpatia.

Assange stesso ha parlato di ebrei diverse volte, con semplice e sentita avversione. La prima occasione fu nel 2011, quando telefonò a Ian Hislop, l’editore della rivista satirica britannica Private Eye, per lamentarsi di un pezzo che evidenziava l’amicizia di Assange con un noto personaggio di nome Israel Shamir. (Un ebreo russo convertito al cristianesimo ortodosso, negli ultimi 20 anni Shamir ha scritto pazze missive che denunciavano ebraismo e sionismo, principalmente per siti web di estrema destra). Arrivando al punto, disse Assange, Hislop si era unito a una cospirazione internazionale contro WikiLeaks guidata da giornalisti, tutti i quali, sottolineò Assange, “sono ebrei”. Quando Hislop sfidò questa evocazione da classico cliché antisemita, Assange subito rispose: “Lascia perdere la questione ebraica.”

Ma Hislop non dimenticò, e Assange lo accusò prontamente – come è la moda tra quelli accusati di fare dichiarazioni antisemite – di impegnarsi in una campagna diffamatoria. Coloro che diedero ad Assange il beneficio del dubbio in quell’occasione si trovarono, tuttavia, disorientati nel 2013, quando James Ball, dipendente di WikiLeaks, si dimise dall’organizzazione proprio a causa del rapporto di Assange con Shamir, che descrisse come “uno scrittore antisemita … e un uomo con legami e amici nei servizi di sicurezza russi.” Poi, nel 2016, nel quadriennio della sua residenza presso l’ambasciata ecuadoregna, Assange raccolse sui social-media il meme di mettere parentesi, che simboleggiano una cassa di risonanza, su entrambi i lati dei nomi degli scrittori ebrei.

“Simbolo tribale per gli scalatori dell’istituzione? La maggior parte dei nostri critici hanno 3 (((parentesi intorno al proprio nome))) e hanno gli occhiali con montatura nera. Curioso”, disse Assange su Twitter, in un normale esempio di  avvertimento antisemita. Poco dopo, e assaggiando la sua stessa medicina, un messaggio privato inviato da Assange in cui insultava il giornalista ebreo Raphael Sutter era finito online. “È sempre stato un ratto”, disse Assange di Sutter. “Ma è ebreo e impegnato con la ((()))) questione.”

Sembrerebbe, quindi, che ciò che più agita Assange riguardo gli ebrei sia la loro selettività e il loro tribalismo, la loro abitudine di restare uniti politicamente, la loro nota pratica di denigrare i critici come “antisemiti” e la loro penetrazione nelle istituzioni. Probabilmente non è una coincidenza che queste presunte caratteristiche siano proprio ciò che anche Shamir detesta degli ebrei, come sarà dimostrato da una rapida lettura dei suoi deliri. Quando inizierà il prossimo capitolo della saga di Assange, che è già stato definito dai fedeli di WikiLeaks come il processo del secolo, con il loro eroe imbavagliato da una bandiera americana – preparatevi a qualcosa di più.