15 Maggio 2018

Pierre-André Taguieff analizza le teorie del complotto

Fonte:

www.crif.org

Autore:

Pierre-André Taguieff

Taguieff analizza le teorie del complotto

Il filosofo e storico delle ideologie Pierre-André Taguieff analizza la cospirazione, questa malattia in piena recrudescenza.

  • Pierre-André Taguieff ha appena pubblicato Judéophobie, la dernière vague (Parigi, Fayard).

L’Express: Perché, come rivelano recenti studi di opinione, oggi le teorie del complotto seducono così tante persone? Perché ricorrono a meccanismi mentali inerenti a ciò che chiamate “populismo nazionale”?

P-A. T .: La passione della rivelazione e della denuncia dei poteri occulti è comune agli spiriti cospirazionisti e agli individui sensibili a questa forma moderna e contemporanea di demagogia che è chiamata, a torto o a ragione, populismo. Da una parte, lo definisco come uno stile politico che consiste in un appello al popolo contro le élite più o meno criminalizzate e, dall’altra, in una sacralizzazione del popolo, adornato di tutti i pregi , che dovrebbe essere ingannato costantemente dalle élite ciniche e corrotte. Un popolo intrinsecamente buono, vittima innocente di “quelli dei piani alti”. Questa visione di una società dualistica e conflittuale implica un focus sulla sovranità popolare e un’indifferenza al pluralismo nonché allo stato di diritto. Da qui questa caratterizzazione paradossale: l’ideale politico del populismo è un’iperdemocrazia autoritaria. Perché se il popolo ha sempre ragione, per coloro che parlano o governano in suo nome, ogni opposizione diventa criminale.

Oggi, la parola “populismo” è messa in tutte le salse. Impiegato indistintamente come sinonimo di “estrema destra”, il termine ha in gran parte perso il suo valore concettuale. Ciò detto, e questo è il punto essenziale, la tendenza a pensare agli avvenimenti come a segni di complotti organizzati da forze ostili rimane presente negli ambienti nazionalisti, in Europa come altrove.La nuova grande questione è quella dell’aumento dei nazionalismi, che a torto si credeva appartenessero a un passato superato a seguito dell’entrata nella globalizzazione degli scambi, che avrebbe dovuto indebolire definitivamente il sentimento nazionale. In altre parole, i populismi identitari sono più mobilizzatori dei populismi contestatari.

Nelle forme miste contemporanee di nazionalismo e populismo, osservabili in Europa dall’inizio degli anni ’80, e quindi nelle figure del nazional-populismo autoritario, l’offerta ideologica ruota attorno all’identificazione e alla demonizzazione di organizzatori e operatori di presunti complotti contro popoli o nazioni. Si tratta di complotti “dei piani alti”, attribuiti ai potenti o ai dominanti, in particolare alle élite dirigenziali e ai governi, ma anche che dovrebbero arrivare da qualche altra fonte, attribuiti a gruppi internazionali o poteri transnazionali finalizzati a imporre la propria volontà sugli stati-nazione, per rendere questi ultimi dipendenti, se non addirittura a dissolverli in entità più grandi.

La cospirazione postula l’azione nella storia delle forze nascoste, oscure …

Il pensiero della cospirazione si basa su un postulato; tutto ciò che accade è stato voluto da poteri invisibili. Soprattutto, consiste nell’assegnare intenzioni consapevoli e interessi reali ai soggetti che dovrebbero cospirare e che avrebbero raggiunto i loro obiettivi, e ciò, al fine di spiegare certi eventi preoccupanti o traumatici, che possono essere inventati da zero. Di solito, sono semplicemente immaginati sulla base di “notizie false” diffuse su Internet, che devono la loro seduzione all’andare contro alle informazioni fornite dai media “ufficiali”.

In tutti i casi, si tratta di rispondere alla domanda “Chi trae vantaggio dal crimine?”, indicando dei colpevoli il cui profilo è conforme alle aspettative ideologiche. Se oggi le narrative sulla cospirazione sono così attraenti, è perché rispondono a un bisogno psicologico di ordine e intelligibilità che continua ad aumentare in un mondo il cui cammino è indecifrabile e causa di ansia. Le passioni motrici di coloro che credono a complotti fittizi sono, da una parte, il malcontento per le spiegazioni date per gli avvenimenti e, dall’altra, la paura, che può trasformarsi in angoscia di fronte a segnali premonitori di un disastro. Da qui l’effetto perverso delle pseudo-spiegazioni del complotto che, destinate a scongiurare le paure, conferiscono loro una prospettiva apocalittica.

I complessi meccanismi della globalizzazione sono oggetto di molte fantasie. Possiamo ancora essere contro la globalizzazione e resistere alla cospirazione?

È ovviamente possibile criticare la globalizzazione in uno o nell’altro dei suoi aspetti senza cadere nella cospirazione, che riduce il complesso al semplice e denuncia i colpevoli immaginari invece di identificare e analizzare le cause oggettive. Un esame critico ponderato, che si avvalga di argomentazioni razionali, di taluni processi coinvolti dalla globalizzazione, è possibile e del tutto legittimo. Lo stesso vale per la critica dei suoi effetti negativi. Queste analisi critiche e valutative, tenendo conto della complessità dei processi in interazione, non hanno niente a che fare con la demonizzazione generale della “globalizzazione” che presuppongono molte narrative complottiste raffigurandola come il nemico assoluto. Quando ci rifiutiamo di cedere al canto delle sirene che intonano gli ideologi della “globalizzazione felice”, non siamo destinati al semplicismo e al manicheismo. Osservo, tuttavia, che negli scritti “anti-globalizzazione” di sinistra come di destra, la “globalizzazione” è spesso essenzialista e denunciata come se da sola incarnasse il causa-effetto malefico. Permettendo così di ridurre tutti i nemici ad un solo nemico. Nella retorica islamista, ad esempio, il nemico è l'”alleanza giudeo-crociata”, attorno alla quale gravitano i nemici secondari. In alcune correnti di sinistra, è l'”asse americano-sionista” a svolgere questo ruolo, accanto alla “finanza internazionale” o al “capitalismo globalizzato”. Altri suggeriscono che ci sarebbe un’alleanza nascosta tra gli Stati Uniti e il Daesh.

Per comprendere il successo delle credenze complottiste, dobbiamo supporre che rispondano a una richiesta di significato e coerenza: per i seguaci del complottismo il nemico invisibile e malefico spiega tutte le disgrazie degli umani e, allo stesso tempo, re-incanta il mondo, seppure popolandolo di demoni. È difficile dissipare le illusioni quando funzionano da nutrimento psicologico. Le menti complottiste hanno a cuore le loro false credenze.

Perché Israele incentra su di sé un intero immaginario cospirativo?

I nomi “Israele” e “Sionista” tendono da mezzo secolo a sostituire il nome “ebreo”. Dobbiamo tornare alle origini della giudeofobia per capire perché Israele è percepito come la testa di un complotto internazionale. Qui sono necessari alcuni riferimenti storici. La finalità del complotto ebraico contro la società cristiana è storicamente costituita intorno all’accusa di avvelenare fontane e pozzi, che spuntò nel 1321 in Aquitania mediante l’invenzione di un complotto giudeo-lebbroso. Durante l’inverno del 1321, questa accusa di cospirazione valse ai lebbrosi il massacro, con l’approvazione di Filippo V detto il Lungo, re di Francia. La cronaca del monastero di Santa Caterina (Mont-Saint-Aignan) riporta i fatti che definiscono, sulla base delle confessioni dei lebbrosi, i due temi dell’accusa contro di loro: se hanno cospirato, è allo stesso tempo per uccidere i non lebbrosi e per dominare il mondo. La tesi del complotto massonico o massonico-filosofico per spiegare la Rivoluzione Francese è un’invenzione dell’abate Lefranc, nel 1791-92, ripresa e sviluppata dall’abate Barruel nel 1797-99 nelle sue Memorie, per essere utilizzata nella storia del giacobinismo. La sua tesi centrale è che la Rivoluzione Francese fu preparata da una cospirazione che associava gli Enciclopedisti, i Massoni e gli Illuminati di Baviera, presumendo che i Massoni, eredi dei Cavalieri dei Templari, fossero gli “strumenti inconsci del complotto ordito dai Templari”. Da qui la leggendaria cospirazione che continua a riemergere: quella degli “Illuministi”. È la fusione del complotto ebraico e massonico che alimenta l’immaginario della cospirazione durante il XIX secolo.

E chi nutre l’ideologia anti-repubblicana …

Il complotto ebraico si trasforma quindi in una cospirazione internazionale, sia per una rielaborazione della cospirazione massonica venduta dai teorici controrivoluzionari, così è nato il “complotto giudaico-massonico”, sia, negli ambienti socialisti e rivoluzionari, sulla base del complotto plutocratico o capitalista evidenziato dalla famiglia Rothschild, che costituirà il “complotto giudeo-capitalista”. Fin dal 1918-19 apparve una terza figura, basata sulla polemica equiparazione dei bolscevichi agli ebrei: quella del complotto “giudeo-bolscevico”. Nel ventesimo secolo, la visione del grande complotto ebraico mondiale trova il suo principale vettore nella famosa falsificazione anti-ebraica conosciuta come i Protocolli dei savi di Sion, un documento pubblicato per la prima volta in Russia alla fine di agosto / inizio settembre 1903 sotto il titolo “Programma della conquista del mondo da parte degli ebrei” (sottotitolo: “Protocolli delle sedute dell’alleanza mondiale tra massoni e savi di Sion “). Fino al 1939, la propaganda nazista ha usato massicciamente la contraffazione. Dopo la creazione dello Stato di Israele, i Protocolli hanno avviato una nuova carriera nel mondo arabo-musulmano, specialmente in Egitto sotto il regno di Nasser. L’obiettivo era demonizzare lo stato ebraico, venduto come direzione centrale del “complotto sionista mondiale”.

L’israelofobia è solo la punta visibile dell’anti-sionismo che, nelle sue forme radicali, mira alla distruzione dello stato ebraico. La denuncia del “complotto mondiale sionista” è il prodotto di un retaggio dell’antisemitismo europeo che, dagli anni ’20, è stato progressivamente globalizzato, prima di diventare sempre più islamico dagli anni ’50. Le vittime immaginarie del paleo-complotto ebraico erano i cristiani. Quelli del grande “complotto sionista” sono prima di tutto i palestinesi, gli arabi e più in generale i musulmani. Si osserva che la maggior parte delle accuse stereotipate contro gli ebrei sono proiettate su Israele: odio per l’umanità, tendenze criminali, volontà di dominare il mondo, propensione a cospirare, mentire e manipolare le opinioni, razzismo (“apartheid”) e imperialismo.

Quali sono le forme contemporanee dei Protocolli dei savi di Sion?

Pubblicati in Russia in diverse versioni (1903, 1905 e 1906), i Protocolli dei savi di Sion, dall’inizio degli anni ’20, quando cominciano a essere tradotti nella maggior parte delle lingue europee, funzionano come uno stock di stereotipi anti-ebraici. Dobbiamo distinguere tra la circolazione internazionale del famoso falso e l’uso delle sue forme derivate, adattate ai diversi contesti. I propagandisti diffondono temi d’accusa, credenze e rappresentazioni antiebraiche che attingono, a volte senza saperlo, ai Protocolli, che rivelano l’esistenza di un grande complotto internazionale giudaico-massonico o “sionista” volto a conquistare il mondo attraverso i mezzi più diversi al fine di dominare l’umanità non ebraica. Nei paesi arabo-musulmani, i sermoni del venerdì fanno spesso riferimento ai Protocolli o si ispirano ad essi per denunciare gli illeciti degli ebrei che “governano l’America” e quindi il mondo (poiché “l’America governa il mondo”) orchestrando la disinformazione in tutto il mondo.

In Francia, l’agitatore anti-ebraico Alain Soral effettua costantemente variazioni sul tema del complotto, ottenute dal famoso falso. Nemico dichiarato della “storia ufficiale” divulgata dall’ “Impero”, Soral le oppone la sua visione del mondo, centrata sulla denuncia della “dominazione ebraica”, il dominio di “questa comunità ebraica organizzata internazionale che oggi regna sul mondo occidentale”, espressione dell’ “ascesa” del “capitalismo finanziario”. E proclama il 14 marzo 2018 davanti alla XVII sezione della Corte d’appello del Tribunal de grande instance di Parigi:

“Il giudaismo contemporaneo, il giudaismo talmudo-sionista, è proprio una religione d’odio, bellicosa e razzista. Lo stato di Israele è la dimostrazione, la realizzazione pratica. (…) Denunciamo questi fanatici razzisti e dominanti. Basta con la tirannia della minoranza! Di questa minoranza che, per continuare a regnare, spinge all’odio tutte le minoranze dietro di sé: femministe, giovani, gay, immigrati … conducendo questo paese al caos!” Soral sembra davvero credere nel messaggio diffuso dai Protocolli: per lui, I savi di Sion dominano il mondo. Ma Soral è solo uno degli innumerevoli sostenitori professionisti, su Internet, della visione cospirativa veicolata dai Protocolli.

Quali sono i collegamenti storici del Front National con le teorie cospirative?

Il primo Front National, quello in cui Jean-Marie Le Pen era il leader carismatico, riuniva dirigenti e militanti nazionalisti la cui formazione politica doveva molto alla lettura dei testi di cospiratori professionisti come Henry Coston, Jacques Ploncard d’Assac, Leon de Poncins o Jacques Bordiot, delatori del “governo invisibile” o “governo mondiale” occulto, della “finanza internazionale” o “alta finanza”. Il loro maestro fu Edouard Drumont, l’autore di La France Juive (1886). I loro successori fin dagli anni ’80 furono i giornalisti Yann Moncomble e Emmanuel Ratier, scrittori cospirazionisti ampiamente letti negli ambienti lepénisti. È anche necessario tener conto dell’influenza diffusa della cultura della politica maurrassiana, della quale gli ambienti lepénisti hanno mantenuto soprattutto la famosa teoria dei “quattro stati confederati”, riunendo ebrei, protestanti, massoni e “meticci” (sostituiti dagli immigrati), a cui un ideologo nazional-cattolico come Jean Madiran ha aggiunto i comunisti. Il romanziere e oratore François Brigneau, in National-Hebdo, ha dato un colore letterario alla denuncia-litania dei nemici interni alla Francia reale.

Con questi retaggi ideologici, i feroci difensori della nazione francese quali l’identità e la sovranità hanno costruito le mosse del loro nemico, denominato “internazionalismo”, “cosmopolitismo” o “globalizzazione”. Questo nemico ha come primo attributo di essere più o meno mascherato e di agire in segreto, tradendo la “Francia francese” a favore delle forze straniere. La sua natura è quindi quella di complottare contro la Francia e il popolo francese, crocifissi dagli scagnozzi di Satana. La denuncia eufemistica del “complotto giudaico-massonico” avviene attraverso la chiamata in causa delle “lobbies” che costituiscono la grande “lobby globale”. L’11 agosto 1989, intervistata dal giornale Présent (diretto da Jean Madiran), Jean-Marie Le Pen denuncia “le forze che mirano a stabilire un’ideologia globalista” e si riferisce in particolare a “la Massoneria”, “la Trilaterale” e “l’Internazionale Ebraica”: “I grandi internazionali, come l’Internazionale Ebraica, svolgono un ruolo significativo nella creazione di questo spirito antinazionale.

Direi che è quasi naturale che forze strutturalmente e fondamentalmente internazionali si scontrino con gli interessi nazionali”. Per Le Pen, il nemico occulto della nazione francese è per natura, internazionale. Un opuscolo pubblicato nel gennaio 1990 dal giornale Présent reca un classico titolo da cospirazionismo: Ciò che non vogliono farvi sapere. Ampiamente distribuito e più volte ripubblicato, è dedicato alla denuncia del B’nai B’rith, un’associazione eretta a “lobby giudaico-massonica” che dovrebbe guidare la politica francese, secondo Le Pen, che ha dichiarato a proposito dei partiti al potere (la “banda dei quattro”): “Essi si sottomettono agli ordini del B’nai B’rith”. La sopravvalutazione del potere del nemico fantasticato è uno dei tratti del pensiero cospirazionista.

Diffamando l’insieme dell’universo mediatico francese, Jean-Luc Mélenchon fornisce a sua volta un complotto, o tenta tatticamente un modo di ragionare che piace a molti dei suoi sostenitori?

La denuncia della cospirazione dei potenti, dei ricchi o dei dominanti fa parte del repertorio politico-culturale dei demagoghi fin dall’antichità, la loro strategia consisteva nel sensibilizzare le masse contro le élite al potere per prendere il potere. La denuncia dei complotti (immaginari) degli stati ha iniziato la sua carriera retorica negli anni ’50, senza eliminare i complotti fittizi attribuiti a gruppi minoritari trainanti, essi stessi più o meno chimeriche. Quella dei complotti organizzati dagli ambienti della “finanza internazionale”, nuova figura del nemico assoluto dei “popoli” che incarna il Capitale predatore e parassita internazionale, fonde queste diverse tradizioni. Il nuovo spirito anticapitalista, di stile populista perché “anti-sistema” e anti-élite, è qui nel suo elemento. Si esprime tra l’altro nella convinzione, ampiamente diffusa, che esiste un “partito mediatico” al servizio di una “casta” o di una “oligarchia internazionalista”, o di un un “imperialismo”, sempre lo stesso, “l’impero americano”.

Ci sarebbe da meravigliarsi che un tribuno del popolo così eloquente come Jean-Luc Mélenchon, ansioso di raggiungere il potere, possa ricorrere a credenze cospirazioniste che funzionino. Di qualsiasi evento, racconta storie che coniano un solo grande racconto, che mette in scena un mostro a malapena nominabile, qualcosa come un vampiro ubiquista dal volto globalizzato dedito a succhiare il sangue dei popoli e in particolare quello dei francesi. Si colloca così nel registro delle vittime, sapendo che la credenza nel mito del popolo-vittima è ampiamente condivisa e suscita indignazione e rabbia, odio e risentimento, mobilitando passioni. Un demagogo esperto può essere intelligente e colto. Questo è il caso del leader della France Insoumise. Essendo privo della facoltà di sondare le anime per stanare profonde convinzioni, mi accontenterò di un’ipotesi, quella di un certo machiavellismo del tribuno: con una buona dose di cinismo, Mélenchon, recitando il suo ruolo di “dissidente”, adatta il suo discorso ai valori e alle aspettative del suo pubblico, riunendo tutti coloro che si mostrano risolutamente increduli di fronte alle promesse della “felice globalizzazione” attraverso la “start-up nation”. Ma, desiderando sedurre a tutti i costi questa potenziale maggioranza, si assume il rischio di deluderli per apparire semplicemente astuto e ingannevole. Non penso che aderisca veramente alle sue dichiarazioni di cospirazione. Sembra sollecitarli solo per fare un po’ di scena.

Lo stesso vale per il suo incitamento all’odio nei confronti dei media “ufficiali”, quando osa dichiarare che “l’odio dei media e di coloro che vi prendono parte è giusto e sano”. Non sono neanche sicuro che stia prendendo sul serio quello che gli sussurrano i pappagalli di sinistra intorno a lui, nella fattispecie rappresenterebbe un moralista “populismo di sinistra”, una chimera neo-péronista a cui i marxisti disorientati si aggrappano, che non credono più nella Grand Soir e ormai ammirano l’erede dell’autocrate Chávez, lo sfacciato Nicolás Maduro, infaticabile carnefice dell’imperialismo yankee. Secondo Mélenchon, il futuro radioso dovrebbe essere un chavismo alla francese? Immaginiamo i deputati di La France Insoumise gridare a squarciagola in parlamento il “Padre nostro” in versione chavista, così come è stato recitato il 1 ° settembre 2014 in chiusura del “primo seminario di formazione socialista” organizzato dal Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV): “Chavez nostro, che sei in Paradiso (…) Non lasciarci entrare in tentazione con il capitalismo e liberaci dal male dell’oligarchia”.

Come interpreta la reazione di Jean-Luc Mélenchon nei confronti del Crif, in seguito alla “marche blanche” per onorare Mireille Knoll il 28 marzo 2018 a Parigi, in cui è dovuto andare via?

Il 2 aprile 2018, nel suo articolo intitolato “Il giorno della vergogna” pubblicato sul suo blog “L’ère du peuple”, il leader della France Insoumise ha denunciato con vigore il Crif in quanto “setta di gruppi minoritari”, colpevole di “lealtà di fondo a un governo straniero e alla sua politica”. Su questo tema, non vediamo ciò che lo distingue da un Dieudonné o un Soral. Ma il deputato “ribelle” giocando a fare l’indignato non si è attenuto all’accusa di doppia lealtà. È noto che, tra le forme derivate dalla vecchia accusa di omicidio rituale, la rappresentazione stigmatizzante dell’esercito israeliano quale “un esercito di assassini” che uccide innocenti bambini palestinesi sembra essere la più comune. La si trova quanto nella propaganda palestinese e islamista, come nella propaganda anti-sionista di estrema sinistra.

Non sorprende quindi vedere Mélenchon concludere il suo articolo “anti-sionista” con un riferimento in codice alle vittime palestinesi del Tsahal, nascondendo il fatto che erano essenzialmente provocatori e attivisti di Hamas, desiderosi di fabbricare “martiri” per nutrire la loro propaganda. Il leader Maximo alla francese scrive: “(…) in Palestina un esercito di assassini sparava [sic] su una folla indifesa”. Questa è l’immagine della propaganda diffusa da Hamas: una “folla pacifica” che, manifestando per chiedere legittimamente il rispetto del suo “diritto al ritorno” (la “Marcia del Ritorno”), viene massacrata da assassini professionisti ebrei. I palestinesi vengono pertanto essenzializzati in un popolo di vittime, e di vittime innocenti.

Il 6 aprile 2018, condannando i leader di Hamas che hanno organizzato la mediàtica della “Marcia del ritorno”, Mahmoud Habbache, consigliere di Mahmoud Abbas, non ha usato mezzi termini: “Ci rendiamo conto che vendono illusioni, che commerciano sulle sofferenze delle persone e persino sul loro sangue.” Mélenchon non reagisce da amico dei palestinesi: si limita a ribadire le chiacchiere della propaganda vittimaria di Hamas. “Un esercito di assassini”: questa caratterizzazione criminalizzante, mai l’indignato Mélenchon avrebbe osato applicarla a un altro esercito nazionale. Israele è l’unico stato nazionale così trattato. Eccoci dunque a uno stigma di criminalizzazione particolarmente selettivo. Comunque sia, il riciclaggio di vecchie storie mitiche sembra infinito. Il tema dell’omicidio rituale ebraico rimane nell’aria, qui come altrove, nella Russia di Putin come a Gaza.

  • Sulle teorie del complotto, Pierre-André Taguieff, direttore della ricerca presso il CNRS, ha pubblicato: La Foire aux “Illuminés”. Ésotérisme, théorie du complot, extrémisme, Paris, Fayard/Mille et une nuits, 2005; L’Imaginaire du complot mondial. Aspects d’un mythe moderne, Paris, Fayard/Mille et une nuits, 2006; Court Traité de complotologie, suivi de Le “complot judéo-maçonnique”: fabrication d’un mythe apocalyptique moderne, Paris, Fayard/Mille et une nuits, 2013; Pensée conspirationniste et “théories du complot”. Une introduction critique, Toulouse, Uppr Éditions, e-book, 2015 (éd. papier, 2016).
  • Sulla questione del populismo, ha pubblicato: L’Illusion populiste. Essai sur les démagogies de l’âge démocratique, Paris, Flammarion, 2007; Le Nouveau national-populisme, Paris, CNRS-Éditions, 2012 ; La Revanche du nationalisme. Néopopulistes et xénophobes à l’assaut de l’Europe, Paris, PUF, 2015.