Fonte:
Corriere della Sera
Autore:
Gian Guido Vecchi
«Gli ebrei sono fratelli, basta minacce»
Papa Francesco sull’antisemitismo: perseguitare questo popolo non è umano né cristiano
«Nella storia tante brutalità contro di loro, eravamo convinti che questo fosse finito»
CITTÀ DEL VATICANO Si torna a perseguitare gli ebrei, l’orrore di una storia millenaria non è finito. La denuncia di Papa Francesco è netta, scandita ai fedeli durante l’udienza generale del mercoledì in piazza San Pietro. Il pontefice ne parla a braccio, mentre legge la sua catechesi sugli Atti degli Apostoli e l’arrivo a Corinto di San Paolo, «trovò ospitalità presso una coppia di sposi, Aquila e Priscilla, costretti a trasferirsi da Roma a Corinto dopo che l’imperatore Claudio aveva ordinato l’espulsione dei giudei…». E qui che Francesco alza lo sguardo sulla piazza e aggiunge: «Il popolo ebraico ha sofferto tanto, nella storia. È stato cacciato via, perseguitato… Nel secolo scorso abbiamo visto tante, tante brutalità che hanno fatto al popolo ebraico, e tutti eravamo convinti che questo fosse finito. Ma oggi incomincia a rinascere qua, là, là, l’abitudine di perseguitare gli ebrei. Fratelli e sorelle, questo non è né umano né cristiano. Gli ebrei sono fratelli nostri e non vanno perseguitati. Capito?». Le parole del Papa arrivano in un momento nel quale si II pontefice Papa Francesco, 82 anni, è salito al soglio pontificio il 13 marzo 2013 moltiplicano gli atti di antisemitismo in tutta Europa, e in Italia la senatrice a vita Liliana Segre è stata costretta ad avere una scorta per le minacce ricevute: una donna che è tra i testimoni più alti della Shoah e ha tatuato sul braccio il numero 75190, «non si cancella, è in me, sono io il 75190». Del resto accade da tempo, lo stesso Francesco aveva già messo in guardia il Vecchio Continente dal ritorno dell’odio contro gli ebrei. Un anno fa, il 23 settembre 2018, visitò la Lituania e parlò a Vilnius, la «Gerusalemme del Nord», dove il 96 per cento dei duecentomila ebrei lituani fu sterminato dai nazisti. Un mazzo di rose gialle, due minuti di preghiera silenziosa nel luogo dove sorgeva il Grande Ghetto — quarantamila persone — liquidato dai tedeschi il 23 settembre 1943. Quel giorno, dalla periferia dell’Europa, il Pontefice aveva avvertito del pericolo: «Come si legge nel Libro della Sapienza, il popolo ebraico passò attraverso oltraggi e tormenti. Facciamo memoria di quei tempi, e chiediamo al Signore che ci faccia dono del discernimento per scoprire in tempo qualsiasi nuovo germe di quell’atteggiamento pernicioso, di qualsiasi aria che atrofizza il cuore delle generazioni che non l’hanno sperimentato e che potrebbero correre dietro quei canti di sirena».
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