15 Novembre 2024

Organizzazione giovanile chiede a Liliana Segre di “definire genocidio quello in atto in Palestina.

Fonte:

Libero

Autore:

Massimo Sanvito

I Giovani Democratici processano Liliana Segre: «Definisca genocidio quello in atto in Palestina»

Sul sito della sezione milanese del movimento è comparsa una lettera in cui i ragazzi, spesso in piazza per i cortei pro-Pal, riflettono se sia giusto pretendere che la senatrice a vita si schieri contro lo Stato ebraico

(…) con tre diverse papabili risposte: 1) sì; 2) sì; 3) sì. Non c’è margine di errore per la base giovanile del Pd milanese, quella che sfila per la Palestina nel Giorno della Memoria nonostante il veto del Viminale e quella che invita ai propri convegni personalità del calibro di Francesca Albanese (famosa per l’espressione «lobby ebraica») e Mae al Said (famosa invece per aver festeggiato il 7 ottobre con queste parole: «Oggi scrivo il capitolo più bello di tutti: quello della rinascita palestinese, di Gaza che rompe le mura della prigione, dell’oppresso che si ribella e scopre cos’è la paura»). Le tre opinioni a confronto, vergate da altrettanti militanti dem, partono dal gran rifiuto della senatrice a vita a definire come “genocidio” le operazioni militari di Israele a Gaza. «Non intendiamo attaccare Liliana Segre, che è stata vittima di alcuni indecenti attacchi durante una manifestazione», premettono i giovani piddini. Ma a colpirli, guarda caso, «è stato il suo rifiuto a definire il massacro israeliano con l’appellativo di “genocidio”». Il cortocircuito è servito. E così, la tesi messa nero su bianco del primo dei tre iscritti che hanno deciso di cimentarsi sulla materia è tranchant: «Quando afferma che definire “genocidio” quanto sta accadendo a Gaza è una bestemmia, mi chiedo se non sia importante riflettere sulla maniera in cui i termini e le parole utilizzate possano influenzare la percezione delle tragedie attuali». E ancora: «Chi soffre oggi non merita forse lo stesso livello di compassione e giustizia?». Infine l’equiparazione tra epoche diverse: «Le sofferenze vissute dagli ebrei durante l’Olocausto e quelle dei civili palestinesi non sono opposte o gerarchiche, ma parte di un’esperienza comune di dolore». Il secondo “tema” parte invece dal fatto che «no, non è necessario che Liliana Segre “in quanto ebrea” si dissoci dagli atti di Israele», e fin qui tutto bene, ma «è assolutamente legittimo che la domanda sul rapporto fra l’Olocausto e altri genocidi (o sospetti tali) sia almeno avanzata». Gira che rigira si va a finire sempre Il: sulla rivisitazione storica dei fatti. Non che ciò stupisca, visti i ricorrenti allarmi fascismo che sgorgano dalle fila della sinistra che usa il passato per sentirsi viva. Il terzo e ultimo (per fortuna…) scritto, seppur più morbido rispetto agli altri due, riesce per certi versi ad andare oltre. «Mi stupiscono le persone che si aspettano che ella dica qualcosa di diverso dal sostenere Israele ad oltranza, nonostante gli atti compiuti ai danni dei civili palestinesi», si legge nel preambolo. E poi via di attacchi: «Per lei qualunque azione tale governo compi è giusta e legittima, anche se ciò non è vero nei fatti reali. Da una prigione a cielo aperto Gaza è diventata una tomba a cielo aperto». Alla senatrice Segre, “colpevole” di aver dato degli ignoranti che non conoscono la storia a chi nelle università eventi di matrice israeliana a suon di slogan e insulti, viene persino dato della «donna anziana figlia del suo tempo, con delle idee che ormai sono diventate di marmo, quindi difficili da smussare». L’ultimo militante, in ogni caso, ha la stessa convinzione dei suoi giovani colleghi dem: «Israele non è di certo uno stato non macchiato da nessun crimine ai danni di un popolo, che è stato privato della propria terra, occupata illegalmente». Traducendo le tre tesi, depennando le edulcorazioni verbale, il punto d’approdo è identico: la senatrice a vita deve condannare Israele. E infatti la comunità ebraica salta sulla sedia. «Spero che Liliana non legga mai quel documento, perché lo trovo offensivo e scritto da persone che evidentemente non hanno capito il suo pensiero», dice a Libero Davide Romano, direttore del Museo della Brigata Ebraica. «Fossi in loro mi porrei qualche domanda nel momento in cui dittatori come Khamenei – che quotidianamente uccide donne, ragazzi e persone Lgbt – scrivono una lettera per ringraziare gli studenti per la mobilitazione “Propal”. Non capire che è in corso una guerra tra l’asse Russia-Iran-Hamas contro Ucraina-Europa-Israele vuol dire non avere capito nulla dello scontro tra dittature e democrazie in corso. Come fanno a usare lo stesso linguaggio delle dittature omofobe e misogine?», si chiede. Già, come fanno?

Photo Credits: Libero