Fonte:
Corriere della Sera
Autore:
Liliana Picciotto
Non si può restare inerti di fronte al negazionismo
Capita spesso che si chieda agli studiosi di storia un parere sull’opportunità di una legge contro il negazionismo (la negazione della Shoah). lo però non penso che sia la comunità degli storici, cui appartengo, a dover rispondere. Non stiamo infatti parlando di storia, né di interpretazioni storiche contrapposte, perché quello dei negazionisti (come l’inglese David Irving o il francese Robert Faurisson) è un progetto politico e culturale. E’ un disegno inteso a destrutturare ciò che tutti noi, cittadini di buona volontà, ebrei e non ebrei, abbiamo cercato di costruire dal dopoguerra. Un’idea di convivenza, di solidarietà, di conflitti tenuti sotto controllo, un mondo insomma più vivibile rispetto al passato. Il progetto negazionista indica la strada dello scetticismo programmatico, dell’offesa alla dignità umana, della malevola interpretazione del nostro passato. Penso che sia un grave errore lasciarlo propagare nelle aule delle scuole e delle università. I nostri ragazzi hanno il diritto di essere tutelati nel coltivare valori di convivenza, di solidarietà, di altruismo, di senso civico e noi abbiamo il dovere di difendere questo loro diritto. Molti intellettuali chiedono, non senza fondamento, che il progettato disegno di legge contro il negazionismo non prosegua il suo iter, in nome della libertà di opinione e di ricerca storica. Ma attenzione! Così avremmo salvato la dignità del nostro sapere, ma avremmo compromesso fortemente la nostra possibilità di indicare ai giovani che cosa sia il male da non ripetere mai più. Ci aspettano scelte difficili, ma non possiamo permetterci di tollerare il proliferare di falsità e pensare di combatterle con le nostre corrette argomentazioni e con la cultura. È una questione di grado di civiltà raggiunta e noi non siamo pronti. La libertà non può essere senza limiti e trasformarsi in licenza di insultare. Non so quale sia la formula giuridica migliore per fermare i negazionisti. Mi rendo conto che una legge potrebbe essere inefficace, perché la materia è troppo magmatica per poter essere definita univocamente: pure, essa avrebbe un forte valore simbolico, una specie di dichiarazione di intenti di un ipotetico codice etico virtuale condiviso. Del resto, non abbiamo già un Comitato nazionale di bioetica, chi si scandalizza per quello?