Fonte:
il Manifesto
Autore:
Guido Caldiron
Il rapporto elaborato a Strasburgo Europa, cresce l’islamofobia e torna l’antisemitismo
Sono poche decine di pagine, ma la fotografia che ne esce non potrebbe essere più sinistra. Stretta tra i bisogni umanitari frutto dell’arrivo sempre più consistente di profughi e migranti che fuggono guerre, violenza e miseria, la minaccia del terrorismo fondamentalista che è riuscito a colpire fin nel cuore di Parigi, immersa in un clima di insicurezza e sfiducia che è spesso frutto delle rigide politiche di austerity subite negli ultimi anni dai settori più deboli delle sue società, l’Europa vede letteralmente nero. Il rapporto annuale della Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza, Ecri, diffuso ieri a Strasburgo (www.coe.int/ecri), fotografa minuziosamente la situazione e ne restituisce un quadro d’insieme che indica senza mezze misure come nei paesi del Vecchio continente discriminazioni e atti di intimidazione o di vera e propria violenza razziale siano diventati una costante. I dati raccolti nel corso del 2015, anno che ha già visto la presentazione da parte dello stesso organismo di analoghi rapporti su alcune specifiche situazioni nazionali, compresa quella del nostro paese, mostrano in particolare il diffondersi in tutta Europa di un «sentimento anti-immigrati sempre più forte» e «l’emergere dell’islamofobia» come caratteristica centrale del nuovo razzismo. A giudizio degli esperti e dei ricercatori indipendenti che hanno redatto il rapporto per conto di questo organismo di tutela dei diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa, il contesto nel quale ci si muove è quello dominato della crisi migratoria dell’ultimo anno e dalle stragi terroristiche compiute nella capitale francese nel novembre del 2015: i principali fattori che hanno influenzato sia il dibattito tra i cittadini che le scelte assunte dalla politica nella maggior parte dei paesi. In questo senso, se in passato l’Ecri denunciava il pericolo di gruppi estremisti e xenofobi, ma minoritari, oggi sotto accusa sono sempre più di frequente «alcuni governi che hanno fatto ricorso a delle misure restrittive o hanno costruito barriere alle frontiere» e che hanno cercato di «dissuadere i migranti e i richiedenti asilo dal fermarsi sul territorio del loro paese», arrivando perfino a «trasformare in un reato l’assistenza ai migranti in situazione irregolare». Facile pensare al muro di filo spinato eretto lungo il confine sud-orientale dell’Ungheria di Viktor Orbán e diventato rapidamente una sorta di triste modello continentale. In alcuni contesti, e in questo caso la Germania è citata esplicitamente, al montare di una generica retorica populista contro la «cultura dell’accoglienza», si sono poi rapidamente affiancati «discorsi apertamente xenofobi e islamobobi, mentre hanno cominciato a moltiplicarsi gli attacchi contro i centri destinati ad accogliere i profughi». L’ostilità nei confronti di chi arriva dalla sponda meridionale del Mediterraneo, si è infatti sempre più spesso arricchita di toni anti-islamici, veicolati in particolare da movimenti populisti di destra, vale a dire dal tentativo di presentare profughi e migranti come in qualche modo assimilabili al terrorismo fondamentalista se non come alleati o complici naturali degli jihadisti del Bataclan. Il rapporto europeo non sottovaluta però come le emergenze che si sono registrate in particolare nella seconda metà del 2015 poggino in realtà su un clima sociale reso già molto difficile dalle «misure di austerity che hanno aggravato la situazione dei gruppi vulnerabili», colpendo da un lato proprio coloro che sono vittime di discriminazioni e xenofobia, le famiglie frutto dell’immigrazione, e favorendo dall’altro il crescere presso altri settori della popolazione di quel risentimento poi veicolato in senso xenofobo da movimenti e partiti di destra. In questo quadro, non stupisce che l’Ecri ribadisca come anche l’antisemitsismo torni a crescere in alcuni paesi, fomentato dai gruppi neonazisti ma anche dai sostenitori del radicalismo islamico.