Fonte:
Moked.it
La mostra alle Terme di Diocleziano “Nove ottobre, un delitto impunito”
Si propone come un antidoto alla frammentazione “delle opinioni e dei ‘secondo me’ che ogni attentato terroristico genera, e ai quali solo la verità giudiziaria può dare risposta, ma il cui esito, quanto più irreparabile è la tragedia, tanto più risulta insufficiente, tardo o frammentario” la mostra 9 ottobre 1982 – Attentato alla Sinagoga, storia visuale di un delitto impunito allestita alle Terme di Diocleziano.
Realizzata dalla Fondazione per le Scienze Religiose di Bologna insieme all’Associazione B’nai B’rith e al Comitato per gli anniversari di Interesse nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con la collaborazione della Comunità ebraica di Roma, è il risultato di una ricerca avviata dallo storico Alberto Melloni e dal suo gruppo di lavoro sugli attentati che a partire da quella “data spartiacque” (indicata come tale durante l’ultimo G20 delle religioni) hanno colpito migliaia di luoghi di culto in Europa e nel mondo.
A ripercorrerne le fasi salienti è stato il professor Melloni stesso, guidando stampa e rappresentanti delle istituzioni in una visita in anteprima. Pagine dei quotidiani, dispacci, note di polizia, atti giudiziari, informative di intelligence. Elementi al centro dell’allestimento. Ma anche sipari “da ‘aprire’ per procedere, ostacoli da aggirare per passare, dalla curiosità cinica e dalla vergogna inerte, alla verità del sangue sparso”.
La mostra è un luogo da attraversare con i piedi, ma soprattutto con la testa. Un percorso che stimola a riflettere sulle tante domande aperte a livello di responsabilità e giustizia finora evase, ma anche sul clima d’odio che fece da sfondo all’attentato. Un simbolo, ricostruito, condensa il tutto: la bara che squallidi personaggi depositarono davanti al Tempio nelle settimane precedenti. Sinistro presagio rispetto alla sorte che sarebbe toccata al piccolo Stefano Gaj Taché. Il “bambino italiano”, più volte ricordato da Mattarella nei suoi interventi, che restò ucciso nell’attacco. Tra gli spazi più emotivamente coinvolgenti l’area che vede esposti i certificati medici dei 40 feriti. Nei pressi un’ideale pietra d’inciampo nel nome del piccolo Stefano.
Una lacerazione sulla quale tutto il Paese è chiamato a riflettere. “L’attentato alla sinagoga di Roma è un evento di cui non sono stati ancora perfettamente chiariti i processi che l’hanno determinato. Un evento che fa riflettere sul tema della convivenza, delle ambiguità della politica e sulla necessità di fare memoria”, ha evidenziato il rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni. Per Ruth Dureghello, la presidente degli ebrei romani, “oggi sentiamo meglio di altri momenti l’affermarsi di una memoria nazionale collettiva”.
Tra le possibilità di approfondimento riservate al pubblico il podcast “Schegge dell’anima” scritto e letto da Giancarlo De Cataldo con le musiche di Nicola Piovani, basato sul libro-testimonianza “Il silenzio che urla” di Gadjel Gaj Taché. Ma anche l’ascolto del celebre j’accuse di Bruno Zevi in Campidoglio.
A fare gli onori di casa sono stati quest’oggi il direttore del Museo Nazionale Romano Stephane Verger (“Uscendo da questa mostra si resta, per un po’, senza parole”) e Giuseppina Mengano Amarelli, presidente del Comitato per gli anniversari di Interesse nazionale di Palazzo Chigi. In distribuzione anche un numero speciale del giornale comunitario Shalom, brevemente presentato dalla sua direttrice Ariela Piattelli.