Fonte:
www.mosaico-cem.it
Autore:
Ilaria Myr
Santerini: «Finalmente oggi l’Italia ha una strategia concreta per combattere l’antisemitismo»
Dopo tre anni come coordinatore nazionale per la lotta contro l’odio antiebraico, Milena Santerini fa un bilancio del suo lavoro.È riuscita a sensibilizzare il mondo politico, istituzionale e scolastico sull’esistenza del problema, ha creato una vera infrastruttura per dotare il Paese di maggiori anticorpi e di una “cultura di contrasto” più seria. Non poco, anche se ancora c’è molto da fare
«Sono stati tre anni molto intensi, complicati anche dalla pandemia, in cui siamo però riusciti a fare riconoscere l’esistenza dell’antisemitismo in Italia, e soprattutto a definire una strategia per combatterlo». Parla con soddisfazione Milena Santerini, coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo dal gennaio 2020 a fine 2022 e sostituita, a gennaio di quest’anno (in concomitanza con il Giorno della Memoria), da Giuseppe Pecoraro, prefetto scelto per il ruolo dal governo Meloni. Quello del coordinatore è infatti un ruolo politico, che dipende direttamente dal presidente del Consiglio: a inizio 2020 era stato l’allora premier Giuseppe Conte a nominare Santerini, riconfermata l’anno dopo dal successore Mario Draghi.
Quali le azioni e la sua attività come coordinatore per la lotta contro l’antisemitismo?
Innanzitutto vorrei precisare che questo ruolo, prima della mia nomina, era totalmente sconosciuto in Italia e che a livello europeo esisteva solo in Germania e, come parte della più generica lotta contro il razzismo, in Francia. Nessuno, purtroppo, ne capiva l’importanza e l’urgenza. Molto spesso il mio incarico veniva confuso con quello della Commissione Segre del Senato di indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza, nata dall’iniziativa di Liliana Segre sulla base di una mia proposta del 2017. Man mano, però, anche il mondo politico ha preso coscienza del problema e dell’importanza di avere una figura di sintesi su quello che viene fatto nel nostro Paese in materia di lotta a questo fenomeno.
Quello che credo di aver creato in questi anni è una vera e propria infrastruttura di lotta contro l’antisemitismo: il mio obiettivo fin dall’inizio era infatti dotare l’Italia di una cultura di contrasto più seria e articolata. Per fare ciò ho ottenuto di avere un gruppo tecnico che mi assistesse nel lavoro di studio ed elaborazione di una strategia da mettere in campo. Questa è una differenza enorme rispetto ad altre commissioni del passato, che svolgevano lavori di tipo conoscitivo sul fenomeno.
Noi, invece, volevamo fare capire che cosa voleva dire lottare concretamente contro l’antisemitismo. Ho quindi costituito una commissione, composta da rappresentanti del mondo ebraico (Ucei, Cdec, delegazione Ihra), dei ministeri (interno, istruzione, giustizia) e da esperti della materia, che aveva il compito di presentare un documento che comprendesse: un’analisi del fenomeno in Italia – che può essere cristiano, neonazista, antisionista e complottista -, la comunicazione alle istituzioni della definizione di antisemitismo dell’Ihra e un invito ad adottarla, per capire con loro come agire di conseguenza. Parallelamente, ho lavorato con il Parlamento con audizioni e interventi di miglioramento delle proposte di legge, intervenendo di volta in volta sui singoli casi di odio antiebraico e, in contemporanea, ho svolto un fondamentale lavoro nelle scuole. Importante e intenso è stato l’impegno a livello internazionale con tutte le realtà e le personalità che si occupano del tema, fra cui la rappresentante europea Katharina von Schnurbein, le comunità e associazioni ebraiche, l’Osce: quindi tanti incontri, seminari, conferenze e percorsi di formazione.
Quanto è davvero preoccupante l’antisemitismo in Italia?
Secondo gli studi internazionali siamo in un range tendenzialmente medio-basso, con pochi attacchi di carattere fisico, e di carattere ancora principalmente neonazista e neofascista. C’è però ancora un pregiudizio molto radicato, stimato fra il 10 e il 15%, legato ai classici stereotipi dell’ebreo, che sfociano nel complottismo: quindi ebrei come detentori del potere economico-finanziario, motori di un complotto mondiale e, nelle forme più estreme, fautori dell’omicidio rituale, ecc…. Ma, come sappiamo bene dallo schema della Piramide dell’odio, quello che è pregiudizio oggi, diventa con molta facilità odio domani. Quello che è sicuramente grave è che i numerosi episodi di apologia del fascismo, – che è il regime che ha introdotto le leggi antiebraiche -, restino ancora impuniti. Per questo è ancora più importante che esista una figura che contrasti questa mentalità, la stessa identica dei tempi del fascismo, che aveva fatto sì che la popolazione italiana non reagisse alla persecuzione antiebraica. Quindi, se mai oggi ci fosse una forza politica che giustifica questo pregiudizio, correremmo il rischio che si diffonda un forte antisemitismo.
Come avete messo in pratica la strategia che avete definito?
Proprio per cambiare questa cultura, abbiamo svolto un grande lavoro di formazione dei magistrati, delle forze dell’ordine, dei giornalisti e degli insegnanti. Nel caso dei primi, spesso purtroppo assistiamo a sentenze, a nostro avviso discutibili, che legittimano alcuni comportamenti sotto la bandiera della ‘libertà di espressione’: ad esempio il caso della donna con la maglietta con la scritta Auschwitzland, che non è stata perseguita. Molto è stato fatto anche nelle scuole, per le quali abbiamo stilato delle linee guida (pubblicate sul sito noantisemitismo.governo.it) con un gruppo di lavoro costituito presso il Ministero dell’istruzione: spesso, infatti, agli insegnanti non è chiaro che parlare di Shoah e di memoria non equivale ad affrontare la questione dell’odio contro gli ebrei oggi. Stiamo quindi presentando queste linee guida a tutti gli uffici scolastici regionali in tutta Italia. Allo stesso modo, stiamo lavorando con gli uffici diocesani, che le trasmetteranno agli insegnanti di religione. In contemporanea, anche con l’Università Cattolica ho svolto diverse ricerche sull’antisemitismo online e sui social media, e ho siglato accordi importanti con Google, per potere spingere i contenuti informativi legati all’argomento, con Amazon e TikTok. Un fronte su cui il mio successore dovrà senz’altro continuare a impegnarsi è quello sportivo, in cui spesso vengono promosse iniziative, che non hanno però un effetto tangibile. Da parte mia, ho chiesto quest’anno che nel calcio non ci fosse la maglia numero 88, che si richiama esplicitamente a un simbolo nazista, ma sono ancora poche le squadre che mi hanno dato riscontro.
Non ha paura che in alcuni casi la lotta all’antisemitismo venga utilizzata strumentalmente come foglia di fico per nascondere altre opinioni scorrette?
Il rischio c’è: si dovrebbe chiedere a chi lo definisce come un male di agire di conseguenza, tagliando prima di tutto le radici con il regime che ha emanato le leggi razziali, e prendendo le distanze dall’apologia del fascismo, che è di fatto nostalgia per il regime che ha fatto queste odiose norme. Non si possono condannare le leggi razziali se non si prendono le distanze da chi le ha causate.
Ora che non è più coordinatore, dove si indirizzerà maggiormente il suo impegno?
Continuerò a fare quello che ho sempre fatto anche in questo triennio: oltre al mio lavoro di docente alla Cattolica e di ricercatrice sui fenomeni dell’antisemitismo online, proseguirò nella valorizzazione della memoria della Shoah (sono anche vicepresidente del Memoriale di Milano e membro del comitato scientifico del Cdec). Ultimamente ho creato la Rete italiana dei luoghi della memoria (che comprende il Memoriale di Milano, il Meis di Ferrara, la Risiera di San Sabba a Trieste, il Museo della Shoah di Roma, il campo di Ferramonti di Tarsia e quello di Fossoli) per incentivare i viaggi scolastici grazie a degli sconti offerti dalle Ferrovie dello Stato.
Per concludere, vuole fare un augurio al suo successore?
Gli auguro di avere un forte appoggio dal governo e di trasformare questo passaggio di consegne in un’opportunità ancora più significativa per contrastare l’antisemitismo di oggi. Soprattutto mettendone in luce la complessità, lavorando a livello di prevenzione e di cambiamento culturale, facendo tesoro dell’infrastruttura che abbiamo messo in piedi in questi due anni.