Fonte:
Libero
Autore:
Matteo Legnani
L’ateneo milanese congela l’accordo con gli israeliani
La Statale valuta lo stop agli scambi. I giovani palestinesi festeggiano: «Ha vinto l’intifada studentesca, adesso lo facciano tutte le facoltà»
Esultano, gli studenti con la kefiah dell’Università degli Studi di Milano. Sui loro gruppi whatsapp ieri hanno postato messaggi in cui parlano di «una storica vittoria». Scrivono che la neo rettrice (è in carica dallo scorso aprile) Marina Brambilla «a seguito di un incontro privato tenutosi il 18 ottobre con una delegazione dell’Intifada studentesca (…) ha deciso di cedere alle nostre richieste di boicottale o congelando con effetto immediato l’accordo internazionale con la Reichman University, una delle roccaforti del sionismo». Ora, al netto del linguaggio retorico “antifa”, l”`accordo internazionale” di cui parlano i pro-pal altro non è che uno scambio di studenti Erasmus: dall’anno accademico 2022-2023, alcuni studenti della Statale vanno in Israele e alcuni studenti della Reichman vengono a Milano per seguire i corsi della Statale, in particolare quelli della Facoltà di Giurisprudenza. Per descrivere le proporzioni dell”`accordo internazionale”, nell’anno accademico che è appena iniziato sarebbero solo due gli studenti israeliani dell’università privata fondata nel 1994 da Uriel Reichman a seguire i corsi della Statale. Mentre, per considerazioni legate alla sicurezza dell’intera regione, nessun nostro studente si è recato a Herzliya, località costiera poco a nord di Tel Aviv dove ha sede la Reichman. Nulla di più. Il programma non prevede che professori “sionisti” vengano a “catechizzare” le menti degli studenti italiani, né integrazioni dei programmi di studio. Ma tanto è: per i rappresentanti dell’Intifada studentesca è stata sventata una pericolosa macchinazione sionista. E ora chiedono che altre università italiane seguano l’esempio della Statale, bloccando i programmi di scambio in corso con atenei israeliani. Che poi, non è vero che la Reichman sia «una delle roccaforti del sionismo», come l’hanno descritta i membri dell”‘Intifada studentesca”. Il suo fondatore Uriel Reichman, che oggi ha 82 anni, ha infatti un profilo da moderato, piuttosto che da “falco”: ha fatto il servizio militare come tutti i maschi israeliani dal dopoguerra a oggi, ha difeso il suo Paese nelle guerre di aggressione arabe (quella del 6 Ottobre e quella dello Yom Kippur), ma in politica ci è stato poco e quando è stato parlamentare alla Knesset (per un anno, nel 2006) lo ha fatto con i moderati liberali, sostenitori della “soluzione dei due stati”, del partito Kadima. Dall’ateneo milanese, una nota diffusa nella serata di ieri confermava, comunque, l’intendimento a procedere verso «il congelamento delle candidature per la mobilità verso la Reichman University per l’anno accademico 2025/2026, a fronte di un peggioramento del conflitto in Medio Oriente e anche sulla base dell’invito alla cautela pubblicato dalla Farnesina in merito ai viaggi in quell’area», precisando comunque che «l’argomento verrà discusso in sede di Senato accademico». Cioè, che una decisione non verrà presa prima che la questione sia portata davanti all’organo collegiale che “governa” l’ateneo. La nota non smentisce, tuttavia, l’incontro privato che il 18 ottobre scorso si sarebbe svolto tra la rettrice Marina Brambilla e i rappresentanti degli studenti filo-palestinesi. Un evento «di una gravità enorme» lo definisce Pietro Balzano, autore del manifesto che, in occasione delle occupazioni e dei danneggiamenti perpetrati nella scorsa primavera in ateneo dagli studenti con la kefiah, ha raccolto l’adesione di quattro associazioni studentesche: “Siamo futuro”, “Ugei”, “Universitari liberali” e “Studenti per la libertà”. «Grave perché colpisce un ateneo che con la guerra nulla ha a che fare e grave perché la rettrice non può avere incontri “privati” con un gruppo ultra-minoritario di studenti su temi che riguardano l’intera università», spiega il rappresentante degli studenti moderati. Che annuncia battaglia.
Photo credits: Libero