Fonte:
www.mosaico-cem.it
Autore:
Giovanni Panzeri
Antisemitismo dopo il 7 ottobre: dati e cause dietro al riemergere del nemico di sempre
“L’antisemitismo rappresenta una minaccia alla convivenza sociale, alla stabilità e alla sicurezza. La lotta contro l’antisemitismo è esistenziale ed essenziale, combattiamolo con determinazione ma non permettiamo che questa lotta definisca chi siamo.”
Con questa esortazione si chiude la lettera di Betti Guetta, responsabile dell’Osservatorio Antisemitismo del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (CDEC), che ha introdotto la conferenza internazionale sull’aumento dell’antisemitismo in seguito al 7 ottobre, basata sui dati emersi dalle ultime analisi dell’Osservatorio.
L’evento, moderato dal direttore della fondazione CDEC Gadi Luzzato Voghera, si è tenuto presso il Memoriale della Shoah di Milano lo scorso martedì 21 Maggio e ha visto l’intervento di due panel di esperti, uno internazionale e uno italiano, per concludersi con una breve intervista alla senatrice Liliana Segre.
Aumento dell’antisemitismo in Italia
Nella sua lettera Guetta ha descritto quelle che vede come le cause dell’aumento dell’antisemitismo in Italia negli ultimi mesi, affiancando all’antisemitismo “tradizionale” dell’estrema destra la crescita del fenomeno antisionista, in particolare tra gli studenti di estrema sinistra e i musulmani di seconda generazione. Una crescita dovuta, tra le altre cose, “alla parzialità dell’informazione e dei giudizi sul conflitto israelo-palestinese”, a una generale ignoranza degli italiani verso la questione palestinese e al permanere di pregiudizi antiebraici.
“Secondo dati Ipsos il 36% degli Italiani dichiara di sapere poco o nulla di quanto successo dopo il 7 ottobre– scrive Guetta –, il 40% si riteneva abbastanza informato e solo un quarto dichiarava di conoscere la vicenda in modo approfondito. Allo stesso tempo, secondo FWG, il 64% degli italiani pensa che il numero di ebrei in Italia sia compreso tra 500.000 e 2 milioni di persone. Una vera potenza, rispetto al numero reale di circa 30.000 ebrei.”
Panel internazionale
Il panel internazionale è stato introdotto dall’intervento di Lorenzo Vidino, direttore del Program on Extremism della Washington University, che ha sottolineato come l’antisemitismo caratterizzi movimenti estremisti politicamente opposti, portando a volte i loro aderenti a transitare da una parte all’altra e dando vita al fenomeno chiamato antisemitismo intersezionale.
La parola è poi passata alla storica israeliana Dina Porat, per anni leader dello Yad Vashem, che ha focalizzato il suo intervento sulla necessità di sviluppare una nuova strategia per studiare e contrastare l’antisemitismo in seguito ai fatti del 7 ottobre, sottolineando l’importanza di diffondere la definizione di antisemitismo dell’IHRA, che include tra gli esempi di odio antiebraico l’opposizione all’esistenza dello stato d’Israele, e il ritenere Israele un progetto “razzista”.
È da sottolineare che questa definizione è ritenuta controversa poiché, come ricordato durante la seconda parte della conferenza da Milena Santerini, diversi critici, tra cui uno dei suoi creatori Kenneth Stern, temono possa essere usata per limitare la libertà d’espressione se impiegata in ambiti accademici e legali.
Omar Mohammed, storico a capo dell’iniziativa di ricerca sull’antisemitismo della George Washington University, e Mina Abdelmalak, direttore dell’Holocaust Museum di Washington, si sono focalizzati invece sulla necessità e le difficoltà nel diffondere la lotta all’antisemitismo nel mondo musulmano, in particolare in Medio Oriente e tra le comunità di migranti, sottolineando l’effetto della diffusione dell’odio tramite social media e il ruolo dell’estremismo religioso.
“È importante occuparsi della diffusione dell’antisemitismo in Medio Oriente, non solo in Europa e in America – afferma Mohammed – l’antisemitismo è estremamente radicato e sta crescendo anche a causa dell’esposizione delle nuove generazioni ai social, che rendono estremamente facile diffondere propaganda antisemita”.
“Nel nostro lavoro abbiamo dovuto affrontare ignoranza diffusa e narrative distorte – racconta Abdelmalak-. Ad esempio la convinzione che la convivenza fosse del tutto idilliaca fino all’arrivo del sionismo è molto diffusa”.
La professoressa Linda Maizels ha descritto le difficoltà sofferte dagli studenti ebrei durante le recenti proteste universitarie negli USA, in cui l’ostilità contro Israele si è integrata con la percezione degli ebrei non come una minoranza, ma come un gruppo di bianchi privilegiati. La professoressa ha sottolineato che quello nei campus è un fenomeno soprattutto di sinistra, che si somma tuttavia ai tradizionali pregiudizi antisemiti e antigiudaici mantenuti da una parte dei repubblicani, alcuni dei quali, come i deputati Greene e Gaetz, pur supportando Israele considerano ancora gli ebrei come gli “assassini di Cristo”.
Michael Whine, consulente del World Jewish Congress, ha illustrato il numero crescente di attacchi antisemiti, e ha sottolineato il pericolo rappresentato da Stati come l’Iran e organizzazioni terroristiche come l’Isis e Al Qaeda. Nell’impossibilità di attaccare Israele infatti i primi si sarebbero dedicati a raccogliere enormi quantità di informazioni sugli ebrei in Europa, mentre i secondi incitano gli attacchi di “lupi solitari” contro le comunità ebraiche.
Ha inoltre sottolineato l’enorme aumento di attacchi da parte dell’estrema destra ed evidenziato come l’uso di internet abbia giocato un ruolo significativo nel determinare questo stato di cose, accusando le aziende della Silicon Valley di non essere state in grado di regolamentare adeguatamente la promozione di odio e violenza antisemita sui social.
Il sociologo David Hirsh ha concluso gli interventi del panel internazionale, dichiarando che la difficoltà nel contrastare l’antisemitismo deriva dal fatto che le accuse secondo cui “gli ebrei sono assassini, responsabili di un genocidio, uccidono bambini e rubano la terra” sono ritenute mainstream e accettate da organizzazioni e istituzioni internazionali, incluse le corti dell’Onu.
“L’antisemitismo è sempre una proiezione – ha affermato Hirsh – l’antisemita proietta le sue stesse fantasie, le sue azioni e intenzioni sugli ebrei.”
Il panel italiano
Il panel italiano si è aperto con la dettagliata disanima del Generale Pasquale Angelosanto, Coordinatore Nazionale per l’Azione contro l’Antisemitismo, che ha illustrato lo stato dell’arte della situazione e gli obiettivi che si pone l’azione governativa.
“L’azione del Coordinamento dovrà portare anche a proposte normative – afferma il generale – e in questo senso è importante il continuo monitoraggio, analisi e raccolta di dati relativi al contesto italiano”.
Stefano Gatti ha poi illustrato in modo dettagliato i dati raccolti dall’Osservatorio, descrivendo come centrali “l’antisemitismo mascherato da antisionismo” e la narrazione parziale del conflitto che hanno portato a far dimenticare subito i morti del 7 ottobre, e a ridare forza ai tradizionali pregiudizi anti-giudaici, diffondendo in modo crescente nelle scuole una narrativa secondo cui il sionismo è un tipo di nazismo.
“Il governo israeliano non si era ancora mosso e subito gli è stato chiesto di non reagire in modo troppo pesante – ha dichiarato Gatti – è stata usata la parola vendetta. E negli aggiornamenti quotidiani dei morti palestinesi si comunicavano esclusivamente le morti di donne, anziani e bambini. Questi ultimi indicati come ‘Gesù uccisi da Israele’. Queste dichiarazioni hanno fatto riemergere i tradizionali pregiudizi antigiudaici: la legge del taglione, l’odio verso il genere umano, il sentimento di superiorità razziale che porterebbe gli ebrei ad attuare un genocidio di non ebrei. (…) Nei documenti diffusi dai pro-pal il sionismo è ricostruito come una forma di nazismo volta al genocidio dei palestinesi. (…) L’Ebreo buono è quello che si fa il battesimo nell’antisionismo, gli altri, invece, sono i cattivi. Ormai riceviamo decine di segnalazioni ogni giorno.”
La Vicepresidente del Memoriale della Shoah, Milena Santerini, ha sottolineato che, per quanto dopo il 7 ottobre sia cresciuto enormemente, l’antisemitismo è un fenomeno endemico, che emerge in momenti di crisi e dunque va studiato su lunghi periodi. Santerini ha anche ricordato che in Italia perdurano e si sono rafforzate, oltre a quelle derivate dall’antisionismo, anche le forme tradizionali di antisemitismo, in particolare quello dell’estrema destra e antigiudaico. Inoltre ha ricordato che bisognerebbe evitare di parlare di antisionismo in modo superficiale, caratterizzandolo come “sempre o mai antisemita”.
“La parola antisionismo può voler dire molte cose – spiega Santerini – se intendiamo la volontà di annullamento di Israele, ciò è chiaramente antisemita. Se invece lo intendiamo come movimento storico è un’altra cosa, se lo intendiamo come semplice ostilità a Israele è un’altra cosa ancora”.
Nel suo intervento ha spiegato che per contrastare la nuova ondata di antisemitismo bisogna cercare di studiare cosa porta una generazione di giovani che vuole affrontare le sfide di oggi, come la crisi climatica o le guerre, e vuole liberarsi “delle colpe delle generazioni precedenti” a concentrarsi sul “nemico di sempre” invece di creare un vero movimento di liberazione e di pace.
Inoltre ha affermato che per confrontarsi meglio con questa esplosione di antisemitismo tra i giovani sarebbe necessario ripensare il modo in cui viene insegnata la Shoah. “Dobbiamo certamente concentrarci sulle vittime – spiega Santerini – ma non eludendo lo studio dei meccanismi che hanno prodotto la Shoah, che potrebbero ripetersi, misurandoci con l’indifferenza di allora e di oggi e cercando di portare i ragazzi a sviluppare un percorso di conoscenza emotiva, come facciamo al Memoriale, per contrastare gli effetti perversi del 7 ottobre”.
L’intervento di Maurizio Molinari, direttore de la Repubblica, infine si concentra sulle possibili dimensioni geopolitiche della questione, sottolineando come diversi account social e troll pro Putin nel contesto della guerra in Ucraina si siano dedicati a propagare la causa di Hamas. La stessa cosa si sarebbe verificata nel caso di account, cinesi, iraniani e pure “no- vax”. Ciò risponderebbe dunque a una precisa strategia di attori esterni, che punta a creare scompiglio e dissenso nel mondo occidentale.
“Bisogna diffondere nell’Occidente elementi di odio e di conflittualità interna – spiega Molinari illustrando ‘la teoria dello scompiglio’ del generale russo Gerasimov – talmente forti da indurlo a dividersi e lacerarsi, rendendolo instabile”.
Siamo eterni?
La conferenza si è conclusa con una breve intervista alla senatrice Liliana Segre, Testimone della Shoah. “Non mi aspettavo di ritrovarmi talmente sconvolta rattrista e pessimista per fatti che già conoscevo – ha affermato Liliana Segre -. Uno dei motivi per cui ho aspettato a diventare Testimone era che mi mancavano le parole per descrivere la Shoah. Sono stata deportata, ho visto la Shoah così come avveniva. E oggi, a distanza di ottant’anni da quei fatti, cosa devo dire per rispondere al fatto che da oltre 30 anni la stella di David viene paragonata alla croce uncinata?”
“Di nuovo non trovo parole – ha continuato la senatrice -. E non le trovo perché sarebbero quelle che mi vengono dalla testa e dal cuore. Talmente terribili, devastanti e tragiche che non posso esprimerle”.
“Cosa si può fare oggi quando la gioventù, ignorante della storia perché pochi hanno studiato, va nelle università a gridare? Cosa si può fare? – ha chiesto la Segre – il Rabbino di Milano, Rav Arbib, ha detto che nonostante tutto noi dobbiamo ricordarci che ‘siamo eterni’. Siamo eterni. Sono tutti antisemiti, il mondo ci è contro ma… siamo eterni. Ha ragione il rabbino? Io non mi so dare una risposta”.
La conferenza è nata grazie alla collaborazione tra il CDEC e il Program on Extremism della George Washington University, con il patrocinio dell’Ambasciata Israeliana, della Comunità ebraica milanese e nazionale.