Fonte:
La Repubblica edizione di Milano
Autore:
Zita Dazzi
“‘Cessate il fuoco ora. Lo striscione di pace porta le polemiche”
La bandiera della pace con la scritta “ Cessate il fuoco ora” esposta sulla facciata di Palazzo Marino fa seguito all’approvazione da parte del Consiglio comunale di un ordine del giorno votato il 4 marzo. “ Attivarsi per un cessate il fuoco umanitario immediato a Gaza e per la pace nei territori”, recita il titolo del documento. Nel testo completo, approvato da tutta la maggioranza e rigettato dall’opposizione, si invita anche l’amministrazione ad « attivarsi in tutte le sedi opportune, anche esercitando la propria influenza di Comune leader in Italia e in Europa, affinché venga dichiarato un cessate il fuoco umanitario immediato a Gaza», venga chiesta «la liberazione degli ostaggi » catturati da Hamas il 7 ottobre e siano sostenute «in ogni modo possibile la comunità palestinese e la comunità ebraica a Milano».
L’iniziativa, però, non piace alla Comunità ebraica che la ritiene poco rispettosa per il mancato riferimento, nella bandiera esposta, proprio alla liberazione degli ostaggi. Del resto la Comunità aveva già in mente di farsi sentire per la scritta “ Cessate il fuoco” apparsa l’altra sera sul sipario della Scala, ma l’eco delle iniziative è arrivato solo ieri. Il primo a protestare è Walker Meghnagi, presidente della Comunità, che subito dopo il pogrom del 7 ottobre aveva polemizzato col sindaco Beppe Sala, accusato di essere poco sensibile alla tragedia vissuta in Israele. Polemica poi rientrata. Ma adesso c’è di nuovo amarezza nei confronti di Palazzo Marino: « La bandiera della pace appesa in Comune — scrive Meghnagi — è un esempio di atteggiamento fintamente equidistante, visto che riporta la dicitura “ Cessate il fuoco ora” senza spendere una parola verso gli ostaggi, che stanno morendo giorno dopo giorno tra sevizie e stupri. La storia insegna che parole malate portano a comportamenti malati » . Meghnagi fa riferimento agli episodi di antisemitismo che sono in aumento. « E lo stiamo vedendo ogni giorno con tante contestazioni nei confronti degli ebrei. La situazione è già grave di per sé, ma se le istituzioni reagiscono in modo non equilibrato, sarà sempre peggio » . Sull’ « equilibrio » delle decisioni prese, invece, insiste il capogruppo del Pd Filippo Barberis, rispondendo alle proteste della Lega che chiede di esporre una bandiera anche per gli ostaggi: « Quella di chiedere un cessate il fuoco è la linea di tutti, a livello nazionale e internazionale».
Grandi preoccupazioni si addensano anche in vista del prossimo corteo del 25 Aprile, al quale di solito partecipa — assieme alle associazioni dei combattenti per la libertà e a quelle degli ex deportati — anche la Brigata ebraica, che ogni anno viene molto fischiata dai pro Palestina confinati in un angolo di piazza San Babila. Con le dimissioni da presidente di Roberto Cenati, che sulla guerra in Medio Oriente ha una posizione fortemente solidale con Israele, c’è anche chi sta meditando di evitare il corteo per non correre rischi di contestazioni troppo accese. A quel corteo probabilmente prenderanno parte molte associazioni pacifiste, e lo slogan “ cessate il fuoco”, intendendo naturalmente il fuoco su Gaza, sarà sicuramente su molti degli striscioni. « La pace va costruita davvero — commenta a proposito dello striscione a palazzo Marino Davide Romano, presidente del Museo della Brigata ebraica, uno di quelli che organizza la partecipazione degli ebrei al corteo annuale — . E spiace ricordare che mentre la Comunità ebraica ricorda tutte le vittime arabe ed ebree e manifesta nella legalità, altrettanto non si può dire di quella palestinese che sta importando le tensioni mediorientali sul territorio. Serve dunque anche un “ Cessate il fuoco” delle parole d’odio da parte del mondo palestinese ». Il consigliere della lista Sala Marco Mazzei, primo firmatario dell’odg del 4 marzo, vorrebbe che la bandiera facesse anche il giro dei Municipi, ma i presidenti sono freddi: «Palazzo Marino parla a nome di tutta la città — ripetono in molti — non servono doppioni».