29 Marzo 2020

Luigi Manconi e Valeria Fiorillo analizzano il problema dell’odio online e riflettono sulle misure per contrastarlo

Fonte:

La Repubblica

Autore:

Luigi Manconi e Valeria Fiorillo

Dove è finita signora empatia?

L’odio online pone senz’altro problemi giuridici e di sanzioni Ma il vero problema è psicologico e connesso allo sviluppo della Rete

Su una pagina social del nostro partito o sindacato o associazione yoga o confessione religiosa o circolo del burraco possiamo scrivere: «Ebrei al forno»? o altre simili scelleratezze? E se non fosse possibile, chi è titolato a proibirlo? E in quali sanzioni incorreremmo in caso di violazione del divieto? E ancor prima: proibendo e sanzionando la manifestazione di quel pensiero immondo non stiamo forse limitando la piena libertà di espressione? Sono, come si vede, domande e dilemmi tutt’altro che recenti, ma che assumono oggi una ben maggiore importanza, a causa dello sviluppo irresistibile del sistema della comunicazione. Il che rende, sì, urgente un dibattito pubblico senza pregiudizi e senza censure, ma esclude, allo stesso tempo, che ne possano derivare risposte certe e rassicuranti. Un possibile punto di partenza è rappresentato dalla recente pronuncia del Tribunale di Roma, sezione per i diritti della persona e immigrazione, del 24 Febbraio 2020. L’ordinanza ha respinto il ricorso di Forza Nuova contro la decisione di Face- book. di oscurare la pagina di Casapound e dello stesso partito neo-fascista, in quanto, secondo quella piattaforma, avevano violato le sue linee guida, diffondendo online messaggi d’odio, di «marcata natura negazionista». La vicenda è complessa per una ragione non banale: il contrasto tra principi fondamentali – in questo caso, la libertà di espressione, da. una parte, la giustizia e la pace, dall’altra – può essere risolto in base ai tradizionali criteri di bilanciamento anche quando avviene in un contesto anomalo, quale l’ambiente digitale? ambiente che, si sa, i giuristi maneggiano con poca dimestichezza e che il diritto e le leggi, solo di recente, hanno potuto prendere in considerazione. Una prima considerazione, per come emerge da questa pronuncia, riguarda una possibile tendenza a ritenere legittima la compressione della libertà di espressione, quando il discorso d’odio ha luogo online, forse proprio a causa della diffidenza dei giuristi rispetto ad un mondo – quello virtuale – avvolto da un’aurea di inconoscibilità e incontrollabilità. Il Tribunale di Roma, nel cercare i più solidi fondamenti normativi, ha scelto di riferirsi alla Convenzione europea dei diritti umani, che, specialmente nella materia delle garanzie individuali della persona, risulta il più evoluto e aggiornato sistema di tutela. E, di conseguenza, ha respinto il ricorso di Forza Nuova. Ma questa pronuncia, pur apprezzabile, pone nuovi interrogativi. Uno in particolare: pub essere un’azienda privata a decidere limiti della libertà di espressione? Qui può tornare utile il libro Razzismi 2.0. Analisi socio-educativa dell’odio online di Stefano Pasta (Morcelliana 2018), che muove da una prima e cruciale considerazione: la realtà fisica e quella virtuale si sovrappongono in modo inscindibile e, dunque, non possono più essere pensate separatamente. L’autore precisa che il tema dell’odio online ci impone di prendere in esame, sotto il profilo sociologico e giuridico, non più solamente due soggetti, lo Stato e gli individui. L’era digitale, infatti, vede il coinvolgimento di un terzo attore, il web, che detiene l’accesso e il controllo dell’informazione; e che si pone, quindi, come intermediario tra la sfera pubblica e gli utenti di internet. Secondo Pasta, questo impone di definire le forme di aggressività e intolleranza in ambiente digitale in base a categorie nuove e diverse da quelle classiche. L’autore svolge un’analisi accurata del fenomeno dell’odio online, ipotizzando il percorso della sua origine e della sua formazione, l’humus sociale e emotivo di cui si nutre, le dinamiche che lo innescano. Qui la sua riflessione si fa davvero interessante. Pasta segnala una concatenazione causale precisa, elaborando una vera e propria fenomenologia dell’odio virtuale. L’assenza di empatia, generando una sorta di “analfabetismo emotivo”, sarebbe il fattore responsabile di quegli atteggiamenti razzisti che popolano il web. Ci sono però aspetti tecnici, propri dello stesso funzionamento della rete, che amplificano e rafforzano stereotipi e pregiudizi razzisti e discriminatori, che altrimenti resterebbero circoscritti. L’elemento più significativo segnalato da Pasta è quell’automazione che permette al medium di suggerire pagine o link collegati alle preferenze precedentemente manifestate dall’utente. Ne consegue che la libertà di espressione, qui intesa come libertà di informazione, risulta, alla prova dei fatti, drasticamente limitata. A partire da uno studio, condotto sia sul piano statistico che su quello semiotico, dei casi di razzismo online registrati a livello istituzionale, Pasta suggerisce alcune categorie di riferimento, definite sulla base delle diverse forme assunte dalle manifestazioni di odio. Successivamente, l’autore, nel compiere una ricognizione della normativa giuridica italiana ed europea applicabile in materia, sottolinea la mancanza di una legislazione ad hoc e l’inadeguatezza di quella che limita le manifestazioni dell’ambiente offline. E, infatti, in ambito europeo molto spazio viene lasciato all’autoregolazione dei social network, che con i loro codici di condotta tentano di colmare il vuoto normativo statale. Il rischio di questo approccio è che le libertà fondamentali degli individui vengano giudicate e eventualmente limitate da censori privati, portatori di interessi di parte. Consapevole di questo rischio, Pasta elabora, nelle conclusioni del libro, una tesi, diciamo così, “riformista”, proponendo un progetto pedagogico capace di conciliare il pubblico e il privato, la normativa e l’emotività e indicando nell’educazione sociale al sentimento e all’empatia la soluzione adeguata ad arginare l’o dio sul web. È una tesi audace, che oggi può apparire, oltre che impopolare, assai fragile, considerato lo spirito del tempo. Ma che pure trova un suo robusto fondamento nell’osservazione delle dinamiche sociali, quelle meno visibili e meno raccontate, della nostra vita collettiva, dove cooperazione:e accoglienza, solidarietà e inclusione sono più diffuse di quanto si creda. L’empatia, che`Pasta richiama, è quella suscitata dalle biografie anonime di tanti nostri simili, schiacciati dai grandi eventi della storia, della politica e dell’economia. Sono i racconti di vita di cui ci parla Ancora dodici chilometri di Maurizio Pagliassotti (Bollati Boringhieri 2019). L’autore ci conduce sulla rotta dei migranti, un passo dietro l’altro, affondando i piedi semiscalzi nella neve, con il gelo e la pioggia, e ci sembra di essere lì a condividere con loro lo strenuo tentativo di varcare il confine italiano, alla ricerca di un’opportunità di salvezza in Francia. Solo che noi, lì, non ci siamo affatto: siamo lontanissimi per condizione sociale, dislocazione geografica e per le scarpe che calziamo. In altre parole, è crudele la sensazione che l’empatia, più che una naturale inclinazione umana, sia un’impresa tutta da realizzare.