4 Gennaio 2024

La professoressa Milena Santerini, vicepresidente del Memoriale della Shoah, riflette su Giorno della memoria e l’antisemitismo generato dalle violenze di Hamas

Fonte:

Repubblica

Autore:

Milena Santerini

Memoria, il ricordo della nuova Shoah

Caro Direttore, il 7 ottobre 2023 ha segnato uno spartiacque: la terrificante violenza di Hamas ha traumatizzato le comunità ebraiche e ha colpito profondamente il mondo. La strage ha comunicato una volontà di annullamento, il tragico tutti (bambini, donne, anziani) programmato come obiettivo nella distruzione degli ebrei d’Europa, la Shoah. Non si è trattato, infatti, di “normali attentati” ma di un messaggio molto chiaro: “la vita degli ebrei in quanto ebrei non conta”. La strage voleva evocare la Shoah, risvegliare le angosce che le comunità ebraiche non hanno mai dimenticato. Ne è seguita una guerra terribile, che non sta risparmiando civili a Gaza, con più di 20.000 vittime, bombardamenti, milioni di profughi. In questo scenario ha senso continuare a ricordare la Shoah? Il 27 gennaio 2024, Giornata della memoria in Italia dal 2000, dovrà essere uguale alle altre? Per molti, nel mondo ebraico, sarebbe un’ipocrisia celebrare le vittime di ieri e ignorare quelle di oggi. Il caso degli stupri delle donne israeliane, che non hanno trovato spazio nelle manifestazioni femministe, è emblematico. Anche l’aumento degli atti di antisemitismo in Italia (scritte, vandalismi, insulti) impone di non far finta che nulla sia successo. Da parte di altri, invece, la guerra in corso mostrerebbe il “vero volto” di Israele, che alcuni arrivano a paragonare al nazismo. In Italia, parte del mondo giovanile, specie nelle Università, difende i diritti dei palestinesi con toni e argomenti che cancellano quelli degli ebrei. Un antisionismo progressista e terzomondista, filopalestinese e antiebraico, in molti casi maschera un latente o aperto antisemitismo. Ne è un esempio il manifesto di molti docenti e studenti degli atenei italiani che chiedono il boicottaggio delle università israeliane, a cui si è risposto con un appello contrario. Tuttavia, anche se il 27 gennaio 2024 non sarà una giornata come le altre, va comunque celebrata, per almeno due motivi. Il primo riguarda la verità storica e l’esigenza di evitare ogni distorsione – e cioè non solo la negazione ma anche la riduzione, la banalizzazione ecc. – della Shoah, a cominciare dal credere che il 7 ottobre sia in qualche modo un nuovo Olocausto. Con l’attentato di Hamas, perla prima volta ci si è trovati a paragonare la distruzione degli ebrei di Europa durante la Seconda guerra mondiale ad un evento successo dopo e soprattutto accaduto agli ebrei stessi. Quindi non, come in passato, ad altri genocidi. L’unicità della Shoah non può essere messa in discussione per le caratteristiche del genocidio avvenuto durante la Seconda guerra mondiale, come la programmazione scientifica, la volontà di annullamento, le modalità di esecuzione ecc. Invece, dopo il 7 ottobre emergono nuove forme di distorsione, dalle stelle gialle sul petto all’equazione svastica=stella di David, con cui si afferma “fanno agli altri quello che hanno subito loro”. La singolarità e unicità dell’Olocausto non impedisce però di pensare che quella tragedia potrebbe ripetersi in altre forme, colpendo gli ebrei e altri popoli. Un secondo motivo per ricordare anche quest’anno il 27 gennaio è non rinunciare a credere che la memoria della Shoah sia ancora oggi, e forse specialmente oggi, un potente argine all’antisemitismo, al razzismo e alla violazione dei diritti umani. Dopo la distruzione degli ebrei d’Europa, la storia è andata in una nuova direzione: si è costruito un pensiero forte sulla discriminazione, il razzismo, l’esclusione che ha ispirato le Dichiarazioni dei diritti umani, l’unità europea e la nostra Costituzione. Gli ebrei stessi, nonostante il trauma, e a ragione di esso, hanno dato un contributo decisivo alla causa della pace, della democrazia e dell’uguaglianza. Non sempre il 27 gennaio ha saputo comunicare questa memoria nutrita di impegno civico, preferendo invece la dimensione emotiva o retorica. Spesso la scuola e le istituzioni politiche e civili hanno evitato di affrontare temi scomodi come la situazione mediorientale, il conflitto Israele-Palestina, o la logica razzista che l’antisemitismo ci ha insegnato a riconoscere anche verso gli immigrati o gli esclusi. Ma c’è un grande bisogno di ricordare la Shoah, in particolare oggi, per confrontare la memoria con la realtà attuale e ribadire la volontà di costruire una democrazia inclusiva per tutti. Questo è il messaggio profondo che le comunità ebraiche possono trasmettere specie ai giovani, e che tutti noi dobbiamo comunicare alle nuove generazioni perché non riproducano quella logica del nemico che mette in pericolo l’umanità intera.