Fonte:
https://www.shalom.it
Autore:
Ariela Piattelli, Noemi Di Segni
“Il festival delle Memorie è atto di distorsione assoluta” – intervista alla Presidente UCEI Noemi Di Segni
Continuano a levarsi voci di condanna dei rappresentanti dell’ebraismo sull’iniziativa del Teatro Comunale di Ferrara “Claudio Abbado” per il 27 gennaio: il festival delle memorie, che mette insieme, e proprio durante le celebrazioni del Giorno della Memoria dedicato alla Shoah, gli altri genocidi della storia. Il direttore del Teatro Moni Ovadia, dopo le polemiche, ha provato a correggere il tiro cambiando il nome, infelice, della manifestazione (da “festival” a “settimana”), pur continuando a difenderne i contenuti.
“Se il Giorno della Memoria diventa la giornata di tutti i genocidi, di tutte le celebrazioni, di tutte le memorie, in una “grande insalata”, si compie un errore e non ci si prendono le proprie responsabilità. La Shoah ha delle unicità, e mai un crimine è stato perpetrato in quella modalità e chi osa ribaltarle per demonizzare lo Stato di Israele compie un atto di antisemitismo” spiega la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni che Shalom ha intervistato.
Presidente, è possibile celebrare insieme al ricordo della Shoah altre tragedie della storia come intende fare il festival delle memorie a Ferrara per il 27 gennaio, Giorno della Memoria?
Festival o settimana che sia, il concetto, come UCEI, come voce ebraica istituzionale, è ribadire cosa vuol dire la memoria della Shoah e cercare di chiarire quale è la prospettiva sulla quale noi proponiamo la riflessione e partecipiamo alle celebrazioni del Giorno della Memoria. Il 27 gennaio è una data stabilita con una legge italiana, del Parlamento, che stabilisce la memoria dedicata alla Shoah e a questo imperativo di memoria con i riverberi di attualità che genera che è al centro dell’impegno istituzionale dello Stato italiano e quindi di tutti gli enti e istituzioni italiane, comuni o teatri che siano. Non parliamo solo degli ebrei ma di tutte le altre minoranze e gruppi che sono stati perseguitati in questo progetto di sterminio e che si sono sacrificati per salvare vite umane. Vorrei poi ricordare a Ovadia che l’Onu stessa ha stabilito in modo distinto la giornata del 9 dicembre – dedicata alla dignità delle vittime di tutti i genocidi – e quella del 27 gennaio dedicata alla memoria della Shoah. Non è il Giorno della Memoria di tutte le tragedie dell’umanità, perché la Shoah ha una specificità che merita un approfondimento dedicato. Dedicarsi alla Shoah non significa ignorare gli altri genocidi e pensare che non abbiano nessuna rilevanza. Proprio l’esperienza della Shoah deve essere conosciuta e approfondita in modo dedicato – questa anche la linea tracciata dall’ultima strategia lanciata dalla Commissione Europea per la prima volta nella storia dell’Europa che riguarda la lotta all’antisemitismo, lo studio della shoah e non di meno tutela e sviluppo della vita ebraica -, è da questo studio dedicato che noi capiamo e siamo in grado di relazionarci a qualsiasi aspetto delle nostre vite, anche degli altri genocidi dolorosi. E proprio perché anche gli altri sono importanti, meritano di essere approfonditi nel contesto che meglio consente di comprenderli. Se invece diventa la giornata di tutti i genocidi, di tutte le celebrazioni, di tutte le memorie, in una “grande insalata”, ed è gravissima la scelta della parola “Festival” che allude ad un evento gioioso e non certo di responsabilizzazione, si compie un errore e non ci si prendono le proprie responsabilità ed i propri impegni di tramandare la memoria e diventa invece la giornata del grande dolore universale per chi semplicemente ascolta, e per chi strumentalizza della grande propaganda e rilancio del pregiudizio.
Molti hanno sottolineato come il festival, o settimana, delle memorie ridimensioni e sminuisca la Shoah. Quale è la sua posizione?
Mettendo la Shoah insieme agli altri genocidi, questa si sminuisce, si distorce, perché manca l’approccio corretto allo studio e all’approfondimento di questo tema. Il fatto che sia Moni Ovadia a sostenere questo approccio è ancor più grave, perché un ebreo ha una responsabilità precisa nel veicolare la memoria della Shoah in modo corretto, così come memoria di tutte le vicende vissute o subite nei secoli. Oggi l’evidenza di quello che viviamo dimostra che al pubblico non è ancora arrivato un messaggio corretto, e che c’è molto lavoro da fare, perché se vediamo fenomeni di negazionismo, di distorsione, e di appropriazione indebita di concetti, denominazioni, e terminologie in contesti diversi, cosi come odio verso Israele, questa è una grave minaccia che viviamo oggi ed è una responsabilità, anche di Moni Ovadia.
Proprio Moni Ovadia ha chiesto, in una dichiarazione all’ANSA, se esistono gerarchie delle vittime e degli stermini. Che ne pensa di questa domanda?
E’ evidente che non esistono gerarchie, e tutte le persecuzioni sono orrori e gravi delitti verso l’umanità. Ma il punto centrale non è la gerarchia come concetto di più o meno sofferenza con cui identificarsi passivamente, più o meno persone sterminate da contare. Qui il tema è l’analisi di come si è perpetrata la Shoah, di come è avvenuta, delle sue radici nell’antisemitismo di secoli e secoli che la precedono, una situazione che non ha precedenti, che non si è mai prima verificata nella storia dell’umanità. Comprendere l’unicità della Shoah per capire i processi che hanno portato un dittatore assieme ad un’intera nazione, governi e regimi a partecipare a questo immenso crimine. Come ci siamo arrivati? Oggi ancora cerchiamo risposte. Se non si comprende questa unicità non si affrontano le responsabilità che deve assumersi l’Italia per i crimini del fascismo di ieri e per quello che vediamo oggi.
Nella conferenza stampa del festival delle memorie Vittorio Sgarbi ha parlato di sterminio perpetrato dagli israeliani sui palestinesi.
E’ terribile. Mentre posso capire l’interrogarsi in modo aperto sul fatto che la Shoah possa essere accostata nelle celebrazioni o meno ad altri genocidi, ed è una domanda difficile ma legittima se posta in modo sincero, è totalmente inammissibile e irricevibile che si dica e si dichiari che Israele perpetra un genocidio nei confronti dei palestinesi, e ancora più grave se avviene in un contesto pubblico, da parte di una autorità pubblica: è un fatto gravissimo, da etichettare come antisemitismo, distorsione. Un atto che genera nuovamente odio e usa esattamente gli stessi strumenti di propaganda, menzogna ripetuta e pregiudizio. Anche i palestinesi non meritano questo, perché in questo tipo di impostazione non ottengono nessuna trattazione della loro causa in maniera seria e rigorosa. Se c’è un tema israelo-palestinese va gestito in maniera attenta, nella sua complessità storica, politica, geografica, sociale e oltre. Chi vuole seriamente affrontare questo tema– e non so perché debba interessare il teatro Abbado – lo affronta nella sua complessità e non con la demonizzazione di Israele e la propaganda.
Il Presidente del Meis Dario Disegni ha ribadito a Shalom che non è prevista alcuna partecipazione Museo all’iniziativa.
L’UCEI, come componente del Meis, assieme agli altri soci fondatori, si riconosce totalmente in questo: non si partecipa in nessun modo a questa iniziativa perché rappresenta l’atto di distorsione più assoluta che vuole mettere insieme gli altri genocidi nel Giorno della Memoria dedicato alla Shoah, aggravato dal puro antisemitismo di chi vuole etichettare Israele come popolo che commette un genocidio. Pretendiamo che un’istituzione culturale come il teatro comunale di Ferrara si prenda le proprie responsabilità. Anche un’attività culturale ha una funzione sociale. Saremo a Ferrara al Meis con il Ministro Bianchi il 28 assieme dopo la visita al campo di Fossoli per affermare la memoria ebraica – la persecuzione accanto alla vita che prosegue e lo faremo con gli studenti. Si compirà un percorso attraverso i campi della deportazione italiana – Roma Tiburtina, Fossoli, Binario 21 a Milano e la Risiera a Trieste – con i sopravvissuti, con le Ferrovie dello Stato, con i vertici del Ministero dell’istruzione e questa sarà certamente occasione per ribadire questo approccio di studio, approfondimento e responsabilità anche per il presente di ogni partecipante e per parte mia rispondere ancora una volta a Moni Ovadia e Vittorio Sgarbi sulla pericolosità delle loro parole.