Fonte:
La Repubblica edizione di Roma
Autore:
Marco Carta
“Profanazioni indegne c’è un brutto clima”
È inaccettabile che ci sia fra docenti e studenti chi sostiene le parti di un gruppo terroristico
«Vedere in Italia che qualcuno prende le parti di Hamas nell’università è inaccettabile. Pensare che ci siano studenti universitari e professori che sostengono le ragioni di un gruppo terroristico che vuole ripristinare un califfato medievale a tre ore d’aereo da Roma mi lascia senza parole». Rabbia, delusione. Ma anche anche la speranza che la situazione possa presto migliorare. L’occupazione degli studenti della Sapienza per chiedere alla rettrice Deturpare le pietre d’inciampo significa non accettare il diritto alla memoria di chi ha sofferto di ritirare la mozione in solidarietà a Israele, ma anche la lettera pubblica pro Palestina sottoscritta da 100 professori della Sapienza non hanno lasciato indifferente Victor Fadlun, presidente della comunità ebraica di Roma. Che dopo aver fatto i conti nelle scorse settimane con diversi episodi di antisemitismo, ora si ritrova denunciare un’atmosfera, anche in città, sempre più inquietante. «Ismail Haniyeh, il capo di Hamas, ha dichiarato che è necessario versare il sangue di donne, bambini e vecchi palestinesi per riaccendere la voglia della Jihad. Come si fa nelle università a sostenere queste posizioni? Io trovo inaccettabile la presa di posizione firmata da tanti professori».
Presidente qual è il clima che si respira in città?
«Gli ultimi episodi sono stati molto spiacevoli. La profanazione delle pietre di inciampo, qualche scritta in giro, la stella di Davide paragonata al nazismo. In generale sono i risultati di un rigurgito antisemita che a tratti vediamo intorno a noi, anche a Roma. E questo non ci lascia sereni, anche se sentiamo la vicinanza e l’attenzione massima da parte di tutte istituzioni».
Che spiegazione date?
«Ci sono sentimenti non ancora elaborati nel profondo. Per fortuna solo in una parte della cittadinanza. Queste pietre di inciampo sono il tributo alla memoria dei cittadini italiani di religione ebraica che sono stati perseguitati e uccisi nei campi di sterminio dai nazisti».
A Trastevere ne sono state deturpate 4. Perché?
«Andarle a profanare significa non voler riconoscere il diritto alla memoria di queste persone e non voler riconoscere il diritto all’esistenza di chi è diverso da noi. Allo stesso modo, e penso alle scritte che abbiamo trovato sui muri del Ghetto, quando si vedono le stelle di David associate alle svastiche, la vittima viene associata al carnefice. Ma se la vittima viene accusata di essere il carnefice, significa che la vittima non è vittima, ma anzi, non ha il diritto di esistere. Perché la sua natura viene travisata e diventa quella del carnefice. E questo accade anche quando bruciano la bandiera di Israele nelle manifestazioni o strappano per strada le foto degli ostaggi e dei bambini. È come se queste persone non hanno diritto a veder riconosciuta la loro tragedia».
Però la condanna è stata unanime
«Tutti condannano la profanazione delle pietre di inciampo o i muri con le svastiche. Ma si tratta di condanne formali, di fronte a gesti esecrabili e antisemiti. La vera condanna deve essere fatta per i vivi, non per i morti. Il vero problema è quello di chi non riconosce ad Israele il diritto di esistere. Forse vorrebbero che tutti gli ebrei divenissero pietre di inciampo».
Secondo voi questo da cosa dipende?
«Uno degli elementi con cui si identifica l’antisemitismo moderno è quello di pretendere da Israele un comportamento diverso da quello che altri paesi avrebbero di fronte agli stessi avvenimenti. Ma Israele è uno stato che sta combattendo contro un’organizzazione terroristica. E innegabile che il popolo di Gaza stia vivendo momenti difficili. La tragedia è sotto gli occhi di tutti. Ma anche i palestinesi sono vittime dello stesso terrorismo che combattiamo. Per questo vedere che in Italia e a Roma qualcuno prende le parti di Hamas è inaccettabile. Mi chiedo se gli studenti delle scuole o delle università, dove ci sono più tensioni, abbiano immaginato quali siano le conseguenze se non ci fosse più Israele ma solo Hamas».
A Roma ci sono state tante manifestazioni pro Palestina molto partecipate e poche per Israele. Perché?
«La guerra si svolge su due livelli. Una sul campo e poi c’è un livello mediatico. Si è mossa una campagna per far credere all’opinione pubblica che siamo di fronte a una guerra di religione. Ma questo è quello che vuole Hamas».
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