Fonte:
La Stampa
Autore:
Francesco Moscatelli
“Giusto vietare i cortei antisemiti qui si tratta di incitamento all’odio”
Il giornalista: “Sono di sinistra e trovo inaccettabile che politici noti sfilino in questi contesti il 7 ottobre fu un pogrom, ciò che accade a Gaza è un massacro. E Netanyahu non ha una soluzione”
MILANO «In generale sono contrario a qualsiasi divieto di manifestare le proprie idee. Qualunque esse siano. L’unica eccezione, per quanto mi riguarda, sono gli incitamenti dichiarati all’odio e alla violenza. Ed è proprio il caso del corteo di Roma del 5 ottobre. Gli organizzatori sono gli stessi che da molti sabati, a Milano ma non solo, scendono per strada inneggiando ad Hamas e chiedendo la cancellazione dello Stato Israele. Perché “Palestina libera dal fiume al mare” significa esattamente la cancellazione di Israele, come per altro succede nei libri scolastici di molti Paesi arabi». Stefano Jesurum, giornalista, profondo conoscitore dello Stato ebraico e militante dell’associazione Sinistra per Israele, condivide la linea dura scelta dalla questura di Roma e dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Linea legittimata, ieri sera, anche dal decreto cautelare del Tar del Lazio. «Un conto erano le manifestazioni di alcuni anni fa in cui qualcuno magari si alzava e cominciava a scandire slogan pro Hamas. Non andava bene, ma non era quello l’intento della manifestazione in sé – spiega -. Oggi invece vedo un dichiarato e preventivo inneggiamento all’odio, che nella fattispecie è anche un inneggiamento all’antisemitismo. Quello che mi lascia allibito è che alcuni esponenti politici noti, che appartengono tra l’altro alla mia stessa area politica dato che ho sempre militato a sinistra e oggi sono iscritto al Pd, a sfilare in certe circostanze. Non è ammissibile».
I pro-Pal sostengono che le loro sono critiche legittime alle azioni del governo israeliano a Gaza…
«Io non sono abituato a sovrapporre le manifestazioni contro il governo di Israele all’antisemitismo, so bene che sono due cose profondamente diverse. Io stesso sono ferocemente contro l’attuale governo di Israele, anche se non sono certo antisemita dato che sono ebreo per nascita e cultura. Nell’ultima manifestazione milanese, però, non sono venuti fuori striscioni contro Netanyahu ma enormi cartelli con la fotografia della senatrice Liliana Segre e la scritta “agente sionista”. Questa non è una critica allo Stato d’Israele ma un attacco a una signora di 94 anni, oltre che a una senatrice, che è stata ad Auschwitz. E che è stata ad Auschwitz in quanto ebrea, non in quanto sionista. Ecco dove riscontro un incitamento più che palese all’antisemitismo».
Amnesty International ha detto che vietare la manifestazione significa violare uno dei diritti fondamentali. Anche Amnesty sbaglia?
«Mi limito a una considerazione pratica. Gli stessi organizzatori dicono che arriveranno 30 mila persone. Fare una carica dimostrativa contro 30 mila persone significherebbe mettere Roma a ferro e fuoco e questa mi pare una motivazione più che sufficiente per vietare la manifestazione. Non stiamo parlando degli studenti quindicenni di Pisa picchiati selvaggiamente. Qui stiamo parlando di organizzazioni e sigle, soprattutto alcune, che non danno molta possibilità di scelta. O vai in piazza con i blindati o la vieti. Non credo che in un caso del genere possa funzionare l’idea di circoscrivere l’evento a una piazza di dimensioni contenute impedendo ai partecipanti di sfilare».
Il divieto non rischia, al contrario, di creare ulteriori tensioni?
«Vietare peggiora il clima, è indubbio. Ma ripeto: non vedo alternative. Avrei fatto la stessa scelta. E lo dice uno che è sempre stato sulla posizione “due popoli due Stati”, non certo uno chiuso. Ricordiamoci poi che la data scelta, il 5 ottobre, era proprio a ridosso del 7, ovvero il primo anniversario del pogrom di Hamas».
Lei parla di pogrom per definire quanto accaduto un anno fa. I pro-Pal, invece, rivendicano il diritto di utilizzare la parola genocidio per descrivere quanto sta accadendo a Gaza. Dove sta la differenza?
«Il 7 ottobre è stato un pogrom perché l’idea di Hamas era: entriamo e ne ammazziamo il più possibile, nella maniera peggiore possibile, in quanto israeliani-ebrei. Quanto succede nella Striscia è un vergognoso massacro ma non può essere definito genocidio perché il fine degli israeliani, anche di quelli più criticabili, non è quello di sterminare il popolo palestinese».
A Gaza sono già morte 20 mila persone…
«Ribadisco: è un massacro inaccettabile. Hamas ci mette un quarto d’ora a sostituire i capi uccisi nei raid e nel frattempo muoiono migliaia di palestinesi. La cosa più grave è che Netanhyau non ha in mente una soluzione politica».
Alcuni mesi fa lei fu in prima persona vittima di antisemitismo. Le recapitarono una lettera con scritto «attento a non diventare anche tu una pietra d’inciampo». Quanto è preoccupato per quello che sta succedendo in Italia?
«L’antisemitismo in Italia come in altri Paesi è un fiume carsico che esiste da sempre. Prima era di matrice cristiana, poi politica. In alcune fasi riemerge perché stimolato da ciò che accade. Dopo i fatti di Gaza stiamo vivendo un’epoca di riemersione come dimostrano i dati del Centro di documentazione ebraica contemporanea. I loro report mensili su minacce, scritte sui muri, telefonate anonime e atteggiamenti provocatori descrivono un trend preoccupante. Io personalmente non ho paura che un giorno vengano a spararci. Però sono convinto che se fossi un ragazzo di 14 anni che normalmente porta la kippah, oggi in una scuola pubblica italiana me la toglierei. E questo è antisemitismo».