Fonte:
La Stampa
Autore:
Francesco Grignetti
“Ma intanto iniziamo a punire chi mente sull’Olocausto”
La senatrice Amati difende la sua proposta: in Europa funziona
La senatrice Silvana Amati, Pd, combattiva marchigiana che si batte da quattro legislature per le donne, la pace e i diritti degli animali, è anche l’ispiratrice del ddl che introduce il reato di negazionismo. Nonostante la sollevazione degli storici, lei insiste. Perché? «Perché vedo i segni di un rinascente neonazismo e non sono affatto tranquilla».
Gli storici però sono tutti contro. Anche quelli di sinistra. Anche quelli che siedono con lei nel Gruppo Pd del Senato come Miguel Gotor o Emma Fattorini.
Sbuffa. «Già, tutti molto cattolici, molto osservanti, questi storici che mi fanno il processo…».
Dicono che il reato è un grande errore.
«Premesso che è l’Europa che ce lo chiede, e che si sono già adeguate Francia, Germania, Austria, Belgio, Polonia e Svizzera, tutti Paesi sufficientemente democratici e rispettosi della libertà di pensiero, sono io a chiedere: scusate, ma non vedete i rigurgiti di neonazismo che attraversano il continente?».
In effetti è sotto gli occhi di tutti il successo di formazioni politiche xenofobe, antisemite e persino neonaziste. Ma è per legge che si ferma questo fenomeno?
«Guardi, è l’Europa che si preoccupa dei rigurgiti di antisemitismo. Vanno riconosciuti come un delitto. Anche perché sono segni di altro. Di pericoli anche più gravi. Bisogna mandare un segnale di fermezza».
Con il reato, gli storici dicono che si verrà a creare una verità di Stato.
«Mi dicono: così crei delle vittime! Forse, è un pericolo che bisogna correre. Gli storici, poi, si preoccupano tanto della loro autonomia di pensiero, ma io sento molto odore di casta. Questi quattro storici che vogliono essere lasciati alle loro speculazioni intellettuali, che vanno ai convegni e poi le loro cose restano lì, si mettono in cattedra e intanto la gente muore».
II punto è se sia meglio combattere il negazionismo con le armi della cultura o con il codice penale.
«Capisco il discorso. Ma da quanto tempo è che andiamo nelle scuole? Quant’è che i sopravissuti, poverini, vanno a raccontare le loro storie? Oppure quanto è che se ne discute in televisione e nelle cerimonie pubbliche? Oddio, con l’Olocausto è come la mimosa dell’8 marzo: si svegliano tutti solo alla data giusta. E vi sembra che le cose migliorino? A me non pare. Ci sono sempre più scritte sui muri. Ora pure le teste di maiale per posta. Vedo siti internet orribili, dove si brinda alla morte di Shlomo Venezia perché così c’è un testimone in meno. Quelli sono siti che andrebbero chiusi come quelli dei pedofili, ma per il momento lasciamo perdere. Insomma, la verità è che la cultura da sola non basta».
Scusi, ma non è un po’ troppo allargare il reato a tutti i crimini di guerra? Finirebbe sotto processo pure chi discute di Bosnia odi Ruanda.
«Noi prevediamo di affidare al Tribunale internazionale dell’Aia la “verità storica” sui crimini di guerra. Però sono disponibile a fissare intanto il principio che sia un delitto negare la Shoah. Poi, come i francesi, potremmo fare una legge contro chi nega il genocidio degli armeni».