Fonte:
la Repubblica
Autore:
Gabriele Isman
“I grillini sottovalutano il rischio del terrorismo”
ROMA. «Cosa dovrebbe stare alla base di un eventuale riconoscimento dello Stato palestinese da parte del governo italiano? Innanzitutto un riconoscimento al pieno diritto di esistere in sicurezza per Israele da parte della Palestina. Occorrerebbe una scelta esplicita e fattuale. Ma mi pare molto difficile che un governo europeo possa compiere un simile passo autonomamente».
Noemi Di Segni – 47 anni, commercialista nata a Gerusalemme ma romana d’adozione – da una settimana è la nuova presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, dopo essere stata assessore al Bilancio nella giunta precedente guidata da Renzo Gattegna. Di Segni – nessuna parentela con l’omonimo rabbino capo della Capitale – non si sottrae a una valutazione sulle posizioni assunte dai grillini nel viaggio in Israele, sulla volontà di riconoscere lo Stato della Palestina ribadita sabato da Luigi Di Maio.
Presidente, perché quelle parole non la convincono? .
«Ragioniamo su quanto accede in questi mesi in Europa e negli stessi Territori: il gruppo palestinese è formalmente riconosciuto come terroristico. D nostro cuore piange le morti di chiunque, anche quelle di Israele. Ma cercando di dare un segnale di stimolo a chi porta avanti le politiche di integrazione europee – tema difficile di questi tempi – ragioniamo su chi si invita e sui valori portati dagli invitati».
Cosa teme, presidente?
«In Europa si è vissuto per decenni in serenità, ma sappiamo quanto terrorismo c’è e quanto è pericoloso. Dobbiamo riconoscere il problema prima delle soluzioni, e temo che nelle parole dei 5Stelle vi sia una sottovalutazione del rischio terrorismo. La questione è italiana, non solo di quel Movimento: c’è un disagio nel riconoscere il problema Noi possiamo essere d’aiuto nella soluzione, ma è arrivato il momento per la società italiana di maturare questa consapevolezza. Si può scegliere la strada della sicurezza oppure si può scegliere di riconoscere soggetti deboli se tolti da quella violenza che li circonda I palestinesi starebbero meglio con una guida diversa da quella attuale».
Per lei la soluzione del conflitto israelo-palestinese può essere nella formula dei due popoli, due Stati?
«È questa la strada verso cui si sta andando. Anche da parte del governo israeliano c’è stata un’apertura in questo senso, ma il presupposto è il riconoscimento reciproco del diritto all’esistenza in sicurezza. La Carta nazionale palestinese non è una Costituzione matura, ma il grido di chi cerca un’ affermazione politica».
I 5Stelle prima ancora di conquistare il Campidoglio avevano messo in discussione le intese tra Acea e l’azienda israeliana Mekorot Ora ribadiscono: “Non facciamo accordi sui prodotti che vengono dalle colonie israeliane dei Territori”.
«Mekorot è una società a partecipazione statale molto importante, affidataria della gestione delle fonti idriche in Israele. Tutta la geografia della regione poggia su queste limitatissime risorse. Temo che quella dei 5Stelle sia una presa di posizione politica aprioristica, senza conoscere la topografia e la tecnologia. Beneficiamo tutti del credito tecnologico anziché etichettarlo politicamente. Poi colpisce che si metta in discussione un’intesa tra Acea, che ha problemi di dispersione dell’acqua, e Mekorot, specializzata nel valorizzare ogni goccia della risorsa».
II viaggio dei 5Stelle era stato organizzato con la collaborazione dell’ambasciata israeliana ma ha evidenziato comunque tensioni tra il movimento e il governo ospitante.
«Al di là delle parole sono certa che le percezioni di chi ha visto Israele con i propri occhi abbiano fatto palpitare il cuore in vari momenti. Questo viaggio li aiuterà a usare parole e terminologie diverse. Ci vuole tempo per maturare. Oggi poi devono andare alla Knesset di Gerusalemme: anche questo li aiuterà a capire meglio e a ricalicalibrare i giudizi. O almeno me lo auguro».