23 Novembre 2024

Intervista a Noemi Di Segni

Fonte:

Corriere della Sera

Autore:

Paolo Conti

«Una scelta che è benzina sul fuoco»

Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane: cosa pensa del mandato di arresto emesso contro Netanyhau e Gallant dalla Corte penale internazionale?

«E’ quasi banale dirlo ma è la riprova dei dubbi e delle preoccupazioni sulla correttezza e l’autorevolezza di tanti organismi internazionali nei confronti di Israele da tredici mesi a questa parte: l’Onu e le sue agenzie, la Croce Rossa con i suoi silenzi, ora la Corte. Tutti si prestano a un racconto a senso unico e all’isolamento di Israele».

Quali sono i suoi timori?

«Penso che non sono certo queste le forme per raggiungere gli obiettivi sostenuti dalla diplomazia per arrivare alla pace. Se si vuole mettere in sicurezza Israele, permettere il rientro degli ostaggi e aiutare il popolo palestinese a riprendere il proprio destino lasciandogli liberamente decidere da chi vuol essere governato, la strada non è quella di simili risoluzioni. Vedo un susseguirsi di mosse che creano un enorme problema, una patata bollente per l’Europa».

Cosa rischia l’Europa?

«C’è un contesto generale estremamente allarmante sul piano dell’antisemitismo. Penso a ciò che ha detto il Papa, e non ho bisogno di aggiungere altro… E penso alle proposte contro il dialogo con Israele avanzate da Joseph Borrell, responsabile della politica estera Ue. Per fortuna fino a oggi le singole componenti dell’Europa hanno garantito più equilibrio. Ma la decisione della Corte è benzina sul fuoco di una situazione europea molto complessa per tutti gli ebrei, basti pensare ai drammatici fatti dell’Olanda. Mi riferisco a questo».

Però la Corte penale internazionale ha adottato la stessa misura anche per il leader di Hamas.

«Una scelta che stride ancora di più, a nostro avviso, per il suo squilibrio. Solo Al-Masri? E tutti gli altri componenti del Consiglio? E poi mi chiedo: con tutti i crimini che si registrano nel mondo, perché la Corte si concentra solo su Israele. Così si rischia di sabotare un possibile cammino diplomatico che passa attraverso il dialogo soprattutto con i Paesi arabi moderati».