Fonte:
www.ugei.it
Autore:
Luca Spizzichino
Intervista a Katharina Von Schnurbein: “La nuova strategia della UE per combattere l’antisemitismo e promuovere la vita ebraica”
La Summer U, storico campeggio estivo organizzato dalla European Union of Jewish Students che quest’anno si è tenuto in Italia, ha visto la partecipazione di diversi esperti e cariche istituzionali a livello nazionale, europeo e internazionale: dalla presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni e l’Ambasciatore dello Stato d’Israele in Italia Dror Eydar al Global CEO dell’American Jewish Committee David Harris, fino ad arrivare alla Coordinatrice della Commissione Europea per la lotta all’antisemitismo Katharina von Schnurbein.
Nominata per questo incarico nel dicembre 2015, in precedenza ha lavorato per cinque anni come consulente del presidente della Commissione europea José Manuel Barroso sul Dialogo con le religioni e le organizzazioni non confessionali. La von Schnurbein ha iniziato a lavorare per la Commissione nel 2002, in qualità di addetta stampa per la Delegazione UE a Praga. Successivamente nel 2004 è stata portavoce del commissario UE Vladimir Špidla per l’occupazione, gli affari sociali e le pari opportunità.
Nell’anno accademico 2017-2018 ha ricoperto il ruolo di UE Fellow presso l’Istituto Universitario Europeo a Firenze alla ricerca di misure per combattere l’antisemitismo. Nell’aprile 2018 ha ricevuto lo Human Rights Prize dal B’nai B’rith Europe.
HaTikwa ha avuto l’onore di poterla intervistare in esclusiva riguardo la crescente ondata di antisemitismo che sta investendo l’Europa a causa dei movimenti sociali sorti a causa della pandemia e dell’ultima escalation tra Israele e la Striscia di Gaza, che hanno visto le comunità ebraiche occidentali oggetto di insulti e minacce.
Iniziamo con una premessa, non molti sanno che la Commissione europea ha da qualche anno istituito un ufficio per combattere l’antisemitismo. In che cosa consiste il suo ruolo? Di che cosa si occupa nello specifico?
Questo ufficio è stato istituito dopo che fu riscontrato dalla Commissione europea un significativo aumento dell’antisemitismo e degli attacchi terroristici contro le comunità ebraiche. Il messaggio che volevamo lanciare era chiaro: la Commissione affronta questo problema in maniera diretta e specifica.
Il mio ruolo è triplice: essere vicino alle comunità, rimanendo in contatto con loro, sia a livello nazionale che europeo, e con le diverse organizzazioni. Ci interfacciamo con le diverse realtà comunitarie, e con le informazioni acquisite consigliamo la Commissione europea in merito alle policy da intraprendere, dopodiché concordare le politiche e quindi metterle in pratica.
Come siete coordinati con i vari Uffici nazionali dei singoli stati membri, come per esempio con quello italiano presieduto dalla Professoressa Santerini?
Lavoriamo a stretto contatto con i vari Uffici nazionali, infatti possiamo anche decidere ciò che vogliamo fare a livello europeo, ma se i singoli stati membri non ci sostengono, allora quanto deciso non avrà alcun effetto sulle comunità ebraiche. Quindi per noi è importante lavorare con la Professoressa Santerini, che conosco da prima che diventasse Coordinatrice Nazionale. Ci incontriamo due volte l’anno a Bruxelles, insieme alle Autorità nazionali, a varie organizzazioni e alle comunità dei singoli stati membri, per discutere le azioni da intraprendere e le rispettive aree specifiche, come ad esempio l’educazione e la sicurezza, che sono responsabilità dei singoli Paesi. Noi possiamo aiutarli e sostenerli.
Le ultime manifestazioni No-Vax e No Green Pass hanno visto uno smisurato utilizzo della Stella di David come segno distintivo. Quanto può essere pericolosa una tale normalizzazione, se non addirittura banalizzazione, della Shoah?
L’aumento degli hate speeches antisemiti e delle teorie cospirazioniste che abbiamo visto durante il Covid è veramente enorme ed è spaventoso.
Sappiamo tutti che qualunque cosa accada online, può facilmente scendere in piazza, perciò dobbiamo affrontare questi problemi direttamente.
Nel 2016, per esempio, abbiamo adottato un codice di condotta per la rimozione dei contenuti illegali di incitamento all’odio. Stiamo facendo bene, ma c’è molto altro da fare, a causa degli algoritmi e la velocità con cui questi contenuti si diffondono. Abbiamo anche fatto passare una policy sulla disinformazione, perché molti dei contenuti online non sono necessariamente illegali, ma possono essere dannosi per la radicalizzazione e per la creazione di immagini distorte delle comunità ebraiche. Stiamo quindi pianificando una nuova strategia contro l’antisemitismo e la promozione della vita ebraica in Europa.
Ce ne potrebbe parlare?
In ottobre verrà adottata la European strategy on combating anti-semitism and fostering Jewish life. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il vicepresidente Frans Timmermans sono responsabili di questa nuova strategia, e hanno detto in maniera chiara che vogliono fare qualcosa di ambizioso e completo, capace di coprire tutte le aree.
Guarderemo alla prevenzione e alla lotta all’antisemitismo, anche online, ma anche a come garantire la sicurezza delle comunità ebraiche. Il tutto in stretta collaborazione con gli Stati membri e con sostegno dei finanziamenti dell’UE. Inoltre è importante capire come possiamo sostenere la diversità della vita ebraica e far conoscere la cultura ebraica al grande pubblico. Ed è proprio a loro che è diretta questa strategia, perché come sappiamo, il problema quando si parla di antisemitismo è l’antisemita e non la comunità ebraica. Ma a volte accade il contrario: per questo è importante aumentare la conoscenza delle tradizioni ebraiche.
Poi vogliamo focalizzarci sull’educazione e la ricerca sull’antisemitismo, così come anche il ricordo della Shoah, perché nei prossimi dieci anni dovremmo decidere come commemoreremo l’Olocausto, visto che avremo sempre meno sopravvissuti con noi. Penso che dovremmo esaminare il modo in cui ricorderemo la Shoah nei prossimi 10 anni e metterlo in relazione con i giovani e con l’opinione pubblica in generale.
Noi viviamo in una società multiculturale in cui molte persone non hanno avuto parenti in Europa durante la Shoah, quindi è importante che capiscano che quanto è accaduto fu un genocidio, oltre che una violazione dei diritti umani universali.
Cosa sta facendo il suo Ufficio per contrastare le tesi cospirazioniste che, soprattutto durante la pandemia, prendono di mira gli ebrei?
Penso ci sia bisogno di approccio in cui vengano coinvolti tutti gli attori in gioco.
Da una parte abbiamo una legislazione forte a livello europeo per quanto riguarda l’incitamento all’odio e anche riguardo la banalizzazione e la negazione dell’Olocausto, che tra l’altro sono illegali in tutta Europa, e tale legislazione deve essere applicata.
Ciò significa che dobbiamo anche perseguire chi diffonde hate speeches online, ed è una sfida, perché per farlo è necessaria molta capacità tra i pubblici ministeri e le autorità preposte all’applicazione della legge.
Dobbiamo lavorare a stretto contatto con le piattaforme, poiché devono riconoscere ancora di più la loro responsabilità per quanto riguarda la diffusione dell’odio. Per questo abbiamo sul tavolo il Digital Services Act, che aumenterà la trasparenza dei flussi di dati e di denaro delle pubblicità, così da capire da dove provengono questi contenuti d’odio. Devi essere trasparente se vuoi operare in Europa.
Poi abbiamo bisogno ovviamente di tutte quelle NGOs che possono essere delle segnalatrici affidabili, le quali possono trovare e accedere al contenuto, e poi agire a seconda dei casi.
Poi credo che sia importante dare agli utenti gli strumenti adatti, perché quando sei impegnato nell’affrontare l’incitamento all’odio come utente puoi facilmente diventare un obiettivo te stesso.
Avevate preventivato una tale ondata di odio antisemita sui social networks durante e dopo conflitto di maggio? Cosa farete in caso di un’eventuale futura escalation del genere?
È una vera sfida, perché riguarda ogni potenziale fonte per contenuti antisemiti, Covid incluso. C’è un enorme aumento dei contenuti, quindi, come ho detto prima, dobbiamo responsabilizzare i diversi attori. E ovviamente è necessario anche agire contro la disinformazione. Ma c’è un aspetto in particolare che riguarda l’antisemitismo legato ad Israele: ho la sensazione che gli ebrei qui in Europa siano ritenuti responsabili di qualunque cosa stia accadendo in Israele e che si trovino in una posizione in cui debbano dare spiegazioni. Ovviamente c’è un legame con Israele, ma ritenere gli ebrei in Europa responsabili di quanto accade nel conflitto è già di per sé antisemita. Penso che dobbiamo essere molto più chiari sul fatto che, nonostante Israele abbia un ruolo importante nell’identità degli ebrei in Europa, questi siano semplicemente cittadini europei.