Fonte:
La Repubblica
Autore:
Tonia Mastrobuoni
Felix Klein “Così in Germania combatto l’antisemitismo sempre più esibito”
Di che cosa stiamo parlando
Gli episodi di antisemitismo si accumulano in Germania esembrano anche cambiare segno. C’è quello tradizionale, ci sono “i pregiudizi vecchi di secoli” della discriminazione tedesca, che non è scomparsa neanche dopo l’Olocausto. Ma c’è anche quello che il primo Responsabile tedesco perla lotta al l’Antisemitismo, il diplomatico Felix Klein, chiama l’antisemitismo “importato”, quello di matrice islamica.
Felix Klein è il primo “Responsabile per la lotta all’antisemitismo” in Germania.
Che cosa significa questo incarico?
«Il governo ha riconosciuto che, nonostante i molteplici sforzi di combattere l’antisemitismo, è necessario prevedere un ruolo del genere. Ma io interpreto il mio compito anche così: i politici e i cittadini non devono sentirsi sollevati dal compito di combattere in modo deciso l’antisemitismo. Sarebbe fatale. L’antisemitismo è ancora presente nella nostra società e tutti siamo chiamati a fare qualcosa per combatterlo, non solo i politici».
Ma l’istituzione del suo ufficio è un sintomo che l’antisemitismo si è aggravato?
«È sempre esistito in Germania, anche prima della grande ondata di profughi del 2015. Ma ora si esprime in modo più aperto e sfrontato. La soglia di allarme si è abbassata. Frasi che sarebbero state impensabili, anni fa, ora vengono pronunciate. Penso che il web abbia contribuito molto a questa deriva. Non penso che l’antisemitismo sia aumentato, ma diventato più evidente».
La Grande crisi ha fatto riemergere fantasmi del passato come le teorie complottiste sul dominio della finanza ebraica. Quanto la preoccupa il ritorno di queste fandonie?
«Sì, si pensi ad esempio alla campagna contro il finanziere ebreo George Soros che si è scatenata in alcuni Paesi. Il problema è molto grave. Anche perché l’antisemitismo è una forma molto particolare di discriminazione. I razzisti, di solito, umiliano l’oggetto del loro odio perché lo ritengono inferiore. L’antisemita ritiene gli ebrei una minaccia, parte di un complotto mondiale, qualsiasi esso sia. Perciò è giusto aver creato un Responsabile specifico che si batta contro ogni forma di antisemitismo».
Una domanda stupida: come mai l’antisemitismo resiste in Germania, un Paese che si è reso colpevole di uno dei peggiori crimini della storia umana, il tentativo di sterminare tutti gli ebrei?
«Invece è un’ottima domanda. Non ce ne siamo liberati, è vero. E nonostante l’esperienza estrema del tentativo sistematico di sterminare gli ebrei. Il problema è che continuano a funzionare pregiudizi vecchi di secoli, ma anche che ci sono nuove sfide. Molti giovani tedeschi e molti migranti non sentono più la responsabilità della complicata storia tedesca. Spesso pensano “cosa c’entriamo noi con l’Olocausto?”. E poi c’è il cosiddetto “antisemitismo importato” che trasferisce nelle piazze tedesche il conflitto israelo-palestinese».
Ma dov’è il confine tra una critica legittima alla politica israeliana, non sempre pacifica, e l’antisemitismo?
«Basta fare un semplice test. Sostituisca “Israele” con un altro Paese. E quando si mette in discussione il diritto di Israele a difendersi, credo che la soglia dell’antisemitismo sia superata».
Trova giusto il suggerimento del presidente della Comunità ebraica in Germania, Josef Schuster, a non indossare la kippà nelle grandi città tedesche, dopo che un ragazzo era stato aggredito in pieno giorno a Berlino?
«Un’affermazione del genere ci deve preoccupare molto. E i casi di Prenzlauerbergodel rabbino picchiato nel Tiergarten, sempre a Berlino, 5 anni fa, dimostrano che la preoccupazione è fondata. Però vorrei anche ricordare che c’è un ritorno della vita ebraica in Germania. E sono contento che Schuster non consigli agli ebrei di emigrare in Israele».
Com’è possibile che nelle scuole tedesche “ebreo” sia diventata una parolaccia?
«Incredibile. Ai miei tempi era impensabile. È un altro segnale dell’imbarbarimento della società, di un calo generale della soglia del pudore. Si pensi alla famigerata canzone rap con il verso dei “corpi scolpiti come prigionieri di Auschwitz”. Una provocazione voluta, una linea rossa attraversata volutamente. Questo imbarbarimento non è solo nei cortili delle scuole, è un fenomeno più ampio. E va combattuto».
Nell’80esimo anniversario delle leggi razziali come dovremmo ricordare la persecuzione degli ebrei in Italia?
«AI momento l’Italia presiede l'”International Holocaust Remembrance Alliance”. Sono molto contento che si ricordino le Leggi razziali e che si torni a tematizzare la lotta all’antisemitismo anche in Italia».