Fonte:
Il Mattino
Autore:
Dan Haezrachy
Napoli, se la città di pace sfida Israele
Napoli si è definita città della pace e della giustizia, ma quando si tratta di Israele sembra più che altro un teatro di guerra ideologica. Che a Napoli si organizzino eventi anti-israeliani non è una novità, ma il consiglio comunale sembra ora intraprendere una vera e propria battaglia anti-israeliana. Il convegno «A Napoli il Mondo: recepire il diritto internazionale umanitario nella quotidiana pratica amministrativa», svoltosi il 16 marzo, ha tracciato un’agenda anti-israeliana che ripropone la stessa retorica rigettata dagli Stati e dai tribunali di mezzo mondo. Si propone di redigere una lista di «ditte che non violano il diritto internazionale», di escludere dagli appalti pubblici quelle che lo violano e di istituire un osservatorio a tal fine. Un’ iniziativa apparentemente encomiabile per chi ha tanto a cuore la pace e la giustizia nel mondo. Ma chi sarà a decidere chi è una ditta «buona» e una ditta «cattiva»? Sarà forse Alessandro Fucito, presidente del consiglio comunale che già l’anno scorso ha partecipato a un evento sponsorizzato dal Comune per l’esclusione dagli appalti pubblici di aziende italiane che operano in Israele? Oppure il consigliere Mario Coppeto, tra i promotori della contestata iniziativa di conferire la cittadinanza onoraria a Bilal Kayed, lungi dall’esser un uomo di pace? Sarà forse la consigliera Eleonora de Majo a decidere chi sono le ditte buone e chi quelle cattive, dopo un lungo curriculum di affermazioni violentemente anti-israeliane – prima per aver dato dei «porci negazionisti» agli israeliani, poi per aver equiparato Netanyahu a Hitler, sostenendo che gli israeliani perpetrerebbero politiche di genocidio. Al convegno è intervenuta anche l’attivista Miriam Abu Samra che ritiene la lotta palestinese un problema legato al presunto colonialismo israeliano, definisce i palestinesi come popolazione indigena e critica la dirigenza palestinese per non difendere a sufficienza il diritto al ritorno dei profughi palestinesi. Si dimentica però che paradossalmente proprio per Israele i palestinesi sono arrivati ad avere un’indipendenza che nemmeno rivendicavano sotto occupazione giordana. L’ossessione del diritto al ritorno è un altro chiaro elemento ideologico di rifiuto dell’esistenza di Israele, che cancella parte della storia: se di profughi si parla, allora anche i profughi ebrei cacciati dai Paesi arabi dopo la costituzione dello Stato di Israele devono essere parte del dibattito politico. Si parla di pace, quindi, oppure di un obiettivo politico anti-israeliano? Hanno partecipato all’evento anche il gruppo Bds-Campania, parte del movimento Boicottaggio, Disinvestimenti e Sanzioni che promuove la discriminazione di Israele, dei cittadini israeliani e di chiunque collabori con loro. Con la pace e diritti umani si vuole però imporre a Napoli un’ideologia che vede Israele come un paria che si macchia di terribili crimini come le violazioni del diritto internazionale umanitario. Napoli, però, arriva tardi. In Spagna, per esempio, alcuni comuni avevano adottato politiche anti-israeliane, mascherate da lotta per la giustizia, poi cassate perché chi ha la competenza di imporre sanzioni è solo lo Stato, che decide di politica estera. Iniziative di boicottaggio sono finite nei tribunali di Francia, Canada e Stati Uniti, e i giudici hanno sempre deciso nel senso dell’illegalità di tali iniziative. Tanto più se si parla di diritto internazionale umanitario, che gestisce le regole della guerra, quindi rivolto agli Stati e ai gruppi armati. In una causa in Francia addirittura i promotori sono stati condannati per incitamento alla discriminazione. Una proposta di politica di «sanzioni» che il Comune di Napoli dovrebbe adottare non solo non rientrerebbe nelle competenze del Comune, ma è principalmente una questione politica. 11 Comune di Napoli vorrebbe essere città della pace e della giustizia, ma dimostra una certa propensione per campagne ed eventi che fomentano il sentimento anti-israeliano e incitano alla discriminazione contro Israele. Una propensione che rispecchia le ideologie che guardano con fascino alla cosiddetta «resistenza palestinese», giustificando il terrorismo e la retorica belligerante dei palestinesi (come dimostra la proposta di cittadinanza onoraria a Bilal Kayed). Israele è messa alla gogna da un’ignoranza ideologica, che fa dello Stato ebraico un mostro (come ama definirlo quell’attivista il cui film antisemita «Israele il Cancro» è stato proiettato anche a Napoli) da dover cancellare per rendere giustizia ai palestinesi e al mondo. Sono queste la pace e la giustizia di cui Napoli vuol farsi bandiera? Chiamiamole con il loro nome: né pace né giustizia, ma iniziative anti- israeliane. Perché Napoli sia una vera città della pace, si dovrebbe intraprendere la strada del dialogo, del confronto, per promuovere la diversità di opinioni, il pluralismo culturale e l’accettazione dell’altro. Napoli può essere una città della pace e della giustizia, ma per esserlo dovrà liberarsi da morse ideologiche e adottare vere politiche di pace. Come aveva detto il profeta Zaccaria: «Giudicate nelle vostre città secondo verità, giustizia e pace». La verità è imprescindibile per la giustizia e la pace.