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Pagine ebraiche
Maraini e l’ebraismo, voci a confronto
Numerosi gli interventi ospitati sui nostri notiziari quotidiani sul “caso Maraini”. L’affermata scrittrice, alla vigilia del Natale, era uscita sul Corriere della sera con un testo carico di veleno sull’Antico Testamento, a suo dire caratterizzato da “giustizia come vendetta, profonda misoginia, intolleranza e passione per la guerra”. Parole su cui è poi tornata, facendo marcia indietro, ma con una precisazione ritenuta non pertinente dalla Presidente UCEI Noemi Di Segni. Il suo articolo, in ogni caso, ha fatto discutere per settimane. E suscitato forti reazioni anche in campo cattolico, riportate nella parte alta di questo giornale. Tra i nostri opinionisti, lo storico Claudio Vercelli ha tra gli altri scritto: “C’è di che riflettere su alcune cose. La prima di esse è che quel breve, incongruo ed infelice testo sia comparso su uno dei maggiori quotidiani nazionali. Proprio perché tutte le testate d’informazione cartacea sono in crisi, e da tempo, una maggiore cura su quanto viene veicolato e pubblicato sarebbe a dire poco auspicabile. Alziamo da subito le mani e chiariamo che non si sta chiedendo nessuna censura: si tratta semmai di filtrare ciò che, spesso ad una lettura anche solo veloce, risulta inopportuno se non offensivo (se poi, invece, la singola testata si riconosce in esso, allora altro è il discorso: ognuno si assuma le sue responsabilità, punto e a capo)”. Proseguiva Vercelli: “Uno degli elementi della decadenza pubblicistica è, tra gli altri, proprio il fatto che nella grande quantità di parole che vengono quotidianamente riversate su un pubblico sempre più distratto, poiché assediato da comunicazioni di ogni tipo, la verifica sulla qualità della scrittura, ed anche sulla sua pertinenza rispetto ad una coerenza editoriale, tende ad allentarsi se non a deflettere”. Così invece Gadi Luzzatto Voghera: “Le questioni aperte dalla polemica sull’improvvido articolo di Dacia Maraini non sono riducibili alla più o meno velata accusa di antisemitismo. Non mi sembra questo il tema principale. Certo è inaccettabile quel che ha scritto Maraini, ma è altrettanto grave che il Corriere l’abbia pubblicata. Il problema è, a mio parere, la valutazione di quanta e quanto profonda sia nella società italiana la non conoscenza dei fondamentali della cultura religiosa, considerata ad ampio spettro”. I programmi scolastici, ricordava Luzzatto Voghera, delegano alla Chiesa cattolica l’insegnamento religioso nelle scuole dell’obbligo. Con conseguenze purtroppo inevitabili: “Ne derivano troppo spesso corsi confessionali che non fanno in alcun modo riferimento ai testi (la Bibbia, i Vangeli) in maniera sistematica mentre prediligono lezioni catechistiche e improvvisate incursioni nella sociologia”. A denunciare la superficialità del testo anche Anna Foa: “Una lettera firmata insieme da Marco Morselli e da don Matteo Ferrari, in rappresentanza delle Amicizie ebraico-cristiane, del Segretariato attività ecumeniche e dei Colloqui ebraico-cristiani di Camaldoli, richiamava alle acquisizioni del dialogo ebraico e al fatto che le affermazioni della scrittrice rinviavano a un antigiudaismo ormai sepolto dalla Chiesa. Sul Corriere il vescovo di Vasto e Chieti Bruno Forte interviene a sua volta confutando la contrapposizione tra Gesù e l’ebraismo proposta dalla Maraini: ‘Lo stesso Gesù… è ‘ebreo per sempre’, tutti i valori di eguaglianza, giustizia e pace, che egli ha annunziato e vissuto, non sono proposti da lui contro l’ebraismo, ma come eredità di esso da custodire e promuovere per il bene dell’intera famiglia umana’. Delle due l’una: o Dacia Maraini si schiera con i cattolici tradizionalisti che rifiutano le acquisizioni conciliari, o la prossima volta prima di scrivere si informa”. “Dacia Maraini è una riconosciuta Maîtresse à penser, quindi sorprende molto che si stia anche lei adeguando allo spirito della superficialità che caratterizza disastrosamente, e colpevolmente, il nostro tempo. Ai Maestri del pensiero è lecito chiedere che scrivano dopo aver studiato e approfondito i loro argomenti. Altrimenti – il pensiero di Dario Calimani – rischiano di aggiungersi allo stuolo di scrittori improvvisati che sui social, con verità improvvisate, amareggiano le nostre giornate e contaminano i nostri pensieri”. Per Calimani alla scrittrice merita chiedere, proprio a seguito delle sue osservazioni, “come sia stato possibile che da una religione di ‘vendetta e di guerra’ sia discesa una religione di amore”. Ma anche come mai, poi, “la religione dell’amore si sia trasformata in religione di storiche e incancellabili ‘nefandezze’, come lei stessa riconosce: a meno che non si voglia affermare che la vendetta cristiana è caduta come una mazza per colpire lo spirito vendicativo degli ebrei”. Il che tuttavia, spiegava Calimani, “andrebbe contro la tesi, in quanto dimostrerebbe lo spirito vendicativo del cristianesimo”. Tutti quesiti “che hanno lacerato la coscienza della civiltà occidentale per duemila anni e che Dacia Maraini e compagni farebbero bene a considerare prima di sparare dannosissime banalità da Bignami delle religioni”. Così Stefano Jesurum: “Il 24 mattina leggo sul Corriere della sera ‘La nuova voglia di idealismo’ di Dacia Maraini. Basito, lo ripasso con più attenzione, e mi chiedo come una nota intellettuale, una scrittrice di fama a me non è mai piaciuta particolarmente, ma è un optional insignificante – possa riversare in poche righe tanta ignoranza e riproporre, più o meno consciamente, i pilastri-base del pregiudizio antigiudaico che fu ed è terra fertile per l’antisemitismo. Indignato, rabbioso, deluso dal ‘mio’ giornale che quel pezzo ha pubblicato senza aprir bocca, posto sulla mia pagina Facebook il trafiletto medesimo ed esprimo con forza la mia disapprovazione. E una vergogna, dico. Poi trascorro praticamente l’intera giornata a rispondere, spiegare, confrontarmi”. Continuava Jesurum: “C’è chi mi dà ragione e mi supporta con dotti approfondimenti, e ci sono molte donne e molti uomini che reputano le critiche esagerazioni, che più o meno velatamente sostengono l’eccessiva ‘sensibilità’ di noi ebrei, che sparano sesquipedali idiozie di carattere sia teologico che storico”. “C’è da chiedersi – rifletteva David Sorani – perché Dacia Maraini sia pronta a vedere nell’ebraismo un modello di arcaismo oppressivo e non sia attenta a descrivere gli ebrei come minoranza perennemente emarginata e perseguitata. C’è da chiedersi perché non apra la sua riflessione e la sua introspezione al tema oggi drammaticamente attuale dell’antisemitismo riemergente e dilagante. Eppure tra i fantasmi del passato capaci di alimentare i sensi di colpa dell’Occidente l’antiebraismo non occupa certo un posto secondario”. Osservava allarmata Lisa Palmieri Billig: “Abbiamo assistito di recente ad un’epidemia di riferimenti infamanti verso gli ebrei e l’ebraismo da parte di intellettuali e politici italiani che, consapevolmente o inconsciamente, si rifanno alle fake news antisemite per dare peso e credibilità alle loro affermazioni. Mostrano tutti una pesante mancanza di conoscenza e una lettura sbagliata dei fatti che usano per supportare le loro tesi, che si prestano poi a interpretazioni antisemite. Questi esponenti del dibattito pubblico, che cercano una platea per le loro opinioni, trascendono le solite categorie di sinistra o destra, religiose o laiche, del nord o del sud, giovani o anziani, dei media sociali o di professione. L’analfabetismo culturale ha contagiato tutti gli strati della società contemporanea”. “Una volta – ha scritto Francesco Moises Bassano – un’amica supplente mi raccontò che durante l’ora di religione l’insegnante affermò risolutamente ai propri allievi di terza elementare ‘che i sacerdoti ebrei del tempio avevano condannato a morte Gesù di Nazareth’. Non mi stupirei se da adulti qualcuno di questi bambini non avrà dei giudizi granché positivi sugli ebrei. Il testo di Dacia Maraini si inserisce allora bene in queste narrative”. In parte del mondo cristiano, prosegue Bassano, permane o è ben viva l’idea degli ebrei “caparbi”, “deicidi”, e “restii” a seguire la “religione d’amore, di pace e di giustizia” introdotta da Gesù di Nazareth per mantenere quella “guerresca, vendicativa e severa dei padri”. In una lettera aperta alla Maraini Gigliosa Sacerdoti Mariani e Lea Campos Bora Levi hanno scritto: “Ci rimane del tutto inspiegabile il motivo per il quale, ‘proprio sotto Natale’, esprimendo simpatia per ‘la novità del movimento delle sardine’, abbia ritenuto opportuno paragonarlo alla rivoluzione di Gesù, che sarebbe stata rivolta contro ‘la severa e vendicativa religione dei padri’, riprendendo formule obsolete secondo l’insegnamento attuale della Chiesa cattolica, quasi strizzando l’occhio a forze che rimpiangono la Chiesa preconciliare, che guardano cioè all’indietro, verso un passato che speriamo non torni più”. Jonatan Della Rocca ha avanzato una proposta: “L’articolo becero e antisemita di Dacia Maraini ci pone degli interrogativi sempre attuali. Ci indigniamo quando i tifosi negli stadi inneggiano a slogan antisemiti e razzisti per i quali invochiamo e alcune volte otteniamo il daspo, l’allontanamento dagli stadi. Ma per questa sorte di intellettuali nostrani che scrivono strafalcioni zeppi di ignoranza, che vengono letti da centinaia di migliaia di lettori, causando una disinformazione a dismisura, che cosa dovremmo chiedere: un daspo giornalistico? E per le testate che li ospitano? O chi è alfabetizzato è immune da tali pene?” Anche Davide Assael, come altri, ha invitato a cogliere alcuni segnali positivi nel confronto apertosi dopo la pubblicazione dell’editoriale: “Del trambusto creato dalle parole di Dacia Maraini – il pensiero esplicitato in una riflessione idealmente conclusiva – ciò che consola sono state le reazioni del mondo cattolico. Molti, alcuni dei quali attraverso queste pagine, si sono sentiti di intervenire per sottolineare come quelle usate dalla scrittrice siano parole sorpassate dalla storia, che nessun uomo di Chiesa oggi si permetterebbe di pronunciare”. “Questo – è ancora Assael a scrivere – fa anche capire quale grande rivoluzione culturale sia stato il Concilio Vaticano II voluto da papa Giovanni, senz’altro il pontefice più rivoluzionario degli ultimi secoli”.