Fonte:
Moked.it
Autore:
Adam Smulevich
“Antisemitismo, una sfida anche culturale Ma è necessario rafforzare i presidi”
Responsabilità, consapevolezza, lotta contro l’indifferenza. Memoria degli orrori del passato ma anche difesa della vita ebraica nel presente e nel futuro. Sono tante le parole e i concetti chiave evocati da Felix Klein, incaricato del Governo Federale di Germania per la lotta all’antisemitismo, ieri protagonista di un incontro sul tema dell’odio e del populismo, anche in una prospettiva europea, organizzato di concerto da ambasciata tedesca e Unione delle Comunità Ebraiche Italiane nei locali della Bibliotheca Hertziana.
Un incontro carico di spunti, a pochi giorni da un voto continentale che si annuncia carico di incognite e insidie e poche ore dopo l’attacco antisemita di Helsingborg, cui hanno preso parte anche la direttrice del Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara Simonetta Della Seta, anche nel ruolo di moderatrice della conferenza, la presidente UCEI Noemi Di Segni, l’ambasciatore Sandro De Bernardin, a capo della delegazione italiana all’International Holocaust Remembrance Alliance e l’ambasciatore Viktor Elbling con alcune riflessioni conclusive.
“Temi di stringente attualità, che oggi possiamo sviluppare partendo da un osservatorio speciale quale è la Germania. Un osservatorio che talvolta può intimidirci, per il suo passato. Ma che è centrale per capire quel che sta accadendo in Europa” ha esordito Della Seta, davanti a una platea con molte presenze giovanili, dando poi la parola a Klein.
Un dettagliato excursus storico, il suo, per capire dove si annidano le radici dell’odio e cogliere il complesso spettro di sfumature ideologiche e identitarie che rappresentano. Decisivo, per Klein, uno sforzo ancora più intenso per spiegare alla società occidentale ad ogni livello che il Cristianesimo deriva dall’ebraismo e che quindi “ogni attacco alla vita ebraica è un attacco a ognuno di noi”. Ma l’antisemitismo, come ormai acclarato, non si nutre solo di pregiudizi millenari della cultura dominante in Europa. È anche, tra le varie casistiche, il prodotto del rifiuto dell’esistenza di Israele, del suo diritto ad essere Stato ebraico spesso mascherato da antisionismo. Come ricorda anche la definizione di antisemitismo dell’IHRA che il Consiglio UCEI, all’unanimità, ha invitato ogni governo a far propria in una storica votazione dello scorso dicembre. Un modello cui far riferimento, secondo Klein, che ha esortato a perseverare nel lavoro di sensibilizzazione di classe politica, magistratura e mondo della scuola sul tema dell’odio. “Non bisogna aver paura di denunciare e non bisogna smettere di informare e accrescere consapevolezza. Non sono sufficienti gli incontri e i dibattiti, è necessario affermare con forza anche alcuni presidi giuridici” il suo messaggio, condiviso dagli altri relatori.
Diverse le forme di antisemitismo passate in rassegna dalla presidente UCEI: da quello di matrice cattolica alle pulsioni dell’estrema sinistra, da quello portato avanti da alcune forze politiche populiste ad ambienti islamici che si fanno sempre più ostili. “La nuova forma di indifferenza è oggi nel digitale, sui social network, dove in tanti assistono a manifestazioni di odio in modo passivo” ha affermato Di Segni. Anche per questo, dopo aver menzionato alcune iniziative intraprese con gli organi competenti, Di Segni ha detto che “è necessario proseguire nell’opera di formazione, nel campo della scuola, dove lo sforzo è particolarmente intenso, ma anche con i vertici della magistratura e il sistema dell’informazione”. Il tutto con l’obiettivo di rafforzare, attraverso una maggiore consapevolezza della minaccia, “cultura e convivenza”. Per quanto riguarda i rapporti con l’attuale governo, la presidente dell’Unione ha ravvisato una difficoltà a farsi comprendere su alcuni temi anche se, ha aggiunto, “nel concreto i progetti precedentemente avviati non stati ritirati”.
“In Italia – secondo l’ambasciatore De Bernardin – c’è la tendenza a vedere l’antisemitismo come un fatto folkloristico del passato”. Una sostanziale miopia sul presente, quindi, “che rende ancor più importante la definizione dell’IHRA”. Basandosi anche sui dati raccolti dal CDEC, l’ambasciatore ha parlato di “evidente crescita di episodi antisemiti, specie sul web”. Queste, per il rappresentante IHRA, le sfide principali da affrontare: una narrativa distorta “ancor più insidiosa del negazionismo”; la tendenza a sdoganare e banalizzare; il tema sempre attuale dell’indifferenza; e l’under reporting, e cioè una denuncia di fatti antisemiti “di molto inferiore al dato effettivo”.
Concordi tutti i relatori sul fatto che, oltre allo sforzo repressivo, sia necessario implementare un lavoro sul piano culturale e formativo. Come testimoniato dal Meis stesso, istituito per raccontare millenni di presenza e contributo ebraico con l’obiettivo di smontare radicati pregiudizi. Lo fa anche in questi mesi, ha ricordato Della Seta, attraverso la mostra “Il Rinascimento parla ebraico” che porta al centro una testimonianza viva del rancore e dell’ostilità alimentate per secoli, a Trento e non solo, nel nome del piccolo Simonino. Un museo e un polo di aggregazione il Meis che, ha sottolineato la sua direttrice, sta ampliando giorno dopo giorno il proprio raggio d’azione. Lo provano tra le altre due riuscite presentazioni, negli scorsi giorni, a Berlino e Parigi.
“L’antisemitismo è un virus che esiste, che è tra noi. Il vero tema è se esistano o meno gli anticorpi per contrastarlo” la riflessione dell’ambasciatore Elbling. “La cosa prioritaria è che lo Stato abbia una posizione chiara. Il concetto di fondo è uno: non si può essere tolleranti con gli intolleranti”.