Fonte:
Shalom
Autore:
Stefano Gatti
Dopo gli eccidi compiuti da Hamas il 7 ottobre, in Italia la solidarietà nei confronti degli ebrei massacrati è durata meno di un battito di ciglia. Il 10 di ottobre sono iniziate le manifestazioni contro Israele (che si sono fatte sempre più frequenti) promosse dalle organizzazioni arabo-islamiche vicine ad Hamas, e dalle associazioni della sinistra antagonista, con la partecipazione di migliaia di persone. Il radicalismo islamico ha portato nelle piazze e sul web il suo antisemitismo rozzo e sanguinario, malamente abbigliato da “antisionismo”, e la sua strategia che auspica la cancellazione dello Stato di Israele e della sua gente (From the river to the sea Palestine will be free). Negli stessi giorni, i principali organi di informazione hanno iniziato a parlare della “vendetta” d’Israele verso la “popolazione palestinese inerme”: da lì sono iniziati gli aggiornamenti quotidiani dei morti palestinesi, che pare siano quasi esclusivamente anziani, donne e, soprattutto, bambini, con questi ultimi definiti da un quotidiano “dei Gesù uccisi da Israele”. Anche alcune organizzazioni religiose e umanitarie hanno fatto dei distinguo, con la condanna dei “militanti” di Hamas ma soprattutto di Israele, che da “75 anni opprime i palestinesi”.
Diversi sindaci di alcune delle principali città italiane, sempre in prima fila durante le manifestazioni per il 27 gennaio, hanno addotto cautele e ostacoli nell’esprimere una chiara e franca solidarietà verso i civili israeliani fatti a pezzi da Hamas. Quando poi gli estremisti “pro pal” hanno cominciato ad occupare scuole ed aule universitarie creando un clima di intimidazione e minaccia per gli studenti ebrei e/o israeliani, e ad organizzare dure manifestazioni contro i “nazi-sionisti” e pro Hamas, gli stessi primi cittadini – in certi casi ex cattedratici – sono stati pressoché silenti e financo infastiditi dalle richieste di solidarietà agli ebrei minacciati dall’antisemitismo. Anche la Chiesa cattolica è scesa in campo riproponendo alcuni capisaldi dell’antigiudaismo, come il concetto che gli ebrei tendano alla vendetta e alla crudeltà, come detto persino da un monsignore nel corso di una seguita trasmissione televisiva.
In questo clima avvelenato, l’antisemitismo ha cominciato a svilupparsi velocemente, mostrando il suo volto più torvo. L’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, che realizza le relazioni sull’antisemitismo per l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e per gli enti governativi italiani da circa cinquant’anni, sta registrando dati che riportano l’orologio al 1982, durante la Guerra del Libano. Se da anni la media è di circa 20 episodi mensili, negli ultimi tre (ottobre – dicembre 2023) si contano circa 80 casi al mese. La maggior parte di quelli rubricati dall’Osservatorio Antisemitismo rientrano generalmente nella tipologia Diffamazione e insulti, ovvero narrative/pregiudizi/stereotipi antisemiti applicati alla realtà virtuale (es. post offensivo sul web sociale) o al mondo reale (es. discorsi antisemiti al bar o al supermercato). Questa tendenza è consolidata, ma dopo il 7 ottobre si è verificata una netta rottura con il passato, con circa metà degli atti contro gli ebrei che si consumano offline: minacce di morte scritte sui muri interni di locali frequentati da ebrei, aggressioni (verbali e fisiche) a studenti in scuole ed università, molestie e pressioni ai danni di studenti ebrei e/o israeliani, vandalizzazioni di case e proprietà di ebrei. Il livello di aggressività cresce poiché si amplia l’accettazione sociale per l’antisemitismo legato ad Israele: se i “sionisti” sono uguali/peggio dei nazisti è lecito e democratico annichilirli. Come detto anche da un’importante accademica americana, invocare il “genocidio degli ebrei” può essere lecito, “dipende dal contesto”.
Gli eventi che coinvolgono Israele danno sempre la stura ad un antisemitismo crudele e sanguinario che recupera (anche da parte di laici) stilemi antigiudaici rimodellandoli sulla realtà “sionista”. Anche in una società secolarizzata come quella italiana, il retaggio di pregiudizi antiebraici di origine cristiana in determinate situazioni riemerge prepotentemente, anche ad opera di musulmani, come traspare chiaramente dal web e nelle manifestazioni “pro pal”.
I massacri del 7 ottobre e il conflitto che ne è scaturito ci offrono due inquietanti indicazioni: il forte radicamento dell’immaginario antisemitico coi suoi tetri miti di accusa (dal deicidio al cannibalismo rituale), pronti a riattivarsi – con rinnovata violenza – quando Israele è coinvolto, e la debolezza delle strutture che sono state erette per contrastare l’antisemitismo. Vent’anni di Giorno della memoria e di iniziative UE e di enti internazionali stanno mostrando tutta la loro fragilità: basta poco perché queste difese crollino, permettendo ai mostri dell’antisemitismo di tornare all’attacco.