Fonte:
La Stampa
Autore:
Elena Loewenthal
Quelle fucilate di falsità vendute in libreria
A volte ritornano. O forse non se ne sono mai andati. A volte i libri sono fucilate di falsità. Le parole sono pietre, diceva Carlo Levi, e I protocolli dei Savi di Sion sono state (sono ancora?) un’arma letale, l’ispirazione di quel virulento razzismo antisemita i cui esiti nel Novecento ben conosciamo. Un odio tragicamente trasversale, visto che questo libello in cui si descrive un fantomatico «potere giudaico» che governa il mondo era opera della polizia zarista agli inizi del secolo scorso. Presto smascherati, i Protocolli si sono tuttavia fatti strada lungo la storia recente serpeggiando ancora ampiamente dal secondo dopoguerra in poi. E ancora affiorano, con la spudoratezza dell’odio e della falsità: basta cercarli sui siti delle grandi librerie digitali. «Tutto si è avverato esattamente» recita ad esempio la scheda sul sito di Amazon, dove si precisa che il titolo «è acquistabile con il Bonus cultura e il bonus carta del Docente»… Da Feltrinelli Ibs la descrizione spiega all’aspirante lettore che «veri o falsi che siano, ormai non conta più, perché questi misteriosi protocolli, persino fuori dal loro tempo, si sono rivelati laicamente profetici. Dopo circa 120 anni molti di quei piani, allora solo ventilati, sembrano in gran parte realizzati: la storia conferma che gli appunti protocollati di cui andiamo a proporre una nuova e riveduta traduzione dimostrano che non si trattava di pie fantasie». Roba da non credere, eppure bastano due click. Così qualcuno se ne è provvidenzialmente accorto: la Comunità Ebraica di Roma ha lanciato infatti un tweet fra l’ironico e l’esterefatto, «Ehi, Feltrinelli, attenzione qui. Davvero pensate si possa proporre i Protocolli dei Savi di Sion – libro chiave della propaganda antisemita – senza una nota che ne evidenzi la falsità?». La farisaica replica de «La Feltrinelli» associa il ringraziamento per la segnalazione allo scarico di responsabilità, visto che la descrizione dei volumi è, pare, «di competenza della casa editrice». Purtroppo qui, però, non è questione di «competenza» editoriale bensì di tanto altro: un odio storico associato a una plateale, indiscutibile falsità. I Protocolli sono tanto il prodotto di un antisemitismo feroce e inossidabile quanto uno straordinario e ancora insuperato modello di fake news ante litteram. Come si fa, onestamente, a lasciare alla «competenza» di una casa editrice di bassofondo la redazione di una scheda bibliografica che è propaganda razzista allo stato puro, senza un’ombra di attendibilità? Ancora una volta gli spettri di quel passato riaffiorano in una visione distorta della storia, in una manipolazione terribilmente nociva. Forse è arrivato il momento di ripensare la nostra idea di libertà, di provare a sottrarla all’arbitrio, all’ignoranza e alla dismissione di quella responsabilità che dovrebbe invece essere il presupposto, di ogni libertà. Anche quella delle parole, perché, come scrive Carlo Ginzburg nel suo ultimo, bellissimo libro, La lettera uccide chi la ignora.