5 Agosto 2015

Il leader iraniano Ali Khamenei nel suo ultimo libro teorizza la distruzione dello Stato di Israele

Fonte:

La Stampa

Autore:

Maurizio Molinari

Ma Khamenei minaccia Israele “Libereremo Gerusalemme”

In un libro i piani dell’ayatollah per l’egemonia in Medio Oriente

Ali Khamenei teorizza l’«egemonia iraniana» sul Medio Oriente attraverso l’eliminazione di Israele, gli ultraconservatori accusano il governo di aver ceduto sulle «linee rosse» del nucleare e l’ex presidente Mohammed Ahmadinejad si candida al Parlamento di Teheran per guidare la controffensiva dei «falchi».

A dare il polso della reazione dei conservatori di Teheran all’accordo di Vienna sul programma nucleare era stato a metà luglio Ali Khamenei, Leader Supremo dell’Iran, assicurando che «la nostra politica contro l’arroganza dell’America non cambierà». Ed ora è sempre Khamenei a rafforzare il messaggio autorizzando la pubblicazione da parte del suo ufficio – ovvero l’istituzione più importante della Repubblica Islamica – di un libro-pamphlet di 416 pagine nel quale si teorizza la distruzione dello Stato ebraico nel quadro di una «egemonia dell’Iran sulla regione» destinata a sostituire l’«egemonia dell’Occidente». Il libro identifica l’autore nel Grande Ayatollah Seyyed Ali Husseini Khamenei definendolo «il portabandiera della liberazione di Gerusalemme» e per negare il diritto all’esistenza di Israele adopera tre verbi: annichilire, dissolversi e rimuovere. Se lo Stato ebraico è «il nemico», per Khamenei le ragioni sono tre. Anzitutto è un leale «alleato del Grande Satana americano» ed è dunque un ingranaggio-chiave dello «schema diabolico» di dominare la «madre terra della Ummah» musulmana. In secondo luogo è un «infedele ostile» perché ha combattuto contro i musulmani. Ed infine «occupa Gerusalemme», «terza città santa dell’Islam» dove Khamenei svela di «avere il desiderio di pregare».

La strategia

Nel libro la strategia per cancellare Israele viene illustrata nei dettagli spiegando che non si tratta di una «guerra classica» ma di un conflitto di lungo termine a bassa intensità per spingere il numero più alto possibile di ebrei ad andarsene. La soluzione del conflitto mediorientale è dunque nella «formula con un solo Stato», sotto i musulmani, che consentirà di rimanere come «minoranza protetta» solo a quel numero limitato di ebrei con «vere radici» in loco. Per realizzare tale progetto Khamenei punta, sul piano militare, su conflitti di attrito simili a quelli «vinti» negli ultimi anni da Hezbollah in Libano del Sud e Hamas a Gaza, e sul piano diplomatico sulla «stanchezza nei confronti di Israele» da parte della comunità internazionale. A completare il tutto c’è una definizione dell’Olocausto come «strumento di propaganda» perché «se davvero qualcosa di simile è avvenuto, non sappiamo perché e come». Si tratta di posizioni destinate a rafforzare le voci degli ultraconservatori a Teheran in coincidenza con la discussione in Parlamento dell’intesa di Vienna che ha visto il ministro degli Esteri Javad Zarif bersagliato da critiche e ironie degli oppositori, arrivati a simulare di dormire durante il suo intervento. Il magazine «9 Dey» e il quotidiano conservatore «Kayhan» hanno accusato il team negoziale di aver «violato le linee rosse di Khamenei» e il governo ha reagito con un provvedimenti insolito: vietando le pubblicazioni del primo e «ammonendo» il secondo. D’altra parte più miliziani Basiji hanno espresso scontento contro Vienna scrivendo su Facebook e la tv di Stato ha fatto proprie tali critiche mandando su tutte le furie Ali Akbar Velayati, collaboratore di Khamenei. È in tale atmosfera che l’ex presidente Ahmadinejad annuncia la candidatura alle politiche di febbraio con un ritorno in politica teso a «impedire alle culture straniere di penetrare in Iran». «Non dobbiamo dimenticare che gli Usa sono il nostro nemico», ha detto Ahmadinejad nel primo comizio, facendo proprio il messaggio di Khamenei.