Fonte:
Osservatorio antisemitismo
Autore:
Alberto De Antoni
Fasci, rune e ambiguità varie
Non si legge senza disagio il nuovo saggio di Marco Zagni continuazione di un precedente lavoro relativo alle attività dell’Ahnenerbe-Forschungs-und Lehrgemeinschaft (Associazione per la ricerca e l’insegnamento dell’eredità degli antenati), un’istituzione culturale delle SS presieduta dallo stesso Himmler e il cui segretario, Wolfram Sievers, fu condannato a morte durante uno dei processi di Norimberga per crimini contro l’umanità[1]. Lungi dall’essere solo un centro di studi del passato germanico l’Ahnenerbe fu infatti anche coinvolta in prima persona negli atroci esperimenti compiuti nei campi di concentramento e, nella realtà dei fatti, con la pseudo scienza del razzismo, una sorta di braccio intellettuale delle SS volto alla legittimazione dell’imperialismo nazista. Perciò, da una parte la creazione di una gerarchia razziale con la classificazione delle Nazioni – o, meglio, dei popoli -; dall’altra la ricerca di quelle prove archeologiche germaniche che avrebbero consentito l’annessione di territori da parte del Terzo Reich. Anche l’Italia, in quanto toccata dagli insediamenti dei Goti, dei Longobardi e di altre popolazioni germaniche minori e in quanto parte integrante del Reich medievale degli Hohenstaufen, sarebbe dovuta rientrare in questo disegno: in un primo momento, come alleata ariana, in un secondo, dopo l’armistizio del 1943, come parte annessa del Terzo Reich. Gli studiosi dell’Ahnenerbe si mossero perciò già nell’anteguerra in Italia con lo scopo di trovare tracce di un passaggio di popolazioni nordiche – va da sé che un impero come quello romano non poteva non essere ariano dal momento che solo gli ariani erano in grado di costruire civiltà complesse.
Fin qui le linee guida dell’attività culturale dell’Ahnenerbe in Italia, in verità secondo tendenze e correnti ideologiche nazionalistiche o anche apertamente razziste presenti in Europa nel medesimo periodo. Zagni avrebbe potuto a questo punto determinare le coordinate di un’ideologia in grado di coinvolgere studiosi di diverse discipline e la loro strumentalizzazione all’interno di uno strumento di dominio totalitario e micidiale come quello nazista. Avrebbe potuto, ad es., per rimanere nell’ambito della germanicità dell’Ahnenerbe, citare la dèbâcle di un intero mondo accademico capace di produrre negli anni Trenta opere notevoli come Altgermanische Religionsgeschichte, tuttora ristampata e consultabile con profitto (dopotutto i testi relativi alla religione germanica sono rimasti immutati), scritta da un filologo olandese, Jan de Vries, successivamente entrato nelle SS o l’imponente raccolta di scritti latini della Monumenta Germaniae Historica sorta nell’Ottocento col proposito di unire tutta la documentazione al fine di un possibile ricostruzione dell’impero medievale germanico e nonostante tutto ancora oggi strumento di consultazione indispensabile per i medievisti.
Al contrario Zagni, come nel precedente testo, assemblea materiale eterogeneo e marginale nel campo degli studi dei decenni che vanno dal 1910 al 1940 all’interno di una ricostruzione esoterica, misterica e sotterranea della storia. A ciò si possono opporre diverse obiezioni. In primo luogo, se tale materiale è sempre stato misconosciuto ai più e negletto dalla storiografia ufficiale un motivo avrà pur dovuto esserci. E non è difficile capire la ragione. Ad es., l’etimologia Shiva>(S)-Jiva>Geova>Yavè=YHWH (pp. 225) era già imbarazzante negli anni in cui fu scritta; al di là di ogni interpretazione, poi, l’esistenza di un Mosè “stregone” in un mondo mediterraneo arcaico immaginifico o le tribù di Israele e di Giuda che combattono gli Slavi (neppure i proto-Slavi!!!) e gli Indiani (p. 236 e passim). In secondo luogo, ampia parte del materiale riportato in antologia proviene, tradotto dall’originale tedesco, da una casa editrice statunitense specializzata in temi del Terzo Reich con finalità apologetiche ben evidenti. Infine, e soprattutto, l’ipotesi di attribuire agli eventi storici una causa nascosta o segreta, frutto di una minoranza di persone o di chissà quali idee esoteriche va di pari passo, una volta inserita nello stigma della colpevolizzazione, con la teoria del complotto che nei secoli si è sempre associata alla persecuzione violenta di comunità più o meno numerose.
Alla luce di queste obiezioni, niente di rilevante può essere perciò letto nell’attività dell’Ahenerbe in Italia: ricerca di tracce del passaggio di popolazioni ariane, decifrazioni di simboli preistorici e non, elaborazioni di teorie esoteriche, periodizzazioni storiche fantastiche. Nulla in verità impedisce di credere, come sostenuto nel testo, che alcuni studiosi tedeschi, membri o meno delle SS, abbiano contribuito durante la guerra a salvare parte del patrimonio artistico e architettonico italiano – salvezza che comunque andrebbe affiancata al campo delle notevoli razzie -, ma il tentativo di colpevolizzare gli Alleati per le distruzioni operate risuona male se non inserito nel più ampio contesto delle responsabilità della Seconda Guerra Mondiale. Simpatica o da fumetto l’idea (pp. 284-285) di un bombardamento inglese nell’agosto del 1944 dell’acquario di Milano depositario del segreto della vera evoluzione dell’umanità. Il tutto con ampi spazi e citazioni di autori come Julius Evola, ad es., un vero e proprio mito della destra italiana del dopoguerra, cui però il giudizio negativo di un Furio Jesi impresso decenni fa rimane sempre valido[2], o Pio Filippani Ronconi, indologo e iranista di fama, ma membro delle sanguinarie SS italiane, attive con brutalità nella lotta ai partigiani.
Del tutto incomprensibile, infine, la foto scattata dall’Autore, come si legge in calce, a un elmetto originale delle SS italiane che rivela forse la fascinazione dello stesso verso una cultura per fortuna scomparsa.
[1] Marco Zagni, Il fascio e la runa. Studi e ricerche della SS Ahnenerbe in Italia, pref. di G.de Turris e G. Galli, Milano:Mursia 2015 e Marco Zagni, La svastica e la runa. Cultura ed esoterismo nella SS Anhenerbe, pres. di G. Galli, Milano:Mursia 2011.
[2] Non per nulla Furio Jesi rappresenta una delle bête noire della neo-destra italiana. Cfr. il recente E. Manera, Furio Jesi. Mito, violenza, memoria, Roma:Carocci 2012.