Fonte:
La Stampa
Autore:
Francesca Paci
“Francesco non ha dubbi E così si paralizza il dialogo con la Chiesa”
Il demografo: “Colgo nel dibattito gravi omissioni e una visione unilaterale. Il 7 ottobre Israele era solo”
ROMA Le parole del Papa non indicano un dubbio )ma tracciano una direzione. La pensa così Sergio Della Pergola, statistico, docente di demografia all’università di Gerusalemme e autore del recente “Essere ebrei oggi” (Il Mulino): è amareggiato e netto. Da un anno ripete che il linguaggio è pensiero, il nome della rosa la definisce: se dici buio intendi buio.
Stiamo al testo: ci sono i margini per un’indagine internazionale che accerti se quanto in corso a Gaza è genocidio?
«Assolutamente no. Valuterei piuttosto il genocidio nelle intenzioni di Hamas. Sul Papa però, rilevo soprattutto un problema mediatico, delle 180 pagine del suo libro sono state evidenziate poche righe, trivializzando un messaggio che immagino più articolato. D’altra parte non è la prima volta che Bergoglio parla di genocidio, così come ha ripetutamente ricevuto i palestinesi e poi anche i parenti degli ostaggi israeliani, che io chiamo deportati: a conti fatti ha sempre cercato di mantenere una perfetta neutralità laddove, a mio giudizio, avrebbe dovuto prendere una posizione diversa. Dov’erano tutti, Vaticano compreso, l’8 ottobre 2023, quando Israele piangeva 1200 vittime e non aveva ancora reagito? La grande moralità con cui oggi si semplifica la complessità di Gaza non è emersa allora: nell’ora spartiacque in cui bisognava distinguere il fallo dal fallo di reazione il mondo non c’era».
Il Papa esprime un legittimo dubbio, dice Anna Foa. Dovrebbe avere solo certezze?
«Il Papa non esprime un dubbio ma prende posizione, orientando, più o meno esplicitamente, l’opinione pubblica. Potrebbe aggiungere almeno che va indagato anche il progetto genocidiario del ottobre, di cui esistono i piani scritti. Invece no. E triste. Colgo in questo dibattito omissioni gravissime e una visione unilaterale che dimentica come Hamas e Hezbollah non siano banali partiti bensì forze religiose determinate a instaurare il califfato e non la Palestina».
Nessun genocidio a Gaza, sostiene. Crimini di guerra?
«La definirei una reazione militare più che proporzionale. Penso a Dresda 1945, un bombardamento incommensurabile rispetto a Coventry, un massacro con ordigni incendiari. Eppure, quella carneficina chiuse la seconda guerra mondiale. Sarebbe stato meglio il contrario? Le voci che denunciano, sconvolte, la dura risposta israeliana tacciono sull’altra parte, sul tipo di società che Hamas proietta su Gaza».
Cosa legge nel silenzio della comunità ebraica sulle paro- le del Papa, rabbia per un’incomprensione con il mondo cattolico che affonda nel buio dell’antisemitismo originario, dolore per la solitudine d’Israele, imbarazzo per l’identità del mittente?
«Imbarazzo, credo. E io, che non rappresento nessuno, ritengo che la risposta dovrebbe essere più assertiva. L’antisemitismo attribuisce le più voluttuose mire agli ebrei, che invece pretendono solo tre cose: la dignità di essere considerati uguali agli altri, il diritto alla propria memoria che fa perno sulla Shoah, la sovranità. Tre obiettivi ma che non siano a spese di qualcun’altro».
La sovranità, almeno quella, è a spese dei palestinesi.
«Non è così, va concordata. Ma se i palestinesi preparano un piano genocidiario e cercano di rimuovere la sovranità degli ebrei… scatta la reazione».
A che punto sono i rapporti tra il mondo ebraico e quello cattolico, un fronte caldo, dove nel 2007 bastò la targa del Memoriale Yad Vashem sulla “mancanza morale” di Pio XII a proposito della Shoah per scatenare una crisi diplomatica risolta solo 5 anni dopo con la rimozione della targa?
«Nonostante le voci di buonsenso, siamo in una fase di grave regresso. Di più: siamo in crisi. C’è, nella Chiesa, chi ha chiesto alla diaspora di staccarsi da Israele rispolverando tesi da teologia preconciliare. Quando sento cardinali evocare “l’occhio per occhio, dente per dente” penso che siamo a un passo dai “perfidi ebrei”. Il dialogo a oggi è paralizzato».
Si dirà che le piazze propal sono estremiste, che l’Onu è in mano alle autocrazie, che l’occidente non ha fatto i conti con l’antisemitismo. Ora il Papa. Hamas sta vincendo la guerra della comunicazione?
«Di certo Israele la sta perdendo, così come sta perdendo la guerra della politica, perché l’amministrazione Netanyahu non sa fare politica. In Israele non c’è solo Bibi, che è molto contestato e rinvia il voto perché non sopravviverebbe. Ma la sconfitta è clamorosa per tutti, dobbiamo prenderne atto».
Al di là dell’antisemitismo, il cui ritorno carsico è un fatto. È possibile avversare l’occupazione dei territori palestinesi e il colonialismo senza essere chiamati antisemiti?
«Ovvio che si può essere contrari. La maggioranza degli israeliani non sostiene i coloni, fa invece i conti con una coalizione di governo irresponsabile e con le insidie della democrazia. L’opposizione israeliana è schiacciata tra il fronte interno e l’opinione pubblica occidentale ostile, il dramma è che la pressione esterna aiuta gli estremisti e puntella il governo dei coloni».
Photo Credits: La Stampa